Si è celebrata ieri in tutta Italia la Giornata della colletta alimentare, giorno in cui si raccolgono tonnellate di generi alimentari che andranno a sfamare quanti soffrono di indigenza e non dispongono di abbastanza reddito per mettere insieme la colazione con la cena. Per raccontare la storia del Banco alimentare che organizza questa gigantesca oepra di carità, Giorgio Paolucci, caporedattore del quotidiano Avvenire ha recentemente pubblicato il libro “Se offrirai il tuo pane all’affamato – Oltre lo scarto: la rete di carità del Banco Alimentare”, edito da Guerini e Associati.
Come scrive nell’introduzione al volume, Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, “in un tempo che ha smarrito il valore infinito della persona concreta, perché ha dimenticato la tradizione cristiana”, bisogna “rinnovare lo spettacolo della condivisione gratuita del destino dei fratelli uomini, a imitazione di Gesù di Nazareth, che ha dato la vita per i suoi amici, anche soccorrendoli nei bisogni fisici quando li sfamò moltiplicando i pani e i pesci. Di questo miracolo, che solo la grazia di Dio può compiere attraverso lo strumento fragile delle nostre persone, il mondo ha bisogno per ritrovare una speranza che sostenga l’infinita fatica del vivere”.
In questa frase di don Luigi Giussani si sintetizza il valore dell’avventura del Banco Alimentare italiano e ciò che lo rende un unicum nel panorama delle Food Bank mondiali. Anche in Italia – ricorda il libro – la sua nascita non si deve a un’iniziativa istituzionale di welfare ma all’incontro, avvenuto nel 1989, tra Danilo Fossati, presidente della Star, una delle più note aziende alimentari italiane, e don Luigi Giussani, fondatore del movimento cattolico di Comunione e Liberazione. In uno dei loro incontri, Fossati raccontò di sua madre, della sua bontà, del bene che aveva fatto nella vita.
Don Giussani parlò di carità, del fatto che un atto buono è partecipare alla vita altrui attraverso gesti concreti, semplici, che sottendono il desiderio di condividere il destino. Senza un gesto tutto rimane astratto, mentre senza la coscienza del significato del gesto la generosità non dura. “Il Banco Alimentare – scrive Giorgio Vittadini – fu da subito immaginato come una grande occasione di educazione popolare alla condivisione, alla solidarietà, al desiderio di bene che c’è in ogni uomo. E come catalizzatore di sussidiarietà, ovvero di valorizzazione di ogni iniziativa di bene comune che nasce ‘dal basso'”.
“Dal basso” che non indica solo “un criterio di organizzazione sociale”, ma anche “un moto che viene dall’animo umano, che si commuove e si ribella quando guarda qualcuno che sembra nisùn (nessuno). Il povero è una persona con una storia: qualcuno che si è ammalato o deve occuparsi di un malato cronico, che ha perso il lavoro e non è più giovane, che ha un’esperienza matrimoniale fallita alle spalle, che è anziano con una pensione indecente, che è immigrato”. E “troppo spesso è una persona che ha perso la speranza di poter dare una svolta alla propria vita. Gli interventi ‘dall’alto’ delle istituzioni non possono essere efficaci da soli, non solo perché le risorse in tempo di crisi si stanno progressivamente riducendo; hanno bisogno di essere accompagnati da iniziative che mettano in gioco rapporti di prossimità, di sguardi tra persone”.
Dunque, “cosa fa sentire ‘insieme’, in modo non artificioso, a chi è in condizioni di vita magari tanto distanti? “È la coscienza che siamo parte di un destino comune buono: questo fa venire voglia di mettersi in moto e di spendere in modo concreto i talenti ricevuti. Nell’esperienza del Banco Alimentare, anche quando non si è a contatto con il povero, quando si deve solo scaricare la merce in magazzino, compilare una bolla di consegna, gestire l’organizzazione dell’attività, cedere i propri prodotti, si è comunque consapevoli che quell’azione fa parte di un grande gesto gratuito tra persone concrete. In una parola che è un gesto d’amore: quell’unico fattore che ‘sarà sempre necessario, anche nella società più giusta’, come si legge nell’enciclica Deus Caritas Est”. “Non c’è nessun ordinamento statale giusto che possa rendere superfluo il servizio dell’amore”.
“Chi vuole sbarazzarsi dell’amore – scrive Vittadini – si dispone a sbarazzarsi dell’uomo in quanto uomo. Nelle pieghe delle relazioni che si instaurano tra persone, fatte di sguardi e piccoli gesti più che di parole, scorre quello che è proprio dell’uomo ‘in quanto uomo’ e che, soprattutto in situazioni limite come è la povertà alimentare, può emergere in modo sorprendente. Ci si educa reciprocamente, magari inizialmente in modo inconsapevole, all’accoglienza, al rispetto, all’attenzione. In una parola: a uscire da quei buchi profondi in cui l’asprezza di certe situazioni tende a rinchiuderci. Vale per tutti, per i volontari, i donatori, gli amministratori pubblici così come per i bisognosi. Essere guardati così muove più facilmente la responsabilità personale di chi è in difficoltà. Il povero, infatti, è innanzitutto colui che non ha il pane, ma ancora di più chi non si sente capace di migliorare la sua condizione”.
Prima di tutto allora il libro propone di “educarci all’umanità” e di “riconoscere l’umanità presente in ogni persona, bisognosa di tutto”. “Sono moltissime le testimonianze di persone che in questi anni, ricevendo il pacco di alimenti, si sono accorte di essere oggetto di un bene gratuito e per questo hanno cominciato a parlare della propria sorte con qualcuno che li ascoltava. In questo modo hanno ripreso coscienza di sé, della propria esigenza di felicità, della capacità di affrontare con più forza e speranza le difficoltà”.
Mosso dal “faro ispiratore della gratuità”, il Banco Alimentare ha sempre vigilato affinché “il suo operato non si fermasse al mero aspetto assistenzialista, ma educasse i suoi protagonisti alla responsabilità e a considerare le donazioni del privato o l’intervento dello Stato come uno strumento per affrancarsi in modo stabile dalla situazione di indigenza”. Con la Giornata Nazionale della Colletta Alimentare, il Banco Alimentare lancia quindi la sua sfida più ambiziosa: “condividere i bisogni per condividere il senso della vita. In questo modo punta a estendere la sua forza educativa a milioni di italiani che si recano al supermercato nell’ultimo sabato di novembre e a cui viene richiesto di donare una parte della loro spesa”.
Un ultimo aspetto degno di nota è quello della sussidiarietà. “Il Banco Alimentare – chiarisce il libro – non opera sostituendosi al compito degli altri soggetti in campo, ma è sussidiario nei confronti delle aziende, degli enti assistenziali e degli enti pubblici, stimolando il loro spirito d’iniziativa, base fondamentale di ogni sviluppo socio-economico. Riflettere quindi sull’esperienza del Banco Alimentare, allargarla a nuovi bisogni, aiuta anche a individuare nuovi modelli interpretativi appropriati per capire come sia possibile, nelle società attuali, una rinnovata azione politica, economica e sociale che abbia al centro l’interesse per ogni singola persona”.