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Pakistan. Sospesa impiccagione per un disabile

L’uomo è paraplegico dalla vita in giù a causa di una meningite contratta in carcere. Soddisfazione del suo avvocato e della Commissione del Pakistan per i diritti umani

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Si chiama Abdul Basit, è un detenuto disabile, paralizzato dalla vita in giù, e condannato nel 2009 in Pakistan alla pena di morte per inpiccagione per aver ucciso un uomo, accusa da cui Basit si è sempre difeso definendosi innocente.

Oggi sarebbe dovuto essere il giorno della sua esecuzione. Lo aveva riferito nelle scorse ore Amnesty International, che accusava Islamabad di stare per entrare “vergognosamente tra i peggiori giustizieri al mondo”. L’esecuzione di Basit è già stata rinviata molte volte in quanto non esistono procedure per coloro che non possono stare in piedi sul patibolo.

Sempre secondo quanto riferisce Amnesty, l’uomo, che è detenuto nel carcere di Faisalabad, nella provincia orientale del Punjab, ha perso l’uso delle gambe a seguito di una meningite dovuta alle pessime condizioni del penitenziario.

Dopo le pressioni della Commissione del Pakistan per i diritti umani e di una petizione lanciata dalla madre dell’uomo per chiedere che l’esecuzione venga evitata, il presidente pachistano Mamnoon Hussain ha sospeso l’impiccagione. La decisione, presa della notte, stabilisce un rinvio di due mesi per permettere di verificare le condizioni di Abdul Basit.

Sarah Belal, avvocato di Basit, ha dichiarato: “Il Governo dovrebbe essere lodato per aver riconosciuto che procedere con l’esecuzione sarebbe stato inutilmente crudele. Basit ha già sofferto terribilmente a causa di negligenza medica mentre era in prigione. Ucciderlo non servirebbe la giustizia, né farebbe del Pakistan un Paese più sicuro”.

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ZENIT Staff

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