L’idolatria del denaro è stato il tema al centro dell’omelia di stamattina a alla Casa Santa Marta, in cui papa Francesco ha rievocato innanzitutto la riconsacrazione del tempio profanato dai pagani e la gioia del popolo per la vittoria sullo spirito mondano.
Nella prima lettura (Mc 4,36-37.52-59), emerge un popolo di Dio che ritrova la “propria identità” ed è di nuovo in festa. “Lo spirito mondano ci porta al massimo a fare un po’ di divertimento, un po’ di chiasso, ma la gioia soltanto viene dalla fedeltà all’Alleanza”, ha detto il Santo Padre.
Nel Vangelo (Lc 19,45-48), invece, è narrato il celebre episodio della cacciata dei mercanti dal Tempio da parte di Gesù. Come nella prima lettura, si evince uno spirito mondano che “aveva preso il posto dell’adorazione al Dio Vivente”.
Il Pontefice ha poi sinteticamente ricostruito lo scenario storico dell’epoca di Gesù, in cui “i capi del Tempio, i capi dei sacerdoti […] e gli scribi avevano cambiato un po’ le cose”, entrando “in un processo di degrado” e “avevano reso sporco il Tempio”.
Il Tempio, del resto, è una “icona della Chiesa”, la quale “sempre subirà la tentazione della mondanità e la tentazione di un potere che non è il potere che Gesù Cristo vuole per lei”. Se però la Chiesa entra in tale “processo di degrado”, la fine che rischia è “molto brutta”, ha commentato il Papa.
Così come la Chiesa, “invece di essere attaccata alla fedeltà al Signore Gesù, al Signore della pace, della gioia, della salvezza”, risulta “attaccata ai soldi e al potere”, qualcosa di simile avveniva con i “capi dei sacerdoti” e con gli “scribi”.
Costoro, ha osservato Francesco, “per giustificarsi e dire che erano giusti, che erano buoni, avevano cambiato lo spirito di libertà del Signore con la rigidità”, perdendo così “il senso di Dio” ma anche “la capacità di gioia” e “di lode”, essendo “troppo attaccati ai soldi e al potere, ad una forma di mondanità”.
I sacerdoti e gli scribi erano dunque “affaristi del Tempio” e devoti di “santa tangente”, ha chiosato Bergoglio, ricordando che essi furono i primi a tramare per la morte di Gesù, poiché “tutto il popolo pendeva dalle sue labbra nell’ascoltarlo”.
La forza di Gesù era nella sua “parola”, nella sua “testimonianza”, nel suo “amore”, contrapposti alla “mondanità” e alla “corruzione” dei ‘poteri forti’ della sua epoca.
La “lotta quotidiana” della Chiesa e di “ognuno di noi” è quella di saper stare “sempre con Gesù, sempre pendenti dalle sue labbra, per sentire la sua parola; e mai cercare sicurezze dove ci sono cose di un altro padrone”. Lui stesso aveva ricordato che “non si può servire due padroni: o Dio o le ricchezze; o Dio o il potere”.
In conclusione, il Santo Padre ha chiesto di pregare per i “tanti martiri di oggi che, per non entrare in questo spirito di mondanità, di pensiero unico, di apostasia, soffrono e muoiono”.
Il Pontefice ha quindi ricordato ancora una volta che “oggi ci sono più martiri nella Chiesa che nei primi tempi”, raccomandando infine ai fedeli di “chiedere la grazia” di non entrare mai “in questo processo di degrado verso la mondanità che ci porta all’attaccamento ai soldi e al potere”.