Adam and Eve temptation

WIKIMEDIA COMMONS

“Maschio e femmina li creò”, non “maschio o femmina”

Su quali basi poggia l’ideologia del gender? È lecito dialogare con i suoi sostenitori?

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Il tema che analizzeremo in questo articolo riguarda la realtà umana vista nella sua differenza sessuale di maschio e femmina. La Sacra Scrittura, quando parla della creazione dell’uomo, afferma: “E Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò”. L’espressione maschio e femmina non è una superflua enfasi letteraria da parte dell’agiografo, né una verità semplicemente detta da Dio, ma una verità creata, immutabile e precipua dell’umanità. Dio ha voluto imprimere nell’umanità una differenza sessuale ben precisa.

In questo momento storico, caratterizzato dalla comparsa della teoria del gender, è bene approfondire un simile argomento. Il gender su quali basi poggia il suo pensiero? Bisogna farsi questa domanda. Tale corrente ritiene che soltanto la cultura determini la sessualità di una persona. Se quest’ultima, maschio o femmina che sia, si è comportata come tale fino a oggi, ciò sarebbe avvenuto solo per un condizionamento culturale che l’ha spinta a vivere secondo una specifica realtà biologica. Pertanto, bisognerebbe liberarsi di questa influenza atavica e, a prescindere dalla propria dimensione biologica, si potrebbe scegliere di vivere liberamente il proprio orientamento sessuale, secondo quanto un individuo sente più affine a se stesso, al proprio sentire.

A questo punto è spontaneo chiedersi: se tale ipotesi riconosce come errore il vivere secondo una natura biologica determinata per l’influenza culturale del passato, chi ci dice che, oggi, la libertà di scelta nell’orientare la propria sessualità (maschile o femminile) non sia anch’essa un errore? Come si giustifica l’ipotesi del gender? Se non poggia su elementi certi di verità, ma solo su dati culturali in base ai quali la biologicità è il frutto di un errore del passato da modificare, si può ritenere, a rigor di logica, che il gender si basi “sul nulla” argomentativo. Anzi, si giustifica soltanto in base alla libera autonomia dell’individuo che ritiene di poter decidere da se stesso cosa è giusto e cosa è sbagliato. Se, poi, come sta avvenendo oggi, sono in molti ad avallare questa ipotesi, allora si può credere che la forza numerica e la proposta di “un’idea innovativa”, riesca a fare tendenza, a creare un pensiero, a persuadere le coscienze, imponendosi nella società come uno dei tanti “fenomeni” alla moda, in un pluralismo eclettico che, ormai, domina a livello mondiale.

Ecco, allora, il vero motivo che giustifica tanta confusione nella società attuale: l’emancipazione dell’uomo da Dio e da qualunque regola morale. Oggi, purtroppo, è l’uomo a ergersi come norma assoluta delle proprie scelte; è sempre lui a dettare le “regole” per gli altri. Ci troviamo davanti a una vera e propria corrente di pensiero che, nell’irenica forma di un “rispetto degli altri”, destabilizza e toglie “peso” a tutta una serie di questioni fondamentali per la sopravvivenza stessa dell’umanità.

Le coscienze più sicure, oggi, sono ancora quelle animate dai valori tradizionali o dalla fede. Al contrario, appaiono in serio pericolo le nuove generazioni, esposte alla propaganda di categorie apparentemente nobili (la libertà, l’uguaglianza, i diritti, la dignità, la famiglia, l’autonomia, ecc.), che, in realtà, nascondono, in modo camuffato, altre intenzioni, celate anche dall’entusiasmo di chi, tramite tali categorie svuotate, vorrebbe raggiungere una vita migliore. Tali parole, private di ogni contenuto veritativo, si rivelano, alla fine, come un tentativo subdolo di bypassare, nelle coscienze, la convinzione che è facile realizzare determinati obiettivi, cambiando in meglio la vita: basta dare libero sfogo alle proprie convinzioni ed evitare qualsiasi tipo di repressione, sia psicologica, sia sociale. Un simile modo di pensare ripete in maniera corriva e superficiale l’idea del “Superuomo” di cui parlava Nietzsche. Il fine è sempre uguale: scrollarsi di dosso qualunque istituzione o norma che possa limitare la propria assoluta autonomia nel pensare e nell’agire. In questa visione, Dio e la sua verità rappresentano un reale disturbo.

Sono davvero numerosi coloro che, pur restando fermi nelle proprie convinzioni, approvano, come moralmente giuste e buone, ipotesi divergenti rispetto ai principi morali e alla fede cristiana. Pertanto, è naturale chiedersi: in un simile qualunquismo, dove tutto e il contrario di tutto viene accolto come “buono”, quante verità assolute e universali sono rimaste ancora valide? Soprattutto, è possibile mettersi in dialogo con una società del genere?

Per rispondere a queste due domande, occorre precisare, prima di tutto, una verità teologica, assoluta e universale, che non può essere ignorata. Dio, nel donare a ognuno la propria realtà sessuale (di uomo o di donna), ha determinato anche per ciascuno un fine unico e irripetibile, un progetto d’amore inscritto, indelebilmente, in ogni persona. La stessa anima possiede caratteri specifici, in base al corpo femminile o al corpo maschile, in cui essa è incarnata; questi caratteri sono voluti da Dio e determinano la profondità dell’essere di una persona, il suo agire, di pensare, il suo modo di vivere. Così nella femminilità o nella mascolinità la natura biologica viene rafforzata anche da altri aspetti che rientrano nel mistero della singola persona, quale essa è stata pensata, amata e voluta da Dio. Pertanto, a nessuno è lecito trasformare la propria sessualità, cambiando in modo arbitrario la verità del proprio essere e del proprio vivere. Se ciò, purtroppo, dovesse avvenire, di sicuro resta la dolorosa consapevolezza di una forzatura, di una violazione fatta alla propria natura, di una frattura tra visibilità esteriore e natura ontologica creata da Dio secondo un modo che l’uomo non potrà mai cambiare, se non nell’apparenza. Non si può, inoltre, dimenticare che pretendere di cambiare la propria natura significa oscurare quel fine specifico che Dio desidera realizzare in ognuno tramite quella vita e non diversamente.

Bisogna aggiungere, poi, che, al di fuori di un’ottica di fede, il dialogo risulta difficile se non, a volte, impossibile, soprattutto quando ci si muove con un punto di vista unicamente razionale, ci si appella a “sofismi” per dimostrare falsi principi morali o, peggio, ci si diletti a ridicolizzare le istituzioni o le agenzie educative, ancorate ai valori della famiglia, pur di affermare il proprio pensiero fuorviante. Le verità conosciute e affermate dalla fede cristiana, sono condivisibili, infatti, solo dentro un’esperienza di fede perché la grazia di Dio modella i pensieri dell’uomo, trasforma i suoi sentimenti, gli dona quegli “occhi della fede” necessari a conoscere ciò che l’uomo non potrebbe mai raggiungere con la sola intelligenza. Non si tratta, come molti pensano, di una visione spiritualista o fideista. Per noi cristiani è la luce dello Spirito Santo a guidare l’uomo, a infondere nel suo cuore la certezza della verità su Dio e sull’uomo, indicandogli il vero cammino morale da vivere per la sua piena realizzazione e la sua felicità eterna.

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Don Alessandro Carioti è sacerdote responsabile per la pastorale vocazionale dell’arcidiocesi di Catanzaro Squillace, professore di teologia sistematica al Seminario regionale, parroco della chiesa Maria Madre della Chiesa di Catanzaro

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Alessandro Carioti

Alessandro Carioti è docente di Teologia dogmatica nell’Istituto di Scienze religiose di Catanzaro

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