Non è un’udienza ma una festa quella che si svolge stamane in Aula Paolo VI, dove il Papa incontra settemila gitani che prendono parte al Pellegrinaggio Mondiale del Popolo nomade, l’evento promosso dal Pontificio Consiglio per i Migranti, insieme a Fondazione Migrantes, Ufficio Migrantes di Roma e Sant’Egidio, per commemorare il 50° anniversario della storica visita del Beato Montini al campo nomadi di Pomezia avvenuta il 26 settembre 1965.
All’interno di una scenografia coloratissima, il Santo Padre viene accolto tra canti e danze caratteristiche, divincolandosi mani che applaudono e altre che cercano di stringerlo, abbracci a malati, anziani e bambini. “Cari amici gitani, o Del si tumentsa! [il Signore sia con voi!]”, esclama il Pontefice con un ampio sorriso. Che però si rabbuia quando, durante il suo discorso, ricorda gli ostacoli che questa fetta di popolazione presente in ogni città del mondo incontra quotidianamente.
“Conosco le difficoltà del vostro popolo”, afferma infatti Bergoglio, ricordando le passate visite nelle parrocchie alla periferia di Roma, dove – dice – “ho avuto modo di sentire i vostri problemi, le vostre inquietudini, e ho constatato che interpellano non soltanto la Chiesa, ma anche le autorità locali. Ho potuto vedere le condizioni precarie in cui vivono molti di voi, dovute alla trascuratezza e alla mancanza di lavoro e dei necessari mezzi di sussistenza”.
Tutto questo – afferma – “contrasta col diritto di ogni persona ad una vita dignitosa, a un lavoro dignitoso, all’istruzione e all’assistenza sanitaria. L’ordine morale e quello sociale impongono infatti che ogni essere umano possa godere dei diritti fondamentali e debba rispondere ai propri doveri”.
Auspicio del Papa è “che si volti pagina”; l’assillo è che non si assistano più “a tragedie familiari in cui i bambini muoiono di freddo o tra le fiamme, o diventano oggetti in mano a persone depravate, i giovani e le donne sono coinvolti nel traffico di droga o di esseri umani”. Questo – osserva il Pontefice – accade “perché spesso cadiamo nell’indifferenza e nell’incapacità di accettare costumi e modi di vita diversi dai nostri”.
Invece “costruire una convivenza pacifica” è possibile: una convivenza, cioè, “in cui le diverse culture e tradizioni custodiscono i rispettivi valori in atteggiamento non di chiusura e contrapposizione, ma di dialogo e integrazione”. “Vorrei che anche per il vostro popolo si desse inizio a una nuova storia”, afferma il Vescovo di Roma, perché “è arrivato ora il tempo di sradicare pregiudizi secolari, preconcetti e reciproche diffidenze che spesso sono alla base della discriminazione, del razzismo e della xenofobia”. “Nessuno si deve sentire isolato e nessuno è autorizzato a calpestare la dignità e i diritti degli altri”, rimarca inoltre. Dobbiamo quindi permettere “che il Vangelo della misericordia scuota le nostre coscienze” e apra “i nostri cuori e le nostre mani ai più bisognosi e ai più emarginati, partendo da chi ci sta più vicino”.
Per primi i gitani, esorta il Santo Padre, sono chiamati, “nelle città di oggi in cui si respira tanto individualismo”, ad impegnarsi per costruire “periferie più umane, legami di fraternità e condivisione”. Già negli ultimi 50 anni sono stati “grandi” i cambiamenti “sia nel campo dell’evangelizzazione sia in quello della promozione umana, sociale e culturale della vostra comunità”. Un segno forte “di fede e crescita spirituale” è, ad esempio, il numero sempre in aumento nelle diverse etnie di vocazioni sacerdotali, diaconali e di vita consacrata.
Questo “processo di riconciliazione” deve dunque proseguire all’interno della Chiesa ma anche della società. “Voi siete un tramite tra due culture e, per questo, vi si chiede di essere sempre testimoni di trasparenza evangelica per favorire la nascita, la crescita e la cura di nuove vocazioni”, incoraggia il Papa. “Potete farlo – aggiunge – se siete anzitutto buoni cristiani, evitando tutto ciò che non è degno di questo nome: falsità, truffe, imbrogli, liti”.
“Non date ai mezzi di comunicazione e all’opinione pubblica occasioni per parlare male di voi”. esorta inoltre Francesco, “come tutti i cittadini, potete contribuire al benessere e al progresso della società rispettandone le leggi, adempiendo ai vostri doveri e integrandovi anche attraverso l’emancipazione delle nuove generazioni”.
Un ultimo pensiero va ai bambini che – afferma il Pontefice – “sono il futuro del vostro popolo ma anche della società in cui vivono. I bambini sono il vostro tesoro più prezioso”. Per loro Papa Francesco esige che sia assicurata “un’adeguata scolarizzazione”. Perché “l’istruzione è sicuramente la base per un sano sviluppo della persona” e anche “permette ai vostri giovani di diventare cittadini attivi, di partecipare alla vita politica, sociale ed economica nei rispettivi Paesi”.
Invece oggi, tra i gitani si registra uno scarso livello di scolarizzazione di molti giovani che “rappresenta il principale ostacolo per l’accesso al mondo del lavoro”. “I vostri figli hanno il diritto di andare a scuola, non impediteglielo!”, esclama il Papa, raccomandando anche alle diverse famiglie, dai genitori ai nonni, a dare “la spinta” verso una maggiore istruzione e ad “assicurarsi che i ragazzi frequentino la scuola”. Al contempo le istituzioni civili hanno la responsabilità di “garantire adeguati percorsi formativi per i giovani gitani, dando la possibilità anche alle famiglie che vivono in condizioni più disagiate di beneficiare di un adeguato inserimento scolastico e lavorativo”.
Non manca, nel discorso del Papa, un riferimento a Zeffirino Giménez Malla, il primo Beato figlio del popolo nomade, “che si distinse per le sue virtù, per umiltà e onestà” e per una devozione alla Madonna tale da portarlo al martirio e ad essere conosciuto come “Martire del Rosario”. “Ve lo ripropongo oggi come modello di vita e di religiosità, anche per i vincoli culturali ed etnici che vi legano a lui”, dice.
Richiamando infine “l’affetto e l’incoraggiamento” che i predecessori Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno sempre assicurato ai gitani, Bergoglio conclude quindi con le parole del beato Paolo VI: «Voi nella Chiesa non siete ai margini, ma, sotto certi aspetti, voi siete al centro, voi siete nel cuore. Voi siete nel cuore della Chiesa». Come Papa Montini incorona infine una statua di Maria, venerata come Madonna degli Zingari, a cui affida tutte le loro famiglie e il loro futuro.
Per volontà del Papa, tutti gli zingari partecipanti al pellegrinaggio pranzeranno oggi dentro il Vaticano.