Proteggere le persone in preda a guerre, violenze, persecuzioni e sistematiche violazioni dei diritti umani è un principio sancito dal diritto internazionale e, prima ancora, un “obbligo morale”. Tuttavia, il lavoro in tal senso della comunità internazionale è ancora non pienamente sufficiente. Il parere è di mons. Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati, intervenuto alla conferenza internazionale sul tema, appunto, della “Responsabilità di proteggere alla luce della morale e del diritto”, organizzata dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, dalla Congregazione per i Vescovi e dal Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso.
Come riporta l’Osservatore Romano, mons. Gallagher ha in primo luogo sottolineato come l’applicazione di questo principio sia da sempre cardine dell’attività internazionale della Santa Sede. Del resto – ha detto – “la posizione della Santa Sede, manifestata con il linguaggio politico e giuridico internazionale proprio dell’Onu, rispecchia fedelmente quanto è detto dalla dottrina sociale della Chiesa”.
La Carta dell’Onu assume implicitamente l’obbligo ad intervenire in casi estremi a tutela dei diritti fondamentali e del rispetto della dignità dei singoli e dell’identità dei popoli. Nonostante ciò, manca ad oggi, secondo mons. Gallagher, “una formulazione chiara dei mezzi giuridici di applicazione del principio, nel senso di una normativa che espliciti il modo concreto di attuazione e regoli l’eventuale uso della forza, sotto la guida e il controllo della comunità internazionale”.
Tuttavia questo “spesso si scontra con un’interpretazione letterale e stretta del principio di non intervento sancito dal paragrafo 7 dell’articolo 2 della Carta dell’Onu e con il sospetto, storicamente fondato, che si voglia usare la scusa di un intervento umanitario per calpestare il principio di sovrana eguaglianza dei membri dell’Onu stabilito dal paragrafo 2 dello stesso articolo della Carta”.
A tal proposito il diplomatico vaticano ha ricordato il recente discorso del Papa all’Onu, laddove ha affermato che “la riforma e l’adattamento ai tempi sono sempre necessari, progredendo verso l’obiettivo finale di concedere a tutti i Paesi, senza eccezione, una partecipazione e un’incidenza reale ed equa nelle decisioni. Questa necessità di una maggiore equità, vale in special modo per gli organi con effettiva capacità esecutiva, quali il Consiglio di Sicurezza”.
Il presule ha quindi ribadito che è grave che manchi “una sincera e trasparente applicazione dell’articolo 2 della Carta”. Come noto, vi è sancito il principio di non intervento e l’esclusione di ogni azione unilaterale di forza di uno Stato contro un altro membro delle Nazioni Unite. “L’articolo 2, tuttavia, non può diventare un alibi per i gravi attentati ai diritti umani”. Peraltro – ha infine avvertito mons. Gallagher – “occorre un serio esame di coscienza per assumersi la parte di responsabilità che certi interventi unilaterali possono aver avuto nella crisi umanitaria che oggi colpisce il mondo”.