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L’Italia riparte se è libera da pregiudizi

Il saluto del rettore dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, padre Jesus Villagrasa, in occasione del meeting del COLAP

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Riportiamo di seguito l’indirizzo di saluto di padre Jesus Villagrasa LC, magnifico rettore dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, in occasione del meeting Riparte l’Italia con la Road Map del COLAP, promosso dal Coordinamento Libere Associazioni Professionali, ed ospitato sabato 13 novembre dall’APRA.

*** 

Con vivo piacere, porgo il ringraziamento più fervido alla professoressa Emiliana Alessandruci, Presidente del COLAP (Coordinamento Libere Associazioni Professionali), per avermi invitato a rivolgere queste parole di saluto, all’inizio dei vostri lavori. Lo faccio a nome di tutta la comunità accademica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum. Mi auguro che Vi possiate sentire a casa, in un ambiente sereno e accogliente, così che, in maniera del tutto costruttiva, possiate condividere le vostre riflessioni e programmi su temi di tanta rilevanza oggi, quali: lavoro, libere professioni, competenze, qualità, occupazione, partecipazione.

Con altrettanto piacere, documentandomi sull’evento RIPARTE L’ITALIA con la Road Map del CoLAP sono stato colpito, molto positivamente da tre punti che lo caratterizzano:

  • Anzitutto vi anima questa convinzione: “per ripartire occorre avere una spinta, una passione, una gran forza, molto coraggio e una buona idea”, così da “poter contribuire alla ripresa del Paese”.
  • Inoltre, siete stati chiamati ad una conversione: “per ripartire occorre liberarsi dai pregiudizi, dall’immobilità e tentare di abbandonare vecchi e inefficaci modelli in favore di nuove idee, nuove proposte e nuovi interlocutori”. Premessa, questa, “affinché possano essere migliorate le condizioni di accesso, crescita e trattamento del lavoro, per innalzare la qualità della vita e il benessere di tutte e tutti.”
  • Infine, l’interlocutore principale al quale vi rivolgete sono le nuove generazioni. Prendo atto che dedicate questa giornata anche agli studenti di Scuola Superiore e delle Università, perché credete sia fondamentale coinvolgere le nuove generazioni nel dibattito “Riparte l’Italia”; perché la libera professione è uno sbocco professionale capace di coniugare passioni e lavoro, creatività e produttività, fuori dai tradizionali percorsi di orientamento.

Considerando queste coordinate, faccio una breve riflessioni alla luce di due importanti eventi della Chiesa cattolica: la conclusione dell’anno dedicato alla vita consacrata e l’inizio dell’anno giubilare sulla misericordia.

Ai consacrati si rivolge una Istruzione del 16 maggio 2002, approvata dal Papa Giovanni Paolo II (è un’Istruzione della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica) che forse può ispirare il vostro lavoro, perché ha questo significativo titolo “RIPARTIRE DA CRISTO: un rinnovato impegno della vita consacrata nel terzo millennio”.

Nell’introduzione, davanti ai drammatici avvenimenti del mondo e a pesanti interrogativi, si afferma che «la Chiesa conta sulla dedizione costante di questa eletta schiera di suoi figli e figlie, sul loro anelito di santità e sull’entusiasmo del loro servizio per favorire e sostenere la tensione di ogni cristiano verso la perfezione e rafforzare la solidale accoglienza del prossimo, specialmente quello più bisognoso”.

Ispirato da queste parole, mi rivolgo a voi, immaginando di avere davanti a me una schiera di uomini e donne animati da un desiderio di servizio nel mondo delle professioni. Se il consiglio dato ai consacrati era Ripartire dalla contemplazione del volto di Cristo, nel solco di questo pensiero, mi rivolgo a voi con una proposta: ripartite dalla contemplazione del volto delle persone concrete, dal volto dei giovani italiani che voi conoscete. La forza di questa contemplazione è tanta. Ne sono profondamente convinto per propria esperienza. Penso sia all’origine della mia vocazione sacerdotale, ed è stata un’esperienza forte del mio noviziato, ossia la prima tappa nella formazione e nella vita di un religioso. Ve la racconto meglio.

Mi trovavo a fare il noviziato in Cile. Aiutavo il Maestro di Novizi nell’amministrazione. Benché la vita del novizio è molto raccolta, con una certa frequenza, dovevo recarmi nella città di Rancagua, al mercato. Dicevo al Maestro: “Mi dice di più guardare questi volti che una giornata di ritiro spirituale”. Speranze e rassegnazione, illusioni e delusioni, passione e frustrazione, buona volontà ed egoismi. E mi domandavo: a tutto ciò che ho da dire? cosa posso fare?  Sentivo un grande rispetto per queste persone, per il mistero che quegli occhi velavano e rivelavano. E una grande solidarietà. Non mi sentivo per niente superiore e, allo stesso tempo, sapevo di avere, o meglio, sapevo che Gesù Cristo aveva qualcosa da dire e da dare a queste persone. Poi, leggendo l’enciclica di Giovanni Paolo II sulla Divina Misericordia, ho compreso che ciò che sperimentavo era una forma nobile di misericordia. E così passo alla considerazione riferita al prossimo evento giubilare.

A tal proposito, vi leggo un passaggio preso dal n. 6 della Dives in misericordia, in cui Papa Wojtyla invita a superare pregiudizi sulla misericordia e ci svela il suo senso vero e nobile:

“La parabola del figliol prodigo – scrive – ci permette di comprendere con esattezza in che cosa consista la misericordia divina […] Ciò che si è verificato nel rapporto del padre col figlio nella parabola di Cristo non si può valutare «dall’esterno». I nostri pregiudizi sul tema della misericordia sono per lo più Il risultato di una valutazione soltanto esteriore. Alle volte, seguendo un tale modo di valutare, accade che avvertiamo nella misericordia soprattutto un rapporto di diseguaglianza tra colui che la offre e colui che la riceve. E, di conseguenza, siamo pronti a dedurre che la misericordia diffama colui che la riceve, che offende la dignità dell’uomo. La parabola del figliol prodigo dimostra che la realtà è diversa: la relazione di misericordia si fonda sulla comune esperienza di quel bene che è l’uomo, sulla comune esperienza della dignità che gli è propria. […] Il significato vero e proprio della misericordia non consiste soltanto nello sguardo, fosse pure il più penetrante e compassionevole, rivolto verso il male morale, fisico o materiale: la misericordia si manifesta nel suo aspetto vero e proprio quando rivaluta, promuove e trae il bene da tutte le forme di male esistenti nel mondo e nell’uomo. […] Essa non cessò mai di rivelarsi, […] come una verifica particolarmente creatrice dell’amore che non si lascia «vincere dal male», ma si vince «con il bene il male». Occorre che il volto genuino della misericordia sia sempre nuovamente svelato. Nonostante molteplici pregiudizi, essa appare particolarmente necessaria ai nostri tempi”.

Bene: ritengo che queste parole possano offrirvi una valida pista di riflessione che vi fornirà delle indicazioni e degli stimoli sull’importanza della contemplazione del volto del nostro prossimo, soprattutto di quello del più bisognoso, del giovane particolarmente, e sulla pratica della misericordia.

Penso che l’impostazione di questo incontro sia in piena sintonia con un appello rivolto da papa Francesco all’Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti [UCID] (31 ottobre 2015) e che mi permetto di rivolgere oggi a voi: “Pensate ai giovani, credo che il 40% dei giovani qui oggi sono senza lavoro. In un altro Paese vicino, il 47; in un altro Paese vicino, più del 50. Pensate ai giovani, ma siate creativi nel creare opportunità di lavoro che vadano avanti e diano lavoro, perché chi non ha lavoro non solo non porta il pane a casa ma perde la dignità! E a tracciare questa strada contribuiscono anche le iniziative di confronto e di studio, che realizzate sul territorio”. Ecco, una di queste iniziative…  

Senza prolungarmi ulteriormente, rinnovo il mio apprezzamento per qu
ello che fate ed auspico fortemente che possiate essere sempre più al servizio della comunità italiana.

Concludo, porgendovi il mio saluto più cordiale ed augurandovi un fecondo lavoro.

Vi ringrazio.

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ZENIT Staff

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