I carabinieri che perirono a Nassyria dodici anni fa, il 12 novembre 2003, hanno servito “la causa della pace, pagandola di persona con la propria vita e la propria morte”. Lo ha detto stamattina l’Ordinario Militare per l’Italia, monsignor Santo Marcianò, nell’omelia durante la messa di suffragio nella basilica di Santa Maria in Ara Coeli a Roma.
La celebrazione eucaristica si è tenuta in memoria degli eroi di Nassyria e per tutti i caduti militari e civili nelle missioni internazionali per la pace, per i quali si celebra oggi la Giornata del Ricordo.
Il “regno” di cui parla il Vangelo di oggi (Lc 17,20-25) è un “principio di organizzazione della città terrena, di difesa dell’ordine pubblico, di promozione della vita sociale, di salvaguardia della dignità umana, necessario perché la vita si svolga nella sicurezza, nella stabilità, nella pace”, ha sottolineato l’Ordinario Militare.
Capita spesso, però, che tale regno finisca “svilito, interpretato non come servizio agli uomini ma come potere di un monarca assoluto o di persone assetate di possesso e successo, incuranti del bene comune, in particolare delle sorti dei più deboli e poveri”.
È necessario, dunque, un “re-servo” che ristabilisca il regno “su altre basi”. Giunge così sulla terra Gesù Cristo “per regnare servendo i poveri, i piccoli, coloro che sono scartati dai regni umani, dai regni del male, e includerli nel regno dei cieli, cioè nel Regno di Dio”.
Un regno che non apparterrà ma già appartiene ai “poveri in spirito”, vale a dire coloro che “rifiutano lo spirito della prevaricazione, della violenza, del terrore, della ricchezza, e si lasciano riempire dallo spirito di «sapienza»”, ovvero uno spirito “inoffensivo e amante del bene”, che “non risponde all’offesa con l’offesa” ma che a ogni male, compreso il “male della guerra” risponde con il “bene”.
Il riferimento di monsignor Marcianò è alla “dignità umana” troppo spesso calpestata e alle persone “scartate” e “private dei diritti umani fondamentali”, come denuncia anche papa Francesco nell’enciclica Laudato si’.
La pace, ha aggiunto il presule, “non è fatta solo di grandi sistemi, di trattati internazionali, di equilibri strategici” ma in primo luogo “di persone che scelgono o di piegarsi al regno dei potenti di questo mondo oppure di servire il regno dei poveri”.
È proprio a servizio di questi “poveri”, “senza possibilità” e “vittime innocenti”, che i nostri militari portano avanti le missioni di pace, ha sottolineato Marcianò.
Farsi carico di tale missione “costa la preparazione dello studio; costa il sacrificio di una vita trascorsa nel pericolo, lontano dagli affetti più cari; costa lo sperimentare il senso di impotenza, talora il fallimento, anche se spesso accompagnato dalla gratitudine dei piccoli, che non ha eguali e non ha prezzo”.
Ecco quindi un “regno” che “non attira l’attenzione” ma si oppone “agli orrori dell’umanità che sceglie la violenza, alla corruzione dei poteri istituzionali che troppo spesso non si aprono al bene comune”. Quello stesso regno “che ha saputo dare ai nostri caduti la forza di vivere e di morire”, ha poi concluso l’Ordinario Militare.