Il Papa: "Niente porte blindate nella Chiesa. Tutto aperto!”

Nell’Udienza generale, Francesco invita ad accogliere chiunque bussi alla nostra porta. Perché “la Chiesa è la portinaia della Casa di Dio, non la padrona. E la Casa di Dio è un riparo, non una prigione”

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Alle soglie del Giubileo, davanti ai fedeli di tutto il mondo si staglia la grande porta della Misericordia di Dio. Una “porta bella”, che “accoglie il nostro pentimento offrendo la grazia del suo perdono”, dice il Papa durante l’Udienza generale di oggi, in una piazza San Pietro più vuota del solito. Una porta che egli invita a lasciare generosamente e perennemente aperta per permettere alla Chiesa di “uscire” e “portare la misericordia” di Dio al mondo, ma anche per far entrare i figli e le figlie in cammino, “a volte incerti, a volte smarriti, in questi tempi difficili”. 

“La porta è generosamente aperta – sottolinea il Santo Padre – ma noi dobbiamo coraggiosamente varcare la soglia. Ognuno di noi ha dentro di sé cose che pesano o no? Tutti siamo peccatori, approfittiamo di questo momento che viene e varchiamo la soglia di questa misericordia di Dio che mai si stanca di perdonare, entriamo per questa porta coraggio!”.

È lo stesso incoraggiamento che le famiglie del mondo e la Chiesa intera hanno ricevuto durante il Sinodo dei Vescovi dello scorso ottobre “a incontrarsi sulla soglia di questa porta aperta”. Le famiglie –  aggiunge – “sono state incoraggiate ad aprire la porta al Signore che attende di entrare, portando la sua benedizione e la sua amicizia”. E se la porta della Misericordia di Dio è sempre aperta, prosegue il Papa a braccio, “anche le porte delle nostre chiese, dell’amore delle nostre comunità, delle nostre parrocchie, delle nostre istituzioni, delle nostre diocesi, devono essere aperte, perché così, tutti possiamo uscire a portare questa misericordia di Dio”. 

In fin dei conti “questo significa il Giubileo”, rimarca il Pontefice, “la grande porta della misericordia di Dio ma anche le piccole porte delle nostre chiese aperte per lasciare entrare il Signore o tante volte uscire il Signore prigioniero delle nostre strutture, del nostro egoismo e tante cose”. 

Il Signore che, peraltro, mai “forza la porta”; “anche Lui – dice Francesco – chiede il permesso di entrare, chiede il permesso, non forza la porta”. Invece nel mondo “ci sono posti in cui non si chiudono le porte a chiave. Ancora ci sono, ma ce ne sono tanti dove le porte blindate sono diventate normali”. 

Questo – esorta il Papa – non deve farci “arrendere all’idea di dover applicare questo sistema, che anche è di sicurezza, a tutta la nostra vita, alla vita della famiglia, della città, della società”. Tanto meno alla vita della Chiesa: “Sarebbe terribile! Una Chiesa inospitale, così come una famiglia rinchiusa su sé stessa, mortifica il Vangelo e inaridisce il mondo. Niente porte blindate nella Chiesa. Tutto aperto!”.

La riflessione del Vescovo di Roma si sposta quindi sull’attualità: “La gestione simbolica delle ‘porte’ – delle soglie, dei passaggi, delle frontiere – è diventata cruciale”, osserva, ribadendo che, anche in questo caso, “la porta deve custodire, certo, ma non respingere”. “La porta non dev’essere forzata, al contrario, si chiede permesso, perché l’ospitalità risplende nella libertà dell’accoglienza, e si oscura nella prepotenza dell’invasione”. 

La porta quindi “si apre frequentemente, per vedere se fuori c’è qualcuno che aspetta, e magari non ha il coraggio, forse neppure la forza di bussare”. C’è infatti troppa gente che “ha perso la fiducia” e “non ha il coraggio di bussare, le porte del nostro cuore cristiano, delle nostre chiese”, afferma Francesco; “sono lì”, ad aspettare, perché “gli abbiamo tolto la fiducia”. “Per favore questo non deve più accadere”, dice.

E invita ad un “attento discernimento” nella gestione della porta, che “deve ispirare grande fiducia”. Una parola di gratitudine Bergoglio la spende quindi “per tutti i custodi delle porte”: dei condomini, delle istituzioni civiche, delle stesse chiese. “Spesso l’accortezza e la gentilezza della portineria sono capaci di offrire un’immagine di umanità e di accoglienza all’intera casa, già dall’ingresso. C’è da imparare da questi uomini e donne, che sono custodi dei luoghi di incontro e di accoglienza della città dell’uomo”.

Ma ognuno di noi è un custode; custode della “Porta di Dio che è Gesù” il quale “ci illumina su tutte le porte della vita, comprese quelle della nostra nascita e della nostra morte”. Cristo “è la porta che ci fa entrare e uscire”, afferma il Papa, perché “l’ovile di Dio è un riparo, non una prigione! La casa di Dio è un riparo, non una prigione!”. 

“Sono i ladri, quelli che cercano di evitare la porta: è curioso – osserva Francesco – i ladri cercano sempre di entrare da un’altra parte, dalla finestra, dal tetto ma evitano la porta, perché hanno intenzioni cattive, e si intrufolano nell’ovile per ingannare le pecore e approfittare di loro”. Invece noi “dobbiamo passare per la porta e ascoltare la voce di Gesù, se sentiamo il suo tono di voce, siamo sicuri, siamo salvi. Possiamo entrare senza timore e uscire senza pericolo”.

Anche il guardiano deve obbedire alla voce del Pastore, perché se “ascolta la voce del Pastore, allora apre, e fa entrare tutte le pecore che il Pastore porta”. Tutte. “Comprese quelle sperdute nei boschi, che il buon Pastore si è andato a riprendere”, perché le pecore “non le sceglie il guardiano, non il segretario parrocchiano, ma il buon Pastore”. La Chiesa, infatti, “è la portinaia della casa del Signore, non la padrona!”. 

Papa Francesco invita quindi a guardare la Santa Famiglia di Nazareth che “sa bene cosa significa una porta aperta o chiusa, per chi aspetta un figlio, per chi non ha riparo, per chi deve scampare al pericolo”. “Le famiglie cristiane facciano della loro soglia di casa un piccolo grande segno della Porta della misericordia e dell’accoglienza di Dio”, è la sua esortazione. 

Perché proprio così “la Chiesa dovrà essere riconosciuta, in ogni angolo della terra”: come “la custode di un Dio che bussa, come l’accoglienza di un Dio che non ti chiude la porta in faccia, con la scusa che non sei di casa”. 

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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