“Ce l’abbiamo quasi fatta!”, esclama padre Federico Lombardi nel briefing di oggi sui lavori del Sinodo giunti ormai alle ultime battute. (Quasi) tutto è pronto: la Relazione finale, redatta dall’apposita commissione di 10 membri che hanno integrato all’iniziale Instrumentum laboris gli emendamenti proposti dai 13 Circoli minori, è stata consegnata in bozza ieri sera ai Padri sinodali, dopo l’annuncio del Papa della istituzione di un nuovo Dicastero su famiglia, laici, vita (nessuna novità invece sull’altra maxi Congregazione ‘Giustizia, carità e pace’).
Sempre ieri pomeriggio è stata presentata la bozza di una dichiarazione del Sinodo sulla situazione delle famiglie in Medio Oriente. Invece questa mattina – ha spiegato Lombardi – il cardinale Erdo, relatore generale, ha introdotta il documento in maniera generale senza soffermarsi sui contenuti, ma piuttosto rilevandone “spirito e impostazione”. Poi il segretario generale Baldisseri ne ha spiegato la metodologia, sottolineando come i modi utilizzati per arrivare a questa versione siano stati 1355 per le tre parti.
Quindi l’intera mattinata è trascorsa tra gli interventi liberi dei Padri: 51 per l’esattezza, di 3 minuti ognuno, volti a proporre “ulteriori miglioramenti” che la Commissione valuterà se integrare nel documento finale da presentare domattina in Aula e votare nel pomeriggio. Si tratta di “proposte di emendamenti di singoli, non modi votati”, ha precisato il portavoce vaticano, spiegando che la gamma degli argomenti trattati è stata molto ampia. Da referenze bibliche usate, migranti, formazione, pastorale, fino a accompagnamento, educazione, spiritualità e sofferenza della croce nell’esperienza delle famiglie. “Piccole grandi osservazioni”. Insieme ad esse anche la questione “rapporto tra coscienza e legge morale”, argomento su cui si sono concentrati diversi interventi che però richiede “formulazioni più complesse”.
Comune denominatore dei 51 interventi – ha aggiunto padre Lombardi – è stato il “chiaro ringraziamento” e “l’ammirazione” per “l’incredibile lavoro” svolto dalla Commissione, che è riuscita a redigere “un testo molto più ordinato e soddisfacente dell’Instrumentum Laboris, che era invece più frammentario, meno organizzato e coerente”.
Il Sinodo che molti giudicavano diviso al punto da non riuscire a trovare una via d’uscita sembra essere giunto, invece, ad un punto di convergenza. E anche i due “blocchi” tra conservatori e progressisti sembrano aver trovato una linea di mezzo. Blocchi che tra l’altro – ha detto il cardinale Peter Appiah Turkson, ospite al briefing insieme al cardinale canadese Gérald Cyprien Lacroix, arcivescovo di Québec, e mons. Lucas Van Looy, vescovo di Gand in Belgio – non sono mai esistiti.
“Io non ho partecipato l’anno scorso al Sinodo, ma non posso classificarne l’esito come il contrasto di due blocchi”, ha affermato il presidente del Pontificio Consiglio Iustitia e Pax. “Una cosa è certa: avendo Padri da tutti e cinque i continenti, da diverse culture e prassi pastorali, a discutere su una istituzione comune come la famiglia, sicuramente i punti di approccio saranno diversi”. Ma “queste novità – ha chiarito Turkson – non indicano la formazione di blocchi opposti l’uno all’altro nel Sinodo, ma un invito a un’apertura larghissima per tutte le situazioni in cui questa istituzione viene celebrata e vissuta”.
Il consenso verso la relazione finora redatta è dunque più che solido: “Il documento finale rispetta i diversi punti di vista”, anche quelli “più forti”, ha assicurato il cardinale ghanese. Sbaglia perciò chi pensa che sia stato “annacquato” solo per ottenere un accordo unanime. E le modifiche proposte in mattinata “sono piccoli dettagli, i grandi lavori siano già fatti”. Si tratta solo di “rifinire” il testo.
“Non dimentichiamo – ha aggiunto inoltre il card. Lacroix – che il lavoro che noi svolgiamo non diventerà un testo legislativo, ma sarà un testo che riunirà quello che abbiamo detto. Forse l’esito non sarà unanime, ma non è una cosa grave”. Anzi “quando tutti pensano uguale, nessuno pensa. Al Sinodo si cerca insieme di discernere il miglior cammino, è un segno di buona salute.. Noi presentiamo al Successore di Pietro la nostra riflessione, e lui ci aiuterà ad andare avanti”.
D’accordo Van Looy che ha aggiunto: “Valutando e discutendo non vuol dire che ci sono posizioni opposte”, ma semmai “una grande ricchezza”, che comincia “dal diverso colore della faccia dei vescovi” e prosegue con le varie esperienze pastorali che ognuno porta sulle sue spalle. Ad esempio, il vescovo belga è arrivato al Sinodo con il cuore appesantito dalla situazione dei migranti che affollano le sue regioni. Situazioni diverse, difficili: “Ho sempre avuto davanti agli occhi le famiglie nei campi profughi in Turchia e Iraq”, ha raccontato, “e mi chiedevo: ‘come si fa a vivere situazioni di famiglia in queste tendopoli?’”.
Le tre settimane di Sinodo hanno però risollevato l’umore del presule mostrando l’attenzione della Chiesa verso le famiglie, soprattutto quelle ferite. In questi giorni, ha detto, “ascoltando il Vangelo e le testimonianze delle diverse famiglie nel mondo mi sono tornate in mente scene come la donna adultera che incontra Gesù, il figlio prodigo che il padre accoglie, l’uomo lungo la strada accolto dal samaritano. E questo mi dice che è stato un Sinodo pastorale”.
“Impressionante”, in particolare, è stato per il vescovo di Gand sentir parlare del ruolo evangelizzatore delle famiglie: “Significa che la Chiesa non si interessa solamente delle famiglie buone o cattive, ma anche dà alle famiglie un compito di evangelizzazione”. Una Chiesa che è, dunque, realmente “sinodale”. “Abbiamo imparato una parola nuova: sinodalità – ha detto il presule – anche se non so come tradurla in fiammingo… È un concetto molto più di un concetto, una verità che abbiamo vissuto in questi giorni”, attraverso l’ascolto e il rispetto delle parole degli altri, l’accompagnamento, l’integrazione, insomma la “misericordia”.
Questo Sinodo, ha affermato Van Looy, “potrebbe essere l’inizio di una nuova Chiesa: che accoglie, ascolta, parla con chiarezza” e che “non giudica”, ma “guarda con tenerezza” alle tante situazioni.
Inclusa quella delle persone omosessuali, tema che “non so se sarà presente nella versione definitiva della Relatio”, ha spiegato Lacroix, ma che è stato affrontato con chiarezza nelle discussioni dei Padri. Perché “queste persone fanno parte delle nostre famiglie”, anche in quelle di alcuni vescovi e cardinali come hanno raccontato loro stessi nei Circoli.
Mai durante il Sinodo quello dell’omosessualità è stato un tabù. Neanche per gli africani, ha precisato Turkson rispondendo a una giornalista. “Se dite che questo tema in Africa è un tabù visitate prima la Russia”, ha affermato il porporato, ricordando che ai tempi dei suoi studi in Teologia, negli anni 71-75, tutti i libri di psicologia presentavano l’omosessualità come “una anomalia”. “Ora la percezione è cambiata in tale maniera che non la si considera più così”. Quindi a paesi come l’Africa, “che hanno difficoltà a comprendere questa esperienza”, si deve lasciare il tempo di “crescere”. “Non è che poiché in Occidente si pensa in un certo modo deve essere così anche nelle altre parti del mondo”, ha sottolineato il presidente del Dicastero Giustizia e Pace, “noi incoraggiamo i nostri a non criminalizzare questo fenomeno, ma incoraggiamo anche gli altri paesi a non vittimizzare chi ha ancora problemi con questo”.