Cardinal Elio Sgreccia (Wikimedia Commons)

Card. Sgreccia: "Solidità della famiglia necessaria al benessere dei bambini"

Il presidente emerito della Pontificia Accademia per la Vita fa una disamina della battaglia per la difesa della vita e volge lo sguardo alle nuove sfide di bioetica

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Si celebra domenica prossima, come ogni anno nella prima domenica di febbraio, la Giornata nazionale per la vita. Era il 1978 quando, a seguito dell’approvazione della legge 194 sull’aborto, la Commissione per la famiglia della Conferenza Episcopale italiana (Cei) istituì questa ricorrenza per dimostrare – così fu scritto – che “la Chiesa non si rassegna e non si rassegnerà mai”.
Chi ha raccolto la consegna, all’interno delle gerarchie ecclesiastiche, è stato senza dubbio il card. Elio Sgreccia, presidente emerito della Pontificia Accademia per la Vita. In anni di acceso dibattito sociale sui temi della bioetica, egli seppe sempre pronunciare con eloquenza la voce della Chiesa. Al suo fianco, sul fronte laico, si schierò il Movimento per la Vita italiano.
Questo idillio perdura ancora oggi. Lo testimonia il fatto che il fondatore e presidente per tanti anni del Mpv, Carlo Casini, ha affidato proprio al card. Sgreccia la prefazione di un suo libro che uscirà a breve, edito da If Press, dal titolo Vita nascente e misericordia. Il nesso suggerito dal titolo di questo volume, la storia del Mpv, le nuove questioni antropologiche sono i temi che il card. Sgreccia affronta nella seguente intervista. Che si conclude con un chiaro lascito nei confronti della Chiesa…
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Eminenza, cosa ricorda degli albori del Movimento per la Vita?
Ricordo d’aver colto fin dall’inizio due elementi che hanno caratterizzato l’opera del Mvp italiano e del suo fondatore, Carlo Casini. Anzitutto il riconoscimento del valore fondativo del diritto alla vita. Senza la vita, tutti gli altri diritti non si reggono. Questa posizione mi dava gioco durante le mie escursioni nei licei, quando, chiedendo agli studenti quale fosse l’ideale secondo loro più alto, tutti gridavano “la libertà!”. Ed io rispondevo facendo l’elogio della libertà come di un frutto. Dicevo loro: “Per essere liberi, bisogna essere vivi! L’albero – anche se piccolo – viene prima del frutto”. Ecco, questo riconoscimento del valore fondativo del diritto alla vita ha fornito al Mpv una ragione laica, inoppugnabile, universale. Ragione che si rafforza, che si eleva con il messaggio cristiano. Lo ha testimoniato la Evangelium Vitae, dove fu dichiarato che non si può parlare di Vangelo senza parlare della vita umana, perché la vita umana appartiene a Cristo e l’uomo è l’oggetto di ogni verità. L’altro aspetto del Mpv che mi colpì fin da subito fu il non aver preso una posizione critica verso il clero, come invece fecero altri movimenti all’estero, a causa del fatto che i pastori non parlavano sufficientemente del diritto alla vita.
A proposito di questo aspetto. San Giovanni Paolo II definì la Chiesa “il principale baluardo della persona umana in tutto l’arco della sua vita fin dal concepimento”. Ritiene che negli anni la Chiesa abbia un po’ abdicato?
Nella Chiesa si è registrata una difficoltà nel parlare pubblicamente di certi temi dettata, almeno in Italia, dalle scottature subite a seguito dei referendum relativi al divorzio e sull’aborto. C’era una sorta di “sindrome da Vietnam”, per la quale i soldati americani che avevano sperimentato la sconfitta nel Paese asiatico non volevano più sentir parlare di missioni militari. C’era poi il timore che, parlando troppo di bioetica, si potessero allontanare i fedeli non totalmente convinti dalla morale della Chiesa. Anche in questo caso fu determinante la Evangelium Vitae di San Giovanni Paolo II, che sottolinea che la vita, la quale è opera di Dio, non può essere espunta dal Vangelo. Naturalmente, includendola in un messaggio di fede, la difesa della vita deve consistere non nell’antagonismo verso qualcuno bensì nell’accoglienza verso l’universalità.
Accoglienza che si lega al tema della Giornata Nazionale per la Vita di quest’anno: “La misericordia fa fiorire la vita”…
Il nesso tra misericordia e vita è semplice. La misericordia richiama il sacrificio di Cristo per l’umanità bisognosa di salvezza. Questo dimostra l’amore appassionato di Dio per la vita. Per qualsiasi vita, dal concepimento fino alla morte. Non possiamo eludere questa realtà, è questione soltanto di trovare i giusti contenuti di supporto. A mio avviso una buona pastorale per la vita accompagna tutto il cammino di fede dei cristiani: dopo la catechesi dell’iniziazione, durante l’adolescenza, in preparazione del matrimonio e in accompagnamento degli sposi e dei genitori, nell’anzianità fino alle condizioni di malattia e nel momento della chiamata alla Vita Eterna.
Gender, utero in affitto, embrioni geneticamente modificati. Come si innestano queste nuove questioni antropologiche al tema della vita?
Punterei l’attenzione sul tema del gender, che mira a distruggere la verità fondamentale della differenza uomo-donna. Il gender riconduce tutto a un’opzione culturale, come se non ci fosse uno statuto di identità nella nostra persona. La suggestione del gender rende insignificante il matrimonio, perché non ha più fondamento nella differenza sessuale. Noi sappiamo invece che la differenza uomo-donna è strutturale, fisica, psicologica, spirituale, culturale e anche soprannaturale. C’è una complementarietà che si esprime per rendere più piena la vita, facendo di due uno. Uomo e donna si offrono l’un l’altra, si aprono alla vita e coinvolgono Cristo, che dà se stesso alla Chiesa come sposo. Unione e procreazione sono verità inscritte nella differenza sessuale. Nel momento in cui si nega questa realtà, si spiana la strada a ogni tipo di fecondazione eterologa, che frantuma la paternità e la maternità e priva il figlio del diritto naturale di essere messo al mondo ed educato dalla duplice figura di un padre e di una madre.
Crisi della famiglia ed emergenza riguardo la difesa della vita sono collegate?
Di fatto sono collegate. Se una famiglia va in crisi, si può degenerare fino al tradimento, alla separazione, al divorzio. E chi ne paga le spese di tutto questo? I più piccoli. Ma ne patisce anche la pienezza della vita degli sposi, perché la divisione complica, castiga la vita dei coniugi. È un fatto comprovato. Così come è palese il danno sociale che la crisi della famiglia suscita. In alcune nazioni si sta provando a far fronte a questa emergenza educando i giovani, anche per prevenire le malattie sessualmente trasmissibili, alla castità prima del matrimonio e alla fedeltà tra i coniugi. La vita nasce dall’unione tra uomo e donna e da lì si aspetta il sostegno. Se questo sostegno viene meno, i figli si smarriscono. La solidità della famiglia è indispensabile alla salvezza dei figli.
Le criticità della cultura contemporanea le ha evidenziate. Ci sono tuttavia anche elementi incoraggianti?
Ci sono diversi elementi incoraggianti, che si esprimono non soltanto con le manifestazioni pubbliche, ma anche attraverso una testimonianza personale che può rappresentare un messaggio positivo per la società. Si riscontra anche una nuova sensibilità, specie tra i giovani, a favore della vita. È una sensibilità che attende soltanto di essere accompagnata e coltivata da chi ne ha il compito.

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Federico Cenci

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