Pope Francis celebrates Mass in the Domus Sanctae Marthae

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Santa Marta: "Il cristiano si 'sforza' per la conversione. Non cede, non si arrende, non fa il fachiro"

Nell’omelia mattutina, il Papa paragona i cristiani a sportivi che si allenano per una partita e chiede di fare un passo ogni giorno, cominciando dalle “cosine piccole”

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È uno sportivo il cristiano, un atleta che si allena, si sforza con lavoro e sacrificio, giorno dopo giorno, per raggiungere il suo traguardo: la conversione. È una curiosa metafora, impregnata dello spirito paolino, quella che anima l’omelia di Francesco nella Messa a Santa Marta. Il Papa trae spunto infatti dalla Lettera di San Paolo ai cristiani di Roma, prima lettura di oggi, a cui l’Apostolo delle Genti dice: “Voi eravate al servizio dell’iniquità”, cioè del peccato, “con il vostro corpo, con la vostra anima, con il vostro cuore, con la vostra mente”, e adesso “siate al servizio del dono di Dio”, cioè “della grazia e della santificazione”. 

Qualcosa è cambiato, dice in altre parole San Paolo; è accaduto qualcosa di “fondamentale”, ovvero la “salvezza in Gesù Cristo, il dono di Dio”. Ai Romani fa dunque una “catechesi della conversione”, li “esorta alla conversione”. Questo invito giunge fino ai noi, osserva il Pontefice, anche oggi San Paolo ci dice: “Non usate la vostra anima, il vostro cuore, il vostro corpo per il peccato, al servizio del male, dell’iniquità; ma usatelo al servizio del dono di Dio, della gioia” che porta “alla vita eterna in Gesù”.

Per il cristiano, questa conversione “è un compito”, un lavoro che va svolto “tutti i giorni” e che richiede un allenamento costante. Proprio come quello di un “uomo che si allena per prepararsi alla partita, e fa uno sforzo grande”, spiega Bergoglio, richiamando la medesima immagine dello sportivo usata dall’Apostolo. Certo si potrebbe obiettare: “Padre, possiamo pensare che la santificazione viene per lo sforzo che io faccio, come la vittoria per quello che fa lo sport viene per l’allenamento?”. “No”, precisa il Papa, “lo sforzo che noi facciamo, questo lavoro quotidiano di servire il Signore con la nostra anima, con il nostro cuore, con il nostro corpo, con tutta la nostra vita” serve soltanto ad aprire “la porta allo Spirito Santo”. È suo tutto il lavoro successivo: lo Spirito, che “è il dono in Gesù Cristo”, “entra in noi e ci salva”.

Francesco, come San Paolo, incita perciò ad “andare avanti in questo sforzo”, perché se così non fosse – dice – “assomiglieremmo ai fachiri”. E “noi non siamo fachiri. Noi, con il nostro sforzo, apriamo la porta”.

Un’altra obiezione: “Ma, padre, è difficile… È difficile, tutti i giorni, fare questo sforzo”. È vero, “non è facile”, ammette il Pontefice, soprattutto “perché la nostra debolezza, il peccato originale, il diavolo sempre ci tirano indietro”. Anche “l’autore della Lettera agli Ebrei” ammonisce infatti dalla “tentazione di indietreggiare”. Monito a cui fa eco quello di Bergoglio: “Non andare indietro, non cedere”, non diventare come quelli che“si stancano di andare avanti e alla fine dicono: ‘Ma, rimango così’”. Costoro sono come un “cane che torna al suo vomito”. Bisogna invece “andare avanti”, sempre, “un po’ ogni giorno” e mai arrendersi, anche “quando c’è una grande difficoltà”.

Ad esempio, racconta il Papa, “alcuni mesi fa, ho incontrato una donna. Giovane, madre di famiglia – una bella famiglia – che aveva il cancro. Un cancro brutto. Ma lei si muoveva con felicità, faceva come se fosse sana. E parlando di questo atteggiamento, mi ha detto: ‘Padre, ce la metto tutta per vincere il cancro!’”. Questo è l’atteggiamento giusto del cristiano: “Noi che abbiamo ricevuto questo dono in Gesù Cristo e siamo passati dal peccato, dalla vita dell’iniquità alla vita del dono in Cristo, nello Spirito Santo, dobbiamo fare lo stesso. Ogni giorno un passo. Ogni giorno un passo”. A cominciare dalle cose più semplici, come: “Mi viene voglia di chiacchierare contro uno? Stai zitto”; “mi viene un po’ di sonno e non ho voglia di pregare? Vai a pregare un po’”. 

“Piccole cosine”, dice il Papa, non grandi gesti. Perché proprio queste “piccole cosine” ci aiutano “a non cedere, a non andare indietro, a non tornare all’iniquità; ma ad andare avanti verso questo dono, questa promessa di Gesù che sarà l’incontro con Lui”. Quindi, conclude il Santo Padre, “chiediamo al Signore questa grazia: di essere bravi in questo allenamento della vita verso l’incontro, perché abbiamo ricevuto il dono della giustificazione, il dono della grazia, il dono dello Spirito in Cristo”.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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