L’azione pastorale di Papa Francesco è stata definita “rivoluzionaria”. E indubbiamente lo è. Ma sempre in osservanza del dettato del Vangelo e in linea di continuità con i suo predecessori.
In una “presentazione dialogica e sintetica” della Laudato si’ pubblicata da Shalom, mons. Raffaello Martinelli spiega che il Santo Padre “si ricollega alla Pacem in terris di san Giovanni XXIII, rivolta a tutti gli uomini di buona volontà; a vari discorsi del beato Papa Paolo VI, il quale ha messo in guardia dai progressi scientifici e tecnici che, se non sono congiunti ad un autentico progresso sociale e morale, si rivolgono contro l’uomo; a san Giovanni Paolo II, che sollecitò più volte una conversione ecologica globale, collegando insieme ecologia ambientale ed ecologia umana; al Papa emerito Benedetto XVI che ha invitato a tenere uniti tutti i vari componenti del mondo, perché il libro della natura è uno e indivisibile, e include l’ambiente, la vita, la sessualità, la famiglia, le relazioni sociali…”.
La stesso Papa Francesco ha voluto sottolineare questa continuità ricordando, lo scorso 21 ottobre, la grande figura di Giovanni Paolo II alla vigilia della sua memoria liturgica. “Il Papa della famiglia”, l’ha definito, invocando la sua intercessione affinché “il Sinodo dei Vescovi, che sta per concludersi, rinnovi in tutta la Chiesa il senso della famiglia sana, basata sull’amore reciproco dell’uomo e della donna, e sulla grazia divina”.
Il valore testimoniale ed il significato spirituale che il Santo Padre ha voluto evocare accostando tra loro il Sinodo della famiglia e il “Papa della famiglia”, ha orientato la nostra odierna riflessione, ispirata ad un evento culturale del Grande Giubileo dell’Anno 2000.
Il 21 giugno 2000, nel corso di un’Udienza Pontificia in San Pietro, un gruppo di qualificati poeti, rifacendosi ad un’antica tradizione dell’Anno Santo, donò a Papa Giovanni Paolo II una raccolta poetica intitolata Fioretti Giubilari, recante una prefazione del cardinale Paul Poupard (all’epoca presidente del Pontificio Consiglio della Cultura).
L’antologia è stata recentemente ristampata con una prefazione attuale di mons. Slawomir Oder, postulatore della Causa di beatificazione e canonizzazione del Pontefice polacco. “La poesia, esprimendo ciò che nell’uomo vi è di più profondo e più autentico – scrive mons. Oder –, estende le sue radici negli strati dell’umanità permeati dal comune essere creato a immagine di Dio, intreccia tra gli uomini un legame che è in grado di superare le differenze razziali, nazionali e religiose”.
Da questa antologia abbiamo tratto due intense poesie ispirate al tema della famiglia. Ne è autore Aldo De Jaco (1923-2003), figura di primo della intellighenzia di sinistra del secondo dopoguerra e protagonista di un singolare percorso intellettuale ed umano. Animato da valori di libertà, uguaglianza e giustizia sociale che, nella prima gioventù, aveva identificato con la sinistra politica, prese consapevolezza della radice violenta dello stalinismo dopo i fatti d’Ungheria del ‘56. La sua intera produzione saggistica e letteraria risente di questa insanabile contraddizione: da un lato la “sinistra ideale”, illusione di una società più giusta, dall’altro l’effettiva realizzazione storica che aveva tradito i fondamenti d’origine. Negli ultimi anni della sua vita De Jaco giunse vedere in Papa Giovanni Paolo II “l’uomo giusto”, dal quale si sentiva separato per tradizione ideologica ma unito per condivisione di valori. Al punto d’essere fra i promotori dell’antologia “Fioretti Giubilari”, alla quale contribuì con alcune sue composizioni.
La poesia che segue, intitolata Alla svolta, esprime una originale interpretazione della passione di Gesù, alla quale l’autore sovrappone – con esiti convincenti sul piano poetico e umano – la fragilità morale e l’incapacità affettiva che condizionano, a volte, la naturale espressione dei sentimenti dell’uomo: un’analogia potente e drammatica che sembra prefigurare la crisi della famiglia attualmente al centro delle riflessioni del Sinodo.
ALLA SVOLTA
Alla svolta del prossimo angolo
siamo agli inizi del terzo
millennio, pare. Per me
è più vicina la guerra di Troia
e la statua per il dio sconosciuto
che la nascita d’un paffuto bimbetto
senza padre e senza infanzia
almeno fin quando scoprì
le discussioni nel fresco della cattedrale
e le piacevoli profezie della Bibbia
almeno fino alla domenica delle palme
fino alla corona di spine sulla fronte
e il grido al suo Dio: “ma perché
perché, padre, mi hai abbandonato?”
(I padri abbandonano i figli, non lo sapevi?)
*
Scriveva il critico letterario Antonio Lucio Giannone in una breve nota esplicativa: “Alla poesia De Jaco attribuisce la capacità di saper cogliere il reale, l’inafferrabile realtà odierna con gli strumenti che le sono propri. Il privato si intreccia con il politico, il personale col collettivo, coerentemente a tutta la produzione letteraria di Aldo De Jaco”. Una poetica che ritroviamo nel componimento intitolato Per un Natale, dove la componente autobiografica si fonde con l’esperienza generazionale ed entrambe rinviano alle ineluttabili leggi dell’esistenza, serenamente accettate nel ricordo della tenerezza condivisa con la compagna di vita.
PER UN NATALE
Cara, è passato
anche questo Natale.
Niente pacchi per i giocattoli
da mettere sotto l’albero
e niente albero, solo
la pioggia insistente, quasi calda
di allora, quando
andavamo ad elemosinare un trenino
una automobile di latta (niente
fucili o pistole) dai compagni
autoferrotramvieri
che preparavano la festa
per i loro bambini.
Che bei pacchi facemmo
con quei residui, con
quella spazzatura.
E su di noi pioveva l’acquerugiola sottile
che lucida l’acciottolato a piazza Dante,
a Foria, sulle sedie di pietra davanti al Museo
dove ho conosciuto la tua mano gentile.
Tempo senza carezze è il nostro.
Noi non affanniamo in due
per la stessa salita.
E i tuoi figli?
È lontana da noi la loro vita
e non possiamo ascoltarli.
Noi possiamo solo metterci in un angolo
badare alle palline sull’albero
ricordare la pioggia, il pacco,
le risate della nostra povertà,
la voglia di spaccare il mondo
la nostra felicità.
Riposa cara amica.
Nessuno più ti chiamerà!
E quando ci sarò anch’io da te
nessuno più ti piangerà.
***
I poeti interessati a pubblicare le loro opere nella rubrica di poesia di ZENIT, possono inviare i testi all’indirizzo email: poesia@zenit.org
I testi dovranno essere accompagnati dai dati personali dell’autore (nome, cognome, data di nascita, città di residenza) e da una breve nota biografica.
Le opere da pubblicare saranno scelte a cura della Redazione, privilegiando la qualità espressiva e la coerenza con la linea editoriale della testata.
Inviando le loro opere alla Redazione di Zenit, gli autori acconsentono implicitamente alla pubblicazione sulla testata senza nulla a pretendere a titolo di diritto d’autore.
Qualora i componimenti poetici fossero troppo lunghi per l’integrale pubblicazione, ZENIT si riserva di pubblicarne un estratto.