Galantino: "La Chiesa italiana necessita una svolta seria. Come chiede il Papa"

Il segretario della CEI conclude la V edizione del Festival della Dottrina sociale della Chiesa. E, a tutto campo, parla di Papa, politica, Vatileaks, 8×1000 e altro ancora

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Si è conclusa oggi la V Edizione del Festival della Dottrina Sociale della Chiesa, dal titolo “La sfida della realtà”, promosso dalla Fondazione Toniolo: 30 incontri, 100 relatori, 30 gli stand degli imprenditori che hanno esposto negli spazi dell’Ente Fiera nell’ambito di Job Orienta. Quattro giorni di riflessioni su uomo, lavoro, società, libertà, economia, sviluppo. Il tema di quest’anno, la sfida della realtà, si è ispirato all’Evangelii Gaudium e si è mosso muove nella linea della Dottrina Sociale della Chiesa, che non ha mai ceduto all’utopismo o al moralismo, ma ha sempre fondato i suoi insegnamenti su un sano realismo.
 
Oltre 5.000 persone sono transitate e hanno preso parte agli appuntamenti organizzati nell’ambito del festival: convegni, momenti di riflessione, tavole rotonde, workshop organizzati dalle aziende. Tra questi, 800 giovani che, visitando la rassegna Job Orienta, si sono iscritti e hanno partecipato ai workshop organizzati dalle aziende del Festival della Dottrina Sociale. Il momento conclusivo del Festival si è tenuto al Teatro Nuovo di Verona dove mons. Nunzio Galantino, segretario generale della CEI e il direttore del Corriere della Sera Lucio Fontana si sono confrontati, sollecitati dalle domande di Emilio Carelli, sulla “Chiesa e la realtà italiana”.
 
“La Chiesa è soggetto di cambiamento nella misura in cui accetta questo stile dinamico di vita, che è nel suo dna. Se la Chiesa per troppo tempo non si muove, abituandosi a stare seduta, può accadere che atteggiamenti lontani mille miglia dal Vangelo appaiano normali: lo stiamo vedendo in questi giorni”. Il cambiamento “ha bisogno di una persona, Papa Francesco, circondata da altre persone che lo favoriscano. Altrimenti, anche in buona fede o per abitudine a stare seduti, si è di ostacolo al cambiamento”.
 
“Abbiamo bisogno di prendere sul serio quello che Papa Francesco, e il Vangelo, ci dicono. La Chiesa italiana non necessita solo di un pannicello caldo, ma di una svolta seria”, ha affermato mons. Galantino. Incalzato dal giornalista Emilio Carelli, moderatore del dialogo, sulla presenza dei cattolici nella società, nell’industria, nella politica, mons. Galantino ha confessato “fastidio nei confronti di tutti quei politici che tengono subito a precisare di essere cattolici. E allora?”. Tenendo poi a marcare una netta differenza «tra gli uomini cattolici, validissimi, impegnati in politica e quelli che si dichiarano tali, ma lavorano solo per spolverare lo scranno a palazzo Madama. Non sono al servizio delle persone, ma se ne servono». A livello più generale, ha poi aggiunto, “la Chiesa sbaglia, in buona fede, quando si interpreta come un potere accanto a un altro potere; anche se per fini straordinariamente positivi”.
 
I limiti di questo atteggiamento, ha precisato, sono due: “Se mi interpreto come un potere che può avere una trattativa, anche in senso nobile, ad esempio con il Presidente del Consiglio, escludo dal confronto tutti quelli che sono stati eletti, per essere rappresentati, dalle persone. Così questi si sentono demotivati: possiamo poi lamentarci della mancanza di politici cattolici, se noi stessi li svuotiamo di ruolo? Il secondo limite è che attira le ire di chi si trova dall’altra parte”.
 
Il direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana, citando una ricerca secondo cui, nella gerarchia vaticana, solo il 20% condividerebbe la politica di Papa Francesco, ha chiesto a Galantino come si può ricomporre questa divisione che, magari non con questi numeri, denota comunque momenti di confronto netto all’interno della Chiesa italiana. “Il Papa – ha risposto il segretario della CEI – ha chiesto che al sinodo parlassero tutti dicendo tutti quello che pensavano. Ditemi in quale istituzione succede che il capo chieda a tutti questo tipo di sincerità. È naturale che emergano poi posizioni di discussione»”.
 
Sollecitato poi sulle presunte affermazioni del vescovo di Ferrara, critiche nei confronti del Santo Padre, Galantino ha affermato di “considerare il caso chiuso, in quanto mons. Luigi Negri ha assicurato di non aver detto quelle frasi: io non posso che credergli”. Se le avessi «dette io – ha poi aggiunto, – andrei dal Papa, gli bacerei la mano, gli chiederei di essere sostituito”.
 
“Papa Francesco – ha risposto Galantino, interrogato sul cambiamento richiesto dal Pontefice alla Chiesa italiana – non sta proponendo un cambiamento che si può interpretare solo con paramenti sociologici o antropologici: il suo unico parametro è il Vangelo. Mi preoccuperei se un sacerdote o un vescovo, dopo il primo anche comprensibile smarrimento, continuassi a dire no alle parole di Papa Francesco: ci sta dicendo solo Vangelo». Qualcuno accusa il Papa di idee marxiste, o comuniste, ha rilevato Fontana.
 
“Facciamo un esercizio – ha risposto Galantino -: quando sentiamo dire che le parole del Papa sarebbero comuniste, anticapitaliste, chiediamoci se sono vicine al Vangelo o no, piuttosto che a qualche ideologia. Quello che mi colpisce del Papa è il suo continuo richiamo al Vangelo. Non è contro l’impresa, anzi: se sapesse che ci sono milioni di imprese, come quelle premiate ieri sera al Festival della Dottrina sociale, che operano con profitto e con criteri etici, non farebbe i discorsi che fa. È sindacalismo? È comunismo? O piuttosto critiche a un modello?”.
 
Cambiare tutto per non cambiare niente: un rischio anche per la CEI? «Temo le sostituzioni di struttura con struttura – ha ribattuto -. Se la CEI campa per autosostenersi, non avrà vita lunga. Ad esempio, io non posso esserne Segretario Generale stando nel mio ufficio a fare grandi discorsi, ma devo andare dove mi chiamano. Lo sa bene chi abita con me, nella mia casa che non è un attico, ma una stanza di 35 metri quadri balcone incluso. C’è bisogno di una Conferenza episcopale fatta di vescovi che abbiano a cuore l’allontanamento dall’autoreferenzialità e invece l’accostamento al Vangelo”.

Sollecitato dai due giornalisti, Fontana e Carelli, sui documenti pubblicati in due libri di recente pubblicazione, Galantino ha parlato di “libertà di prurito, più che di informazione. Chi ha pubblicato questi due libri cosa ha scritto? Di suo, non granché, se non unire fatti che sono separati, limitandosi a pubblicare una ricerca effettuata dagli stessi incaricati di Papa Francesco”. Poi qualcuno «disonestamente, ha tradito la fiducia del Papa mettendo questa documentazione informatica a disposizione dei giornalisti. Pagando? Non lo so, sono fatti loro. Si parla di utilità pubblica anche quando si pubblicano le intercettazioni telefoniche di uno che parla con l’amante. A me personalmente non dà fastidio che siano uscite queste cose, lo prendo come uno schiaffo del Padre Eterno che ci fa vedere esplicitamente cosa c’è, ci dice “convertiti”». Nei testi si parla anche dell’8×1000: «Io ho documenti per scrivere 200 libri sulle belle iniziative dell’8×1000 – ha concluso – li passo volentieri ai giornalisti e li scrivano, non chiedo neanche la copia omaggio quando saranno pubblicati”.
  
Nella chiesa di Santa Anastasia, che secondo la tradizione era frequentata da Dante mentre scriveva il Paradiso, il vescovo di Verona Giuseppe Zenti ha introdotto la Santa Messa conclusiva del Festival della Dottrina sociale della Chiesa ringraziando mons. Galantino, che ha presieduto l’Eucaristia, “per darci l’opportunità di vivere un’esperienza di Chiesa italiana, come è accaduto anche in questi giorni al Festival. In questa celebrazione particolarmente carica di valore – ha aggiunto – preghiamo perché l’Italia trovi le vie di un nuovo umanesimo grazie anche al contributo di cristiani guidati dalla Parola e dall’Eucaristia”. 

 
 

 
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ZENIT Staff

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