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Usa. Trump blocca i finanziamenti a chi pratica aborti

Uno dei suoi primi ordini esecutivi bandisce i fondi alle ong che praticano interruzioni di gravidanza nel mondo. Solo nel 2016 l’amministrazione Obama aveva dato loro 556milioni di euro

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A tre giorni dal suo insediamento ufficiale presso la Casa Bianca, negli Stati Uniti inizia già a registrarsi un effetto Trump. Uno dei primi ordini esecutivi firmati dal neo-presidente prevede l’annullamento dei finanziamenti del governo federale alle organizzazioni non governative che praticano o informano sull’aborto all’estero.
Il magnate newyorkese non è il primo presidente statunitense che introduce questa regola, chiamata “Mexico City Policy”. Un altro repubblicano, Ronald Reagan, nel 1985, aveva brandito questo strumento per tagliare i fondi ad enti abortisti.
Nel 1993 fu poi Bill Clinton, marito dell’avversaria alle elezioni di Trump, a ripristinare siffatti finanziamenti. Otto anni più tardi, nel 2001, George W. Bush introdusse nuovamente la “Mexico City Policy”, ma Barack Obama la eliminò nel 2009 riattivando così il flusso di denaro pubblico verso le organizzazioni che praticano aborti.
Ora, con il ritorno della “Mexico City Policy”, le Ong che in tutto il mondo forniscono assistenza sanitaria e praticano aborti, non riceveranno più denaro dall’Agenzia americana per lo sviluppo internazionale. Queste organizzazioni dovranno ora scegliere se modificare i servizi o rinunciare completamente ai finanziamenti. L’International Planned Parenthood Federation (Ippf), che agisce in 180 Paesi del mondo, ha già annunciato che non rinuncerà alla propria missione.
Si stima che la Ippf perderà circa 100milioni di dollari all’anno (93milioni di euro). Restano, per ora, i finanziamenti alla Planned Parenthood, circuito di cliniche ubicate negli Stati Uniti che forniscono interruzioni di gravidanze. Per bandire i fondi a questa realtà colpita da un grave scandalo nell’estate 2015 legato al commercio di feti abortiti, infatti, serve il consenso parlamentare, che attualmente è tutt’altro che scontato.
“È risaputo che il presidente ha posizioni pro-life, lo ha fatto sapere in modo chiaro”, ha commentato Sean Spicer, portavoce della presidenza Usa. Il quale ha poi proseguito seguendo uno spartito che suona come una novità dalle parti della Casa Bianca: “Il presidente vuole difendere tutti gli americani, anche quelli che non sono ancora nati, e penso che la reintroduzione di questa norma non sia soltanto un modo per riflettere questo valore ma anche per rispettare i contribuenti”.
Soltanto nel 2016 gli Stati Uniti hanno finanziato per 607,5milioni di dollari (quasi 556milioni di euro) organizzazioni che in tutto il mondo si occupano di pianificazione famigliare, ossia di aborto e contraccezione.
Curioso che Trump abbia deciso di interrompere questo stillicidio di denaro pubblico proprio il 22 gennaio, nel giorno del 44esimo anniversario della sentenza Roe contro Wade della Corte Suprema degli Stati Uniti, con cui l’aborto è stato legalizzato negli Stati Uniti.
Ogni anno in questa data si radunano a Washington migliaia di militanti pro-life americani per marciare e chiedere tutele nei confronti del nascituro. La loro perseveranza ha ottenuto con il ripristino della “Mexico City Policy” un piccolo ma significativo risultato.
Secondo i pro-life americani, si colloca nel solco della difesa di famiglia e vita anche la scelta di tre giorni fa della Casa Bianca, di eliminare dal proprio sito la sezione dedicata agli lgbt, fortemente voluta dalla precedente amministrazione. Al suo posto una pagina di aggiornamento sulle attività della presidenza. La bandiera arcobaleno lascia il posto a quella a stelle e strisce.

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Federico Cenci

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