A work of painter David Vecchiato (photo by Paolo Cencioni)

Paolo Cencioni

La “street art” conquista Roma

Fino al 18 novembre una mostra d’avanguardia da Mark Out 1/1 alla Galleria d’Arte Ca d’Oro. Tra gli espositori di punta David Vecchiato, in arte Diavù

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“Il teschio non sa mentire. Perciò amo rappresentarlo: sarei davvero curioso di vedere il mio, da vivo”. A dirlo è Diavù, alias David Vecchiato, artista contemporaneo noto per la sua street art pop-figurativa e il suo impegno sociale per la riqualificazione urbana.
A ospitare il suo dipinto, autodefinito Lo stato dell’arte è la Galleria d’Arte Ca d’Oro, in via del Babuino 53, nell’ambito della rassegna romana “Mark Out 1/1”, un progetto realizzato dai designer di Banna’i Studio in collaborazione con undici street artist romani: Lucamaleonte, Mister Thoms, Omino71, Maria Carmela Milano, Solo, Mr Klevra, #Cancelletto#, Alt97, Gojo, Groove e lo stesso Diavù.
La scommessa è stata far ideare agli artisti, un concept innovativo per complementi d’arredo – tutti pezzi unici – ciascuno in linea col proprio stile, realizzati, poi, dal designer Germano Maria Iafulla, fondatore del Banna’i Studio, con tecniche avanguardistiche, dalla Stampa 3D alla fresa a controllo numerico. Il risultato è sorprendente, con oggetti dal design originale e ricercato, vere e proprie opere d’arte moderna, in mostra a Roma fino al 18 novembre.
A catturare, per primo, il mio sguardo è l’opera di David Vecchiato, romano, classe 1970, per la sua carica espressiva e la sua dissacrante ironia. Coordinata al dipinto e affine per significato è Stanco morto, l’innovativa savonarola a forma di teschio, reclinabile in più sedute, ideata da Diavù, realizzata da Banna’i, in pelle e legno di betulla, tanto comoda quanto leggera.
Invece, sullo sfondo della tela si staglia una stilizzazione a forma di teschio de “il bann’i”, il grafema trademark dello Studio, reinterpretato liberamente da ciascun autore: un fondo rosso, intervallato da stralci di giornale (inserto culturale risalente 1901), sul quale si ergono due figure antitetiche, il David, con la sua perfezione formale, e il teschio di scimmia, simbolo della caducità umana.
Una metafora dissacrante, che riflette l’attuale condizione dell’arte: la società che, appunto, affama l’artista, ma anche la morte dell’arte, “soprattutto in Italia, dove è assente dal Settecento”. Lo “Stato dell’arte” è anche un autoritratto in chiave ludica, dove il David sta per David, il nome e il teschio di scimmia sta per “invecchiato” ossia Vecchiato, il cognome.
Per l’occasione ZENIT ha intervistato l’artista.
Secondo te Davide, oggi, si può ancora vivere di sola arte?
È davvero difficile. Si può, essendo un artista versatile.
E come?
Io, che sono un artista figurativo (e non “writer”) ho iniziato negli anni ’90 con le fanzine, dapprima disegnando comics e poi vendendo alle riviste i miei disegni, che di notte riproducevo in murales, per farmi conoscere. Senza Internet, era tutto più difficile e si era banditi dalle gallerie, dove era di moda l’arte concettuale. Da subito ho dovuto intraprendere più strade per mantenermi. Come ora, con il design.
Con il fenomeno Internet com’è cambiato il tuo mondo?
Per i giovani, ora è tutto più semplice. Coi social network è facile ottenere notorietà e agganci, ma ciò ha anche contribuito a creare un clima più competitivo e individualista. Noi artisti collaboravamo insieme, anche con l’old school romana dei writer, con uno spirito più solidale. Io ancora lo faccio, sfruttando le potenzialità del web per sostenere progetti di arte collettiva come Muro.
Di che si tratta?
Muro è l’acronimo di Museo Urban Art Roma, un progetto da me ideato per riqualificare zone periferiche, come il Quadraro e renderle più attrattive. In un continuo scambio sinergico con i suoi abitanti, coinvolti attivamente nel piano, in un clima di dialogo e integrazione con l’ambiente, per decidere dove e cosa disegnare. Un programma aperto a qualunque artista, sia a livello nazionale che locale. Legale, ma non istituzionale.
Una sorta di museo a cielo aperto, una piazza globale che attrae e valorizza nuovamente Roma e l’Italia tutta…
Sì, è proprio così. Dal progetto è nata una serie documentaria, da settembre in onda su Sky Arte, in collaborazione con Il Fatto Quotidiano e Level 33, dove appaiono anche il tedesco Jim Avignon e l’americano Axel Void, mentre valorizzano con la loro arte, aree desolate del Paese.
Sei un artista a tutto tondo, che spazia dalla tv alle gallerie. Mi spieghi il perché della tua ossessione per il teschio?
Il teschio non mente, è l’autoritratto più sincero che abbiamo di ognuno di noi.
 

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Rita Ricci

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