In Pakistan il fenomeno di ragazze appartententi a minoranze religiose rapite, vittime di abusi e violenze e costrette al matrimonio islamico è divenuto una pratica ormai radicata che – secondo dati dell’agenzia Fides – tocca mille donne ogni anno. A queste si aggiunge ora Sonia Bibi, ventenne cristiana che in queste ore lotta tra la vita e la morte a causa delle ustioni riportate sull’80% del corpo, a seguito dell’attacco dell’uomo musulmano che la pretendeva. Latif Ahmed, questo il nome dell’aguzzino, ha dato sfogo alla più brutale violenza dopo l’ennesimo rifiuto della ragazza alla sua proposta di matrimonio. Sonia non voleva sposare quell’uomo, tantomeno convertirsi all’Islam. Ahmed l’ha quindi cosparsa di benzina e arsa viva.
Ora si trova in carcere, ma non sempre questo accade, visto che – fa notare Vatican Insider – gli uomini musulmani si sentono garantiti dall’impunità nel commettere tali abusi verso donne appartenenti a minoranze religiose, e per questo considerate subalterne, e trovano spesso il sostegno della polizia e della magistratura. “È molto difficile avere giustizia e arrivare a una punizione per i responsabili. Spesso in questi casi, la polizia non agisce o, peggio, si schiera con gli stupratori”, osserva infatti l’avvocato cristiano Sardar Mushtaq Gill, che ha seguito diversi casi. “Le famiglie cristiane o i testimoni subiscono pressioni per ritirare le denunce. La violenza su donne e bambini delle minoranze religiose spesso avviene in silenzio: le storie non emergono”.