Il Sinodo volge alla conclusione che, com’è prevedibile si prospetta come la fase più intensa, con la relatio finale, le propositiones e i “modi”. L’ultima parola, tuttavia, spetterà al Santo Padre. Lo ha ribadito il cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco-Frisinga e presidente della conferenza episcopale tedesca, intervenendo oggi al consueto briefing in Sala Stampa Vaticana.
Sintetizzando i contributi dei circoli minori cui ha preso parte, il porporato ha preso atto di ciò che ancora è radicato nella società: la maggior parte degli uomini e delle donne hanno come aspirazione vivere insieme per sempre e mettere al mondo dei figli.
Ai giovani laici che aspirano a mettere su famiglia, “la Chiesa dice: dobbiamo essere fedeli ai vostri sogni”, ha commentato il cardinale, aggiungendo, tuttavia, che la Chiesa, mantenendo salda la dottrina sul matrimonio, dovrebbe anche dire: “siamo con te anche quando hai fallito”.
La famiglia, ha proseguito l’arcivescovo di Monaco, è “fondamentale per l’evangelizzazione e l’umanizzazione del mondo”, pertanto compito del Sinodo è “aprirsi ai giovani che vogliono sposarsi” e “rafforzare la loro voglia di stare insieme”.
Pur condannando ogni forma di discriminazione in base al sesso, Marx ha quindi ribadito la “preoccupazione” di un gran numero di padri sinodali in merito alla teoria del gender, ovvero all’idea del genere come “un costrutto, un qualcosa che noi possiamo scegliere”, come la negazione della “chiara differenza tra uomo e donna sul piano biologico”, che è anche alla base della concezione cristiana dell’identità maschile e femminile secondo il piano di Dio.
Quanto alla questione della comunione ai divorziati risposati, il cardinale Marx – che ha fame di essere uno dei porporati più ‘aperturisti’ in tal senso – ha spiegato che il circolo di lingua tedesca, coordinato dal cardinale arcivescovo di Vienna, Cristoph Schomborn, ha elaborato una proposta “per andare oltre, per accompagnare il loro percorso e magari arrivare a una riconciliazione con la Chiesa”.
Le situazioni coniugali ‘irregolari’, ha spiegato Marx, potranno essere affrontate secondo la logica del “foro interno”, di ispirazione tomista, con la possibilità di una riammissione, previo colloquio con un padre spirituale.
Quanto alle vere o presunte diatribe tra i padri sinodali, il presidente della Conferenza Episcopale Tedesca ha commentato: “Siamo al Sinodo, non siamo in battaglia”. Ed ha spiegato che l’intento dell’assemblea non è quello di “cambiare la verità”, ma di “cercare una verità più grande, coniugandola con il vissuto delle singole persone”.
Secondo Marx, “dottrina e prassi vanno sempre insieme: il Sinodo non è un Concilio, non elaboriamo documenti magisteriali, ma consigliamo il Papa nelle sue decisioni”.
È poi intervenuto il cardinale arcivescovo di Montevideo, Daniel Fernando Sturla, che, al suo primo Sinodo, ha percepito l’“universalità della Chiesa”, già riscontrata nei capitoli generali dei Salesiani, congregazione di cui il porporato uruguayano fa parte.
Al Sinodo, ha detto il cardinale Sturla, è emerso un “profondo senso di fraternità ed unità” della Chiesa, intorno al successore di Pietro, senza sottovalutare i “pericoli che affliggono la vita della famiglia”.
L’arcivescovo di Montevideo ha quindi ricordato quanto l’Uruguay si presenti come il paese latinoamericano più secolarizzato, avendo legalizzato il divorzio nel 1907, l’aborto nel 1930 e il matrimonio omosessuale nel 2013.
Quanto alle situazioni familiari ‘irregolari’, il porporato ha sottolineato che il verbo chiave della Chiesa è “accompagnare” i più fragili, essere loro “compagni di strada”. La Chiesa, infatti, ha aggiunto, “non è un club di perfetti ma una casa dalle porte aperte”.
Il tema dei divorziati-risposati, ha detto Sturla, è molto sentito in America Latina, dove vi sono “realtà familiari molto complesse”, con “mamme adolescenti” o “molto povere”, com’è tipico “nei quartieri di periferia”.
Ha preso infine la parola, monsignor Eamon Martin, arcivescovo di Armagh e primate d’Irlanda, secondo il quale obiettivo del Sinodo è quello di “trovare sinergie”, costruendo “esperienze di speranza dei vescovi di tutto il mondo, mettendole insieme”.
“Convergere”, ha precisato monsignor Martin, non significa “pensarla tutti allo stesso modo” ma riconoscere il primato del Papa.
“Lo tsunami della secolarizzazione – ha proseguito l’arcivescovo di Armagh – ha travolto sia il senso delle vocazioni che del matrimonio”.
Per rilanciare la “missione delle famiglie” è importante averne una “visione positiva” e pregare molto per questa causa, ha aggiunto il primate irlandese.