Era dal 2012 che non si vedevano volare corvi tra le mura leonine. Dopo la triste vicenda di Paolo Gabriele, il maggiordomo di Benedetto XVI trafugatore di carte riservate del Papa, in Vaticano torna il fantasma di un nuovo Vatileakscon un caso di fuga di notizie vendute alla stampa.
“Nel quadro di indagini di polizia giudiziaria svolte dalla Gendarmeria vaticana ed avviate da alcuni mesi a proposito di sottrazione e divulgazione di notizie e documenti riservati, sabato e domenica scorsi sono state convocate due persone per essere interrogate sulla base degli elementi raccolti e delle evidenze raggiunte”, ha reso noto stamane un comunicato di padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana.
Le due persone in questione sono monsignor Lucio Angel Vallejo Balda, segretario della Prefettura per gli Affari economici, classe 1961, e Francesca Chaouqui, 33enne calabrese di padre marocchino, trattenuti in stato di arresto “in seguito alle risultanze degli interrogatori” e “in vista del proseguimento delle indagini”. La donna è stata tuttavia rimessa presto in libertà per aver collaborato con le indagini.
Entrambi erano membri della COSEA: il primo come segretario, la seconda unico membro donna, nomina che aveva creato all’epoca non poche polemiche. La COSEA era la Commissione referente di Studio e indirizzo sull’organizzazione delle Strutture Economico-Amministrative della Santa Sede, che Papa Francesco aveva istituito nel luglio 2013 e successivamente sciolto dopo il compimento del suo mandato, andando poi a creare due nuovi organismi per centralizzare e rendere più trasparente la gestione economico-finanziaria della Santa Sede: la Segreteria per l’Economia, guidata dal card. Pell, e il Consiglio per l’Economia.
L’arresto ai due – spiega Lombardi – è stato convalidato in mattinata dall’Ufficio del Promotore di Giustizia, rappresentato dagli avvocati Gian Piero Milano, promotore di Giustizia, e Roberto Zannotti, promotore di Giustizia aggiunto, i quali hanno provveduto a rilasciare la Chaouqui “nei confronti della quale – spiega la nota – non sono più state ravvisate esigenze cautelari, anche a motivo della sua collaborazione alle indagini”. La posizione di mons. Vallejo Balda rimane, invece, al vaglio dell’Ufficio del Promotore di Giustizia.
Qualora l’accusa venisse confermata, sia il monsignore che la lobbista (finiti nell’occhio del ciclone insieme già nell’aprile 2014 per il party sul terrazzo dell’Apsa il giorno della canonizzazione dei due Papi) rischierebbero di finire dietro le sbarre essendo la divulgazione di notizie e documenti riservati un reato, come previsto dalla Legge n. IX dello Stato della Città del Vaticano (13 luglio 2013) art. 10 (art. 116 bis c.p.), che reca modifiche al codice penale e al codice di procedura penale. “Chiunque si procura illegittimamente o rivela notizie o documenti di cui è vietata la divulgazione, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni o con la multa da euro mille ad euro cinquemila”, recita la norma. “Se la condotta ha avuto ad oggetto notizie o documenti concernenti gli interessi fondamentali o i rapporti diplomatici della Santa Sede o dello Stato, si applica la pena della reclusione da quattro a otto anni. Se il fatto di cui al comma precedente è commesso per colpa, si applica la pena della reclusione da sei mesi a due anni”.
Nella nota di padre Lombardi finiscono nel mirino anche due libri annunciati per giovedì 5 novembre: “Avarizia” (Chiarelettere) di Emiliano Fittipaldi, giornalista de L’Espresso, e “Via Crucis” (Feltrinelli) del giornalista MediasetGianluigi Nuzzi, già autore di “Sua Santità”, il libro scandalo che raccoglieva i documenti segreti forniti da Paolo Gabriele. “Va detto chiaramente che anche questa volta, come già in passato, sono frutto di un grave tradimento della fiducia accordata dal Papa”, ha affermato il portavoce vaticano.
In particolare il volume di Nuzzi – che sarà pubblicato anche in Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Svizzera, Austria, Germania, Brasile, Portogallo, Spagna e Sudamerica – vengono riportate, oltre a documenti e notizie, alcune registrazioni di conversazioni private del Papa inerenti al lavoro di pulizia e trasparenza finanziaria all’interno della Santa Sede, in particolare nello Ior.
Secondo padre Lombardi, si tratta “di una operazione per trarre vantaggio da un atto gravemente illecito di consegna di documentazione riservata, operazione i cui risvolti giuridici ed eventualmente penali sono oggetto di riflessione da parte dell’Ufficio del Promotore in vista di eventuali ulteriori provvedimenti, ricorrendo, se del caso, alla cooperazione internazionale”. “Pubblicazioni di questo genere – ha evidenziato il gesuita – non concorrono in alcun modo a stabilire chiarezza e verità, ma piuttosto a generare confusione e interpretazioni parziali e tendenziose. Bisogna assolutamente evitare l’equivoco di pensare che ciò sia un modo per aiutare la missione del Papa”.
“Sorpresa e dolore” sono state espresse invece dall’Opus Dei, a cui mons. Balda è legato. In un comunicato la Prelatura afferma di non disporre di alcuna informazione sul caso: “Mons. Vallejo – si legge – appartiene alla ‘Società Sacerdotale della Santa Croce’ associazione di presbiteri intrinsecamente unita all’Opus Dei, che non ha il diritto di intervenire nel ministero pastorale né nel lavoro che i suoi soci svolgono nelle loro diocesi o nella Santa Sede. La missione dell’associazione è l’accompagnamento spirituale dei suoi membri”. L’Opus Dei prende ancor più le distanze dichiarando che essa “non è intervenuta né ha saputo di questa decisione finché non è stata resa pubblica: di fatto, gli unici superiori di mons. Vallejo sono quelli della Santa Sede e il vescovo della diocesi dove è incardinato (Astorga)”.
Del legame tra Balda e Chaouqui dava conferma la stessa in alcune interviste del settembre 2013, in cui definiva il monsignore “il miglior economo che la chiesa abbia mai avuto in tutto il mondo”. Negli stessi colloqui, la neo commissaria confermava il suo accesso “ai documenti più riservati” della Santa Sede e sfogava la frustrazione per “l’operazione di sciacallaggio” partita nei suoi confronti non appena ottenuta la nomina per l’incarico alla COSEA. Le critiche riguardavano, tra le altre cose, alcuni suoi tweet a dir poco imprudenti – alcuni su Ratzinger e il cardinale Bertone -, delle foto allusive circolate in rete e una nomina ‘sbagliata’ da parte del Papa. Tutta opera di persone che volevano screditarla agli occhi del Santo Padre, affermava. “Sunt verba et voces” (Sono voci e parole) si poteva forse dire all’epoca citando Orazio, ma i fatti sembrano ora dimostrare il contrario.