La recente sentenza del Tribunale di Roma, che ha stabilito l’affidamento di un bambino a due uomini è una decisione “creativa” che mira a suscitare un dibattito in sede parlamentare, perché si arrivi a un’effettiva legalizzazione dell’adozione a beneficio delle coppie dello stesso sesso.
A colloquio con ZENIT, il professore Alberto Gambino, ordinario di diritto privato all’Università Europea di Roma, ha parlato di “forzatura” da parte del giudice, non essendovi alcun vuoto normativo a giustificare il provvedimento. La legge italiana sulle adozioni è infatti chiarissima e fa riferimento soltanto a coppie sposate, quindi, esclusivamente eterosessuali.
Professore, come giudica la decisione del Tribunale di Roma?
Il mio parere è che sia una forzatura. Si basa su un certo articolo della legge sull’adozione – l’articolo 44, lettera D – dove si dice che in caso di impossibilità di affidamento pre-adottivo, si può ricorrere a un’adozione speciale. Ovviamente, l’affidamento pre-adottivo parte dal presupposto dello stato di abbandono del minore e, dunque, questa norma si applica soltanto nel caso di assenza morale e materiale dei genitori, mentre in questo caso c’è una madre, quindi non si sarebbe dovuta applicare la norma. Qui credo che qualsiasi professore di diritto civile insegnerebbe ai propri studenti che si tratta di un errore interpretativo.
Alcuni parlano, comunque, di sentenza ideologica…
È una sentenza che mira a suscitare un dibattito, e probabilmente anche un dibattito in sede parlamentare perché si arrivi a una legge che apra anche ai matrimoni tra persone dello stesso sesso, ed eventualmente alle adozioni. Certamente, ci può essere questo intento in una sentenza di tal fatta. È comunque una sentenza ‘creativa’ che squarcia una normativa – quella sull’adozione – che invece si basa sul fatto che i genitori siano sposati e, solo in questo caso, possano adottare dei figli; ed essere sposati in Italia significa essere di sesso diverso.
Da più parti si sottolinea anche un altro aspetto: cioè, che i giudici si stanno sostituendo al legislatore…
I giudici si sostituiscono al legislatore quando intravedono buchi normativi. Qui, in realtà, il buco normativo non c’è, perché la legge sull’adozione è chiarissima: parla di coppie coniugate uomo-donna. Quindi, da questo punto di vista, quando decidono in modo totalmente distante dalla legge creano una forzatura, in qualche modo si sostituiscono al Parlamento, anche se dobbiamo ricordare che sono sentenze su casi singoli e che poi saranno altri giudici a dover vagliare ed eventualmente ribaltare, come credo sia abbastanza pacifico in questo caso.
Quindi, presumibilmente, ci sarà un ricorso a questa sentenza?
Direi senz’altro di sì. Qui ci sono altri gradi di giudizio. Da quanto si apprende il pubblico ministero era contrario a questa soluzione, e quindi probabilmente sarà lo stesso pubblico ministero che impugnerà il provvedimento.
I magistrati italiani e la giurisprudenza italiana dove stanno andando?
Alcuni giudici, non la giurisprudenza in quanto tale – che è ancora abbastanza stabile e fedele alla legge – stanno intravedendo nei diritti individuali un grimaldello per superare alcune forme comunitarie di diritto: come la famiglia, o come il caso della nascita dei figli. Diritti individuali portati, talvolta, all’esasperazione tant’è che alcuni bisogni e interessi – per primo l’interesse ad avere un figlio – diventa, appunto, un diritto. È qualcosa di molto simile a ciò che succede nei Paesi di stampo anglosassone dove desideri e bisogni si tramutano, talvolta, in pretese giuridiche, cioè in diritti.