Suor Annita Bindi - Book "Suor Annita Bindi. Accettare e offrire. In silenzio"

Editrice Shalom

Suor Annita Bindi, lavoratrice nella vigna del Signore

La giornalista Lucia Bigozzi parla del suo libro ‘Suor Annita Bindi. Accettare e offrire, in silenzio’

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“Ci sono uomini e donne prescelti da Dio per illuminare il buio del cammino in questo tribolato transito terreno trasformandolo in una straordinaria testimonianza di vita e di fede. Persone votate all’umiltà, nascoste al mondo ma incredibilmente dentro al mondo, capaci di dare ristoro e conforto all’anima, nutrendola di Gesù. Suor Annita ha lavorato nella vigna del Signore per novantotto lunghi anni, accompagnato tante anime ai piedi del Crocifisso sostenendole, incoraggiandole, diffondendo il messaggio del Vangelo nel quale è custodito il senso vero dell’esistenza umana”. Così Lucia Bigozzi, giornalista, descrive suor Annita Bindi, terziaria Passionista, morta due anni fa, nella casa del Colle Sant’Andrea, nella campagna di Foiano della Chiana, in provincia di Arezzo, dove ha vissuto fin da adolescente insieme alla consorella Maria Nocentini. La figura della religiosa è racchiusa nel libro Suor Annita Bindi. Accettare e offrire, in silenzio, pubblicato dalla Editrice Shalom.

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Chi era suor Annita Bindi? 

Una Terziaria Passionista. Nasce ad Asciano, in provincia di Siena, il 9 ottobre 1915 da una famiglia di umili origini a ventuno anni, nel 1936, si trasferisce coi genitori a Foiano della Chiana, in provincia di Arezzo, nella porzione di una casa colonica al Colle Sant’Andrea. Qui, ancora adolescente, incontra Maria Nocentini con la quale nasce un’amicizia sincera che le vedrà unite per tutta la vita nel percorso spirituale che insieme scelsero di intraprendere e condividere. Il grande desiderio di Annita era quello di abbracciare la vita monastica: lo realizzò nel 1938 quando fu accolta dalle Suore Ospedaliere di Città di Castello, in provincia di Perugia. Tuttavia, vi rimase solo un anno a causa dei gravi problemi di salute che già cominciavano a manifestarsi, costringendola a frequenti ricoveri ospedalieri. Di lì a poco, i medici le prescrissero un busto in ferro, dall’addome al mento, per sostenere la spina dorsale fortemente compromessa dal morbo di Pott. Lo indossò per tutta la vita, senza mai lamentarsi nonostante i forti dolori, le limitazioni nei movimenti. Prima di morire dispose la volontà di essere sepolta dentro quella ‘gabbia’”.

Come nasce questo lavoro di testimonianza?

Ricordo e gratitudine sono le due parole che mi rimbalzavano in testa da mesi, quando dopo la sua morte pensavo a suor Annita e le chiedevo di intercedere presso Gesù per le mie pene ed i miei errori. Ricordo: per non lasciar perduto il suo insegnamento che, altrimenti, resta nel cuore di ogni persona ma finisce quando la vita terrena si spegne. Ricordo sì, per farne memoria condivisa. Gratitudine: per restituire attraverso la valorizzazione della figura spirituale, almeno una piccolissima parte del bene che tante persone hanno ricevuto da lei. Anime predilette dal Signore come quella di suor Annita, sono un dono raro e preziosissimo per chi ha sete di Gesù: la grazia di averle avute tra di noi, come punto di riferimento, luce fulgida nel cammino, carezza materna nella sofferenza, è la chiave che mi ha spinto a considerare necessario un lavoro di testimonianza, a due anni dalla morte di suor Annita. Perchè di lei e della sua vita votata a Gesù e al servizio degli altri non vada perduto nulla; perchè attraverso i ricordi delle persone che l’hanno frequentata, il suo ricordo si perpetui e la sua eredità spirituale diventi ‘testimone’ che altre persone potranno raccogliere e vivere, in comunione con Cristo”.

Come è strutturato il libro e qual è il messaggio che emerge?

È un viaggio iniziato dal cancellino della casa del Colle Sant’Andrea, condotto di porta in porta, di viso in viso in uno straordinario passaparola. Il volume raccoglie 102 testimonianze di persone che hanno conosciuto suor Annita con un’appendice dedicata alle preghiere autografe della suora. Nel mio taccuino di viaggio ho raccolto le sofferenze di tante persone, pezzi di vita durissima, prove difficili, che lo sguardo amorevole di suor Annita ha reso più lievi, sopportabili se vissuti come sacrificio offerto a Gesù. Nel suo nome, le porte si sono aperte, i volti si sono illuminati, le parole hanno cominciato a fluire e le lacrime a scorrere, i ricordi si sono ricomposti in racconti profondi, dolorosi, ma pieni di speranza e di fede.

Qual è l’aspetto dell’esperienza di suor Annita che l’ha più colpita?

Sulla sua lapide ha voluto scritta la ‘regola’ che ha seguito per tutta la vita: “Accettare e offrire. In silenzio”. Sta qui l’insegnamento di suor Annita, l’essenza della sua missione nel mondo, la forza incredibile di quel “cencino nero” come si definiva mutuando l’immagine dalla veste nera dell’Ordine dei Passionisti e – aggiungo io – dall’atto di umiltà, assoluta, che ne ha contraddistinto l’opera per novantotto anni. Vorrei che questo libro potesse rappresentare un piccolissimo contributo per chi come me l’ha conosciuta e si è messo in cammino con lei e per chi, leggendolo, vorrà calzare i sandali dell’umiltà e della semplicità, per camminare lungo il sentiero tracciato dalla ‘piccola’ religiosa di Foiano”. 

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ZENIT Staff

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