Pope's visit to Cuba

Courtesy of the Conferencia de Obispos Católicos de Cuba

"A Cuba è ora di riconoscere il ruolo della Chiesa nella società"

Lo rileva un editoriale di ‘Palabra Nueva’, settimanale dell’arcidiocesi di L’Avana, un mese dopo la visita del Papa

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Con un editoriale dal titolo Dopo la visita di Papa Francesco, il settimanale cattolico dell’arcidiocesi di L’Avana, Palabra Nueva, fa un’analisi a margine del viaggio del Santo Padre nell’isola caraibica.

Ripresa dall’agenzia Fides, l’analisi si snoda su due livelli, internazionale e nazionale. Riguardo il primo ambito, si legge: “Dopo decenni di confronto freddo e caldo, Cuba e gli Stati Uniti hanno ristabilito le relazioni, e Papa Francesco è intervenuto in un momento cruciale nel processo e ha lasciato il segno di Pastore. L’evento è molto importante per noi, ma le sue conseguenze vanno oltre le possibilità bilaterali, perché il processo di normalizzazione delle relazioni tra i due Paesi rafforza anche la normalizzazione delle relazioni tra Cuba e il resto del mondo…”.

Arriva poi una sferzata alle autorità cubane. “Un passo coerente – si legge – sarebbe riconoscere, una volta per tutte, il posto della Chiesa nella società e la sua triplice missione: culto, carità e profezia. Non solo riconoscere la Chiesa come istituzione, ma in tutte le sue componenti, dai laici ai vescovi, dal clero e dalla vita consacrata a tutti noi, perché tutti abbiamo un posto e un ruolo nella società. Il desiderio di impegno è alto, ma non è accompagnato da leggi e strutture sociali…”.

Palabra Nueva sottolinea inoltre che “non è giusto pretendere che la Chiesa pensi solo alle cose di Dio nel tempio e tenerla isolata dalla sfera sociale, accettare la sua partecipazione sociale quando fa comodo ai politici. La prospettiva non deve essere quella di vedere ciò che conviene alla Chiesa o che cosa conviene ai politici, ma ciò che è più conveniente, vantaggioso e utile per la società ed i cittadini”. Secondo il settimanale arcidiocesano, “un passo necessario sarebbe sicuramente eliminare le restrizioni su tutte le istituzioni religiose e consentire loro di sviluppare la propria opera liberamente. E’ ora. Se la religione non è più l’oppio dei popoli, chi sono coloro che hanno interesse a mantenere in vita un accordo virtuale o a diffondere una tale droga artificiale?”.

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ZENIT Staff

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