Pope Francis and Cesare Nosiglia

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L'abbraccio della CEI al Papa a Firenze. Nosiglia: "Quando c'è tanto bene, c'è anche tanto male"

Inaugurando il V Convegno ecclesiale nazionale, l’arcivescovo di Torino racconta l’attesa per l’arrivo del Pontefice di domani e auspica che l’evento possa essere un “momento di svolta”

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Suonano le campane nella splendida Santa Maria del Fiore; intanto i vescovi della Conferenza Episcopale italiana sono tutti disposti lungo la navata centrale. Mancano pochi minuti all’inizio della celebrazione che dà il via al V Convegno ecclesiale nazionale, quest’anno sul tema “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”. Mentre gli ultimi fedeli si assiepano lungo la cattedrale, la terza al mondo per grandezza, ZENIT insieme ad altri colleghi della stampa ha incontrato mons. Cesare Nosiglia, presidente del Comitato preparatorio del Convegno, che tiene oggi la prolusione inaugurale.

Anzitutto all’arcivescovo di Torino abbiamo chiesto con quali sentimenti l’episcopato italiano attenda l’arrivo di domani di Papa Francesco, in un momento difficile per la Chiesa alla luce dei recenti scandali e ‘reati’. “Lo accogliamo con grande grande gioia”, afferma Nosiglia, “sappiamo che lui è molto schietto, molto sincero, molto determinato. Lo ha dimostrato in questi giorni. E noi vogliamo dirgli che siamo contenti non solo di riceverlo ma anche di ascoltarlo, perché ci indichi la strada della concretezza come lui fa sempre non solo nelle sue parole ma anche nei suoi gesti”.  “Sempre – aggiunge il presule – quando c’è tanto bene, c’è anche tanto male, si scatenano tante resistenze. Ma come ha detto il Santo Padre stesso, ieri all’Angelus, ‘si va avanti’, non si deve mollare e lui sicuramente ci dà l’esempio di questa fortezza e questa determinazione”. 

In un momento di ‘buio’ generalizzato, la Cei propone il Convegno di Firenze come un faro di luce. Anzi un “momento di svolta”, dice Nosiglia. “Svolta che Papa Francesco per primo ci ha dato con l’Evangelii Gaudium che noi abbiamo posto come testo base del Convegno stesso, non solo perché dà dei principi importanti, ma anche perché indica una strada di sinodalità, che significa camminare insieme, e una strada di incarnazione vera del Vangelo dentro il tessuto vivo delle persone, soprattutto quelle che vivono situazioni difficili, faticose”. 

“La Chiesa – sottolinea l’arcivescovo – incontra queste persone, esce fuori, non sta chiusa dentro i suoi circuiti, seppur importanti aspettando che la gente la cerchi. Va lei alla ricerca, va incontro alle situazioni concrete per dare speranza”. E’ questo, dunque, il nuovo umanesimo – come recita il titolo dell’evento – a cui la Chiesa italiana aspira.  Una Chiesa fortemente “unita”, sottolinea il pastore di Torino: “Siamo qui tutti insieme, ci siamo preparati insieme, abbiamo avuto un cammino di preparazione molto intenso nelle comunità cristiane, abbiamo chiesto un coinvolgimento, in particolare dei giovani, e c’è stata una risposta eccezionale, soprattutto sulla rete”. Il desiderio è che tutti i fedeli d’Italia “possano seguire in questi giorni il Convegno, interloquire con esso, in modo che diventi una agorà nazionale e non solo fiorentina”.

A proposito di Firenze, mons. Nosiglia esprime l’auspicio che dalla città del giglio “possa nascere ciò che è già nato… Una città esemplare che ha saputo, nella storia, rendere l’umanesimo concreto attraverso la cultura, l’arte, la bellezza, la carità, la misericordia, gli aspetti cittadini e ovviamente la spiritualità con i suoi grandi Santi”. Firenze – soggiunge – “ha messo insieme diverse anime, riuscendo veramente a darci un esempio che va seguito anche oggi. Un esempio che è quello che il Papa chiama ‘cultura dell’incontro’, da opporre alla ‘cultura dello scarto’ e della contrapposizione ideologica. Purtroppo sappiamo che tanti nostri cittadini non vivono l’umanesimo cristiano e neanche civile, trovandosi in condizioni difficili. Allora non dobbiamo pensare solo che questo incontro sia stato  possibile nel passato, è qualcosa di vivo, di presente anche oggi, in Italia e nella Chiesa italiana”. 

Specie in vista del Giubileo straordinario della Misericordia, ormai alle porte – conclude Nosiglia – “bisogna mettere insieme l’aspetto culturale, civile, di cittadinanza, cose che sembrano molto diverse tra loro”. “E speriamo – aggiunge – che il nostro Convegno possa dare una scossa salutare alla nostra società ma anche alla nostra Chiesa per dire: ‘È possibile, possiamo farcela; solo, però, se lavoriamo insieme, se non costruiamo dei muri ma dei ponti’”.

Nella sua prolusione in Duomo, pronunciata dopo il saluto dell’arcivescovo di Firenze, il cardinale Giuseppe Betori, e del sindaco Dario Nardella, l’arcivescovo di Torino ha rimarcato che il Convegno “è un punto di partenza e non un punto di arrivo”. “Non siamo qui – ha detto – per predisporre dei piani pastorali, né per scambiarci informazioni, neppure per partecipare a dotte conferenze o a un corso di aggiornamento”. Scopo dell’appuntamento fiorentino è “di fare il punto sul nostro cammino di fedeltà al rinnovamento promosso dal Concilio e aprire nuove strade all’annuncio del Vangelo”.

In particolare, Nosiglia ha indicato “alcune aree di impegno prioritarie per la vita della nostra gente e del Paese”: anzitutto la famiglia, bisognosa di “una accoglienza compassionevole e di un accompagnamento e sostegno della sua esistenza”; poi i giovani, con l’impegno a operare per qualificare la proposta della scuola e l’inserimento nel mondo del lavoro; infine l’ecologia, intesa come “cura della casa comune” sulla scia della enciclica Laudato Si’.

“Attorno a queste aree, come ad altre ugualmente importanti è necessario attivare un adeguato supporto di pensiero e di azione concreta da parte dei laici soprattutto, che hanno diritto e dovere di ‘fare coscienza’ e operare uniti”, ha rimarcato l’arcivescovo. Tale unità, ha aggiunto, “si esprime in uno stile di ricerca comune e in un metodo preciso: quello della sinodalità che ‘sarebbe già un grande risultato se da Firenze divenisse lo stile di ogni comunità ecclesiale”.

Un pensiero anche all’Italia, “un Paese che sta sempre più invecchiando” – ha detto Nosiglia – “in cui la gente è sfiduciata e ripiegata su se stessa,dove le diseguaglianze sociali e le povertà non solo materiali ma etiche e spirituali stanno crescendo e dove secondo le statistiche il 31% della popolazione vive da solo chi per scelta, chi per necessità e chi per naufragio esistenziale, ha bisogno di riappropriarsi della speranza che la fede cristiana ha seminato nella sua storia, dando vita a un patrimonio di umanità, santità e civiltà esemplare per il mondo intero”.

 

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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