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L’impegno della Chiesa per curare le ferite del popolo centrafricano

Monsignor Cyr-Nestor Yapaupa, vescovo di Alindao, racconta il dramma del suo paese e la speranza suscitata dall’imminente visita del Papa

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Combattere la povertà e sanare le profonde ferite nel cuore della popolazione. Sono queste le due principali sfide che la Chiesa in Centrafrica affronta oggi, come racconta ad Aiuto alla Chiesa che Soffre monsignor Cyr-Nestor Yapaupa, vescovo di Alindao.

Il presule, a Roma per partecipare al Sinodo sulla famiglia, ha visitato ieri la sede italiana della fondazione pontificia e descritto le gravi difficoltà vissute dalla sua diocesi negli ultimi due anni. “È nel nostro territorio che la Seleka ha iniziato la sua ribellione. Il 2013 è stato un anno terribile per noi”, ha dichiarato il presule.

Nei primi mesi la coalizione ribelle ha preso di mira le strutture della Chiesa, saccheggiando sistematicamente presbiteri, centri sanitari, strutture della Caritas. Tutti i veicoli appartenenti alla diocesi sono stati rubati, inclusa l’unità mobile che forniva assistenza medica agli abitanti dei villaggi.

“La comunità cristiana ha sofferto moltissimo, perché molti parroci sono stati costretti a lasciare le loro parrocchie: i ribelli li avevano derubati di tutto e non avevano più niente di che vivere”, prosegue monsignor Yapaupa. La diocesi è riuscita comunque a mettersi in piedi, anche grazie al sostegno di Aiuto alla Chiesa che Soffre, che ha donato 40mila euro per le riparazioni di emergenza.

“Così abbiamo potuto almeno rifare le porte delle canoniche – afferma ancora il vescovo di Alindao -. Anche la comunità di fedeli si è molto adoperata per i suoi sacerdoti, privandosi di quel poco che aveva per acquistare dei materassi per le canoniche”.

Nel 2014 la situazione è lievemente migliorata e l’arrivo delle forze internazionali ha fatto spinto molti ribelli a lasciare la capitale Bangui. Ma nella diocesi di Alindao la Seleka è rimasta fino ad oggi. “Per il momento la loro presenza è circoscritta ad alcune aree, ma ora vari gruppi ribelli si sono uniti e sostengono di voler marciare nuovamente verso la capitale. Possiedono molte armi e dunque sono ancora estremamente pericolosi”.

Il permanere degli uomini della Seleka, scoraggia molti dei cristiani che avevano abbandonato la diocesi nel 2013 a far ritorno nelle loro case. “Per oltre 273mila abitanti abbiamo soltanto tre medici – spiega monsignor Yapaupa – e anche gli insegnanti hanno paura di tornare”.

Pur tra gravi difficoltà, la Chiesa continua a sostenere la popolazione. Le sette scuole cattoliche di Alindao sono le uniche ad essere rimaste aperte in questi quasi tre anni di crisi ed ora l’impegno del vescovo è rivolto a ripristinare l’unità mobile per fornire assistenza medica nei villaggi.

“In futuro vogliamo anche dar vita ad un centro d’ascolto. Accanto alla povertà, curare le gravi ferite che i drammatici avvenimenti hanno inferto alla popolazione, rappresenta una delle nostre principali sfide. In molti hanno perso i propri cari e ci vorrà molto tempo per rimarginare queste ferite”.

Intanto la Chiesa locale e il popolo centrafricano attendono con ansia la visita di Papa Francesco. “Il Pontefice cercherà di portarci la pace e di unire il paese. Ed è essenziale in tal senso la sua decisione di visitare la comunità musulmana e quella protestante, che saranno poi entrambe invitate alle nostre celebrazioni”, conclude il presule.

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ZENIT Staff

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