A fisherman in his boat on the Lake Inle

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"No a contrabbando e abusi nell'industria della pesca". La denuncia della Santa Sede

Il messaggio del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti in occasione della Giornata Mondiale della Pesca del 21 novembre

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“Il reclutamento illegale e il contrabbando/tratta di esseri umani allo scopo di impiegarli nel lavoro forzato a bordo di pescherecci, sono pratiche ancora diffusamente utilizzate per ingannare persone povere e senza istruzione provenienti da zone rurali dei Paesi in via di sviluppo. Contratti falsi e illegali o semplici pezzi di carta senza alcun valore giuridico determinano le condizioni di lavoro e il ridicolo salario che queste persone ricevono per lunghe ore di lavoro, legittimando così la loro condizione di schiavi. Infortuni sul lavoro, lesioni permanenti senza alcun risarcimento, morti improvvise o la sparizione in mare sono gli incubi in cui molti giovani e numerose famiglie si sono ritrovati nel tentativo di migliorare la loro miserabile vita con un lavoro a bordo di un nave da pesca”.

È la dura denuncia che il Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti lancia in un messaggio in occasione della Giornata Mondiale della Pesca che, istituita nel 1998, si celebra ogni anno il 21 novembre.  In esso si richiama anche l’attenzione sulla pesca eccessiva, sulla distruzione dell’habitat marino e sulle altre gravi minacce alla sostenibilità delle nostre risorse ittiche. E si ricorda – sulla scia della enciclica Laudato  di Papa Francesco – la necessità di salvaguardare quello che è fonte di cibo per gran parte dell’umanità e di opportunità di lavoro per oltre 50 milioni di persone in tutto il mondo.

“La vita nei fiumi, nei laghi, nei mari e negli oceani, che nutre gran parte della popolazione mondiale, si vede colpita dal prelievo incontrollato delle risorse ittiche, che provoca diminuzioni drastiche di alcune specie”, si legge nel messaggio, a firma del cardinale presidente, Antonio Maria Vegliò, e del segretario, Joseph Kalathiparambil. “Noi – scrivono – continuiamo ad essere preoccupati e ad impegnarci per la salvaguardia dell’ecosistema marino, anche riconoscendo l’importanza del Codice di condotta per la pesca responsabile adottato venti anni fa dalla Conferenza dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO). Una volta implementato, tale Codice di condotta favorirà uno sviluppo economico, sociale e ambientale migliore e più sostenibile nel settore della pesca”. 

Tuttavia, in questa Giornata particolare il Dicastero, vuole concentrare la propria attenzione “sui pescatori e le loro famiglie che ogni giorno, con grandi sacrifici, lavorano per soddisfare l’appetito insaziabile del nostro mondo per il pescato. Siamo tutti consapevoli che la pesca è una delle industrie più complesse e vaste al mondo e anche una delle professioni più difficili e pericolose. Negli ultimi mesi, a causa di un serie di tragici eventi accaduti in particolare nel Sud-Est asiatico, diversi mezzi di comunicazione hanno denunciato i temi della tratta, del lavoro forzato, dello sfruttamento e degli abusi su pescatori, senza però che ciò suscitasse molta attenzione e interesse da parte delle persone in generale”. 

Stigmatizzando quindi la piaga del reclutamento illegale e la tratta di esseri umani impiegati nel lavoro forzato, il Pontificio Consiglio afferma che “questa drammatica situazione in cui migliaia di pescatori sono intrappolati, è causata dalla logica del profitto che guida molte compagnie e aziende di pesca che mirano ad ottenere un più alto introito nella vendita dei prodotti ittici”. “Conoscendo questa realtà, noi non possiamo rimanere indifferenti” e “al fine di restituire dignità al lavoro della pesca, è necessario che tutte le diverse componenti sociali uniscano le proprie forze, ognuna secondo le proprie competenze specifiche”.

Pertanto si domanda agli Stati di bandiera, alle Autorità Portuali, alla Guardia Costiera e alle autorità competenti per gli affari marittimi di “rafforzare il controllo sull’attuazione di tutte le leggi e Convenzioni nazionali ed internazionali a tutela dei diritti umani e lavorativi dei pescatori”. Mentre agli operatori del settore ittico si domanda di “implementare un sistema di dovuta diligenza introducendo severe linee guida/procedure per eliminare lo sfruttamento umano e lavorativo nelle loro catene di approvvigionamento e distribuzione”. Un appello anche ai consumatori “affinché siano vigilanti e più consapevoli non solo della qualità del pesce che acquistano, ma anche delle condizioni umane e lavorative dei pescatori”, e alle ONG marittime perché sensibilizzino gli Stati membri dell’ILO che hanno adottato la Convenzione sul lavoro nella pesca, 2007 (n. 188), a ratificarla “al fine di garantire un ambiente di lavoro sicuro e un welfare migliore per i pescatori”.

Infine il Pontificio Consiglio per i Migranti incoraggia “i Cappellani e i volontari dell’Apostolato del Mare a continuare il loro ministero pastorale per i pescatori e le loro famiglie, offrendo sostegno materiale e spirituale soprattutto alle vittime del lavoro forzato e della tratta di esseri umani nel settore della pesca”.
 

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ZENIT Staff

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