Continua con appuntamenti sempre più attuali e interessanti il V° Festival della Dottrina Sociale della Chiesa all’interno della Fiera di Verona. Interessante e molto partecipato l’incontro con tre esperti del settore sul futuro delle banche del Credito Cooperativo, base di un sistema mutualistico che nel nostro Paese può contare su una storia esaltante e legata allo sviluppo sociale, nel pieno rispetto della persona.
La Dottrina Sociale della Chiesa con i suoi indirizzi rende palese una verità essenziale che sta alla base della operosità creatrice di bene comune. Lo studioso e scrittore Claudio Gentile, moderatore dell’incontro, ha infatti sottolineato come la sfida della realtà ci spinge a superare una visione ideologica del presente. “L’ideologia costringe sempre la realtà dentro il suo schema astratto ed arido e impedisce la conoscenza piena e vera del reale”.
Sergio Gatti, responsabile della Direzione Generale della Federcasse, ha messo in evidenza come la crisi del sistema bancario cooperativo e delle piccole banche, operanti sul territorio, va letta attraverso una attenta analisi della realtà, comprese le sfide necessarie per vincere i tanti ostacoli in campo e che solo un sistema bancario non gestito da una finanza globale può supportare. L’esperto del settore ha evidenziato la necessità, non più rinviabile, di abbattere alcuni pezzi di realtà che si oppongono ai principi della DSC e che rendono debole il sistema sociale.
La disuguaglianza, ad esempio, può essere ridotta solo da un sistema bancario cooperativo, calato nel territorio e perciò capace di stimolarlo a creare ricchezza per il singolo e la comunità nella sua interezza. C’è poi da insistere sull’abbattimento della tendenza all’individualismo, nemico della fiducia e della speranza. Mutualità e cooperazione sono i farmaci più potenti per il superamento di queste serie criticità. Oltre ad abbattere, è necessario difendere e costruire. Gatti non ha esitato a chiarire come sia indispensabile tutelare la diversità del territorio, senza compromessi al ribasso, costruendo di pari passo vere banche dei territori.
Soggetti locali da non dare in mano a “professionisti” del sistema bancario generale, ma a persone competenti e rispettose di quei valori fondamentali, capaci di trasformare la realtà attraverso una visione cristiana dell’esistente. Investire perciò di più in cultura; in una politica coerente ed in una attenta vigilanza che impedisca a nuove norme di schiacciare le piccole realtà bancarie, evitandone l’omologazione. Papa Francesco al punto n.179 dell’Enciclica Laudato Si’ ci offre, ha ricordato con emozione il direttore di Federcasse, gli elementi universali per difendere la diversità e il sistema locale, senza spegnersi nei mercati finanziari di oggi.
“In alcuni luoghi, si stanno sviluppando cooperative per lo sfruttamento delle energie rinnovabili che consentono l’autosufficienza locale e persino la vendita della produzione in eccesso. Questo semplice esempio indica che, mentre l’ordine mondiale esistente si mostra impotente ad assumere responsabilità, l’istanza locale può fare la differenza. È lì infatti che possono nascere una maggiore responsabilità, un forte senso comunitario, una speciale capacità di cura e una creatività più generosa, un profondo amore per la propria terra, come pure il pensare a quello che si lascia ai figli e ai nipoti”.
Ha dato anche il suo valido contributo il presidente del Credito Valtellinese, Giovanni De Censi, che non ha avuto dubbi ad affermare che mai nessuno potrà fermare la mutualità nel nostro Paese. “Non si ferma il vento con le mani”. È il mondo economico legato al territorio con le sue piccole e medie imprese, le sue banche popolari e la sua vocazione mutualistica, che non permetterà mai al mercato di distruggere tale ricchezza, organica all’economia sana di ogni comunità. De Censi ha anche sottolineato l’importanza di avere una nuova governance delle piccole Banche all’altezza della sfida che la realtà territoriale offre nelle sue specifiche peculiarità, facendo comprendere alla politica l’errore di puntare ad una conversione di questi presidi di “solidarietà”, in fredde società per azioni.
Da cattolici, ha concluso il presidente, bisogna privilegiare la carità verso le persone più deboli, cercando di creare lavoro e sviluppo, con al centro l’uomo e il bene comune. Ha chiuso i lavori Maurizio Gardini, presidente nazionale di Confcooperative, che si è soffermato sui motivi che stanno portando il sistema mutualistico a perdere il valore della sua “missione” naturale. Gardini ha puntato il dito verso la burocrazia europea, alla guida, di fatto, di un progetto d’Unione ancora incompiuto, vista la debolezza della politica.
A quei livelli, ha sottolineato il leader in campo cooperativistico, non si pensa certo di integrare un sistema che ha vinto infinite sfide di civiltà, magari con nuovi approcci sapientemente mirati, ma di eliminarlo, superandolo in toto. I burocrati sono per il post capitalismo, distruggendo anche quel capitalismo dove comunque c’era sempre qualcuno che metteva in gioco la sua persona e la sua storia. Oggi vanno di moda gli investitori anonimi che spostano volumi di soldi, a nome di società sconosciute e che mai nessuno saprà individuare.
Bisogna perciò difendersi da questi pericoli ormai avanzati e dai falsi cooperatori che distruggono la valenza storica ed economica del sistema cooperativo e mutualistico. Qui non si tratta di difendere un modello di finanza, ma un esempio di vita; una visione alta di concepire l’uomo nella sua reale condizione sociale. Gardini ha poi invitato tutte le realtà locali in campo finanziario, connesse al territorio, a fare sintesi e a formare un unico soggetto bancario dal basso, non imposto, ma aperto a difendere il territorio, attraverso la coesione di tutti quei soggetti che altrimenti rischierebbero di essere risucchiati dall’economia globale.
Rinnovarsi quindi! Cambiare si, ma per esistere e rilanciare, nello spirito dell’economia francescana alla base del progetto ispiratore dei Monti di Pietà, come ha tenuto precisare infine il moderatore della serata Claudio Gentili. La sfida della realtà anche in questo delicato problema è aperta. Se sullo sfondo non mancheranno i principi della dottrina sociale della Chiesa, la partita sarà di sicuro vinta in favore della dignità della persona.