Le coppie che vogliono avere un bambino “affittando” l’utero di una donna, dovranno presto rinunciare all’ipotesi di recarsi in India. Dopo Thailandia e Nepal, anche Nuova Delhi è pronta a rendere illegale la maternità surrogata per le coppie straniere. Ancora non ci sono né una data né un disegno di legge, ma intanto la Corte suprema è stata già informata dal Governo.
Risale al febbraio scorso la causa intentata nei confronti del Governo da parte dell’avvocato Jayashree Wad, il quale si recò davanti alla Corte suprema per chiedere il bando sulla surrogazione commerciale di maternità, la pratica che prevede di pagare una donna affinché porti in grembo il figlio di qualcun altro (creato tramite fecondazione artificiale).
L’accusa di Wad nei confronti del Governo è di aver trasformato l’India in una “fabbrica di bambini”, dal momento che è diventata meta privilegiata di coppie straniere in cerca di madri disposte a portare avanti una gravidanza in cambio di denaro. In particolare, l’avvocato ha puntato l’indice verso una notifica risalente al 2013, la quale ha concesso l’importazione di embrioni umani per la riproduzione in vitro. Un passo che ha aperto una breccia enorme per il mercato dei bambini e lo sfruttamento delle donne.
Una volta esaminato il caso, la Corte suprema lo scorso 15 ottobre ha sentenziato che “la surrogazione commerciale non dovrebbe essere ammessa, ma nel Paese va avanti. Il governo (centrale) sta permettendo il traffico di embrioni umani. Sta diventando un business che si è evoluto in turismo procreativo”. I giudici hanno quindi rifiutato di sostenere la notifica del 2013, chiedendo altresì al Governo di regolamentare questa pratica.
I costi per “affittare” un utero in India oscillano tra i 18mila e i 30mila dollari, di cui circa 8mila vanno nelle tasche della madre surrogata. Si tratta di prezzi molto contenuti rispetto a quegli degli Stati Uniti (dove la pratica costa tre volte tanto). A ciò va ricondotta la diffusione del cosiddetto “turismo della procreazione” in India.