Father holding his newborn child

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La famiglia accoglie la vita

Il contributo di Marina Casini al libro “La famiglia accoglie la vita. Nascita  affido e adozione” edito da San Paolo e distribuito da Famiglia Cristiana.

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Riportiamo alcune stralci del capitolo scritto da Marina Casini per il libro “La famiglia accoglie la vita. Nascita  affido e adozione” edito da San Paolo e distribuito da Famiglia Cristiana.

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Le aggressioni contro la vita umana e la famiglia sono divenute sempre più frequenti e sofisticate. Gran parte di esse investe l’area della generatività.

Rispetto alle offese, pur gravissime e diffuse, riguardanti altre fasi della vita umana, quelle che si dispiegano nell’area della generatività presentano una caratteristica peculiare: l’attacco ha come obiettivo quello di cambiare il modo di pensare dei popoli, cioè di cambiare i criteri del giudizio morale e giuridico.

Ad esempio, i telegiornali raccontano e mostrano ogni giorno uccisioni orribili all’interno delle famiglie, assassinii premeditati dalle organizzazioni criminali, inauditi atti di terrorismo in tutto il mondo, ma nessuno afferma che queste azioni sono buone e giuste. Invece, se lo sguardo è rivolto al tempo in cui la vita è generata, è facile osservarela crescente pretesa di affermare l’aborto come“diritto umano fondamentale”,la rivendicazione del “diritto al figlio”, ovvero del “diritto a diventare genitori”, il reclamo dei “diritti della scienza”.

In tutti questi casi, le pretese, le rivendicazioni e i reclami non si fermano di fronte alla morte inflitta ai molti figli in viaggio verso la nascita o appena generati in provetta, né si fermanodavanti alle possibili manipolazioni della genitorialità.

Anzi, si vorrebbe anche la distruzione dell’idea di matrimonio, di famiglia, di maternità e paternità, della dimensione sessuata dell’uomo e della donna.

Talvolta, si ha la sensazione di un assedio invincibile. San Giovanni Paolo II, nell’enciclica Evangelium Vitae, della quale è da poco ricorso il ventennale (25 marzo 1995), ha parlato di una “congiura contro la vita” e di una “guerra dei potenti contro i deboli”.

Come rispondere?

Come più volte è stato detto, non è sufficiente dire dei “no”, ma è necessario proclamare dei “sì”. Sebbene, a volte, lo sconforto e l’amarezza facciano sentire la loro morsa, l’atteggiamento da tenere dovrebbe essere quello dell’avanzata propositiva per costruire una nuova cultura della vita, non quello della resistenza in “trincea” o della ritirata nelle “catacombe”. Non si tratta di fare scudo al passato, ma di edificarel’avveniresu un più alto livello di civiltà e di umanità.

Insomma, occorre superare il male mediante la forza persuasiva del bene.

Perciò, in queste pagine mi propongo non tanto di mostrare il male,mettere in guardia dai pericoli, evidenziare la dannosità di una cultura individualista e utilitarista, esaminare le modalità con cui sta attuandosi la cosìddetta “destrutturazione antropologica”, quanto di cercare di osservare lo splendore di ciò che è vero e giusto riguardo alla vita umana e alla famiglia e la bellezza dell’esistere come figli generati.

Nessuno può esistere se non come figlio. Lo sguardo sulla generatività illumina il valore dell’intera esistenza umana ed è capace di farci scoprire più in profondità il senso della famiglia, del matrimonio, della maternità, della complementarietà sessuale maschile-femminile, della dignità umana. Da questo sguardo è possibile trarre le risorse per rispondere a tutte le attuali aggressioni contro la vita e la famiglia.

Una precisazione importante: mi sono proposta di non parlare a titolo personale, ma di dare voce alle centinaia di migliaia di giovani che nel corso degli anni hanno partecipato all’attività educativa e culturale del Movimento per la Vita italiano, partecipando ad un concorso, chiamato “europeo” che ha sottoposto alla loro meditazione proprio i temi della generatività: sessualità, vita e famiglia, dignità umana.

Mi sono permessa, pertanto, di attingere a piene mani ai documenti che hanno accompagnato dal 1987 ad oggi questa iniziativa – la cui ultima edizione, lanciata per l’anno scolastico 2014-2015 si intitola Essere figli: una sfida, un’avventura. (…)

La dignità

Si potrebbe pensare che le riflessioni contenute nel libro “La famiglia accoglie la vita. Nascita  affido e adozione” scritto insieme a Rosa Rosnati, Raffaella, Iafrate e Marco Giordano, siano astratte e fuori dalla concretezza della realtà in cui viviamo: da una parte, la cultura della banalizzazione del sesso e della reificazione dell’uomo- che San Giovanni Paolo II chiama “della morte” e Papa Francesco “dello scarto” – irridono all’idea di restituire alla famiglia una dimensione alta a partire dalla contemplazione dell’inizio della vita umana;dall’altra, intorno a noi incombono notizie di brutalità e di violenze, il terrore della guerra, una lunga crisi economica, una epocale trasmigrazione di popoli, una povertà sempre più estesa.

Rispetto a questi enormi problemi da risolvere, il tema della vita e della famiglia potrebbero sembrare lontani e distanti dai rischi che oggi l’umanità deve affrontare. Invece non è così. Il tema della generatività si trova nel cuore delle questioni del nostro tempo ed è strettamente connesso a un concetto che contraddistingue il pensiero moderno: dignità umana.

Nonostante i molti tradimenti pratici, essa è riconosciuta in molte Costituzioni degli Stati ein numerosi documenti giuridici solenni come parte essenziale di tutte le strutture portanti del nostro vivere civile. La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea dedica alla dignità umana il primo dei sei capi in cui è suddivisa, ne riconosce l’inviolabilità, afferma che dev’essere rispettata e tutelata, da essa fa derivare il diritto alla vita.

Due sono le caratteristiche principali associate alla dignità: l’inerenza e l’uguaglianza. La prima sta a significare che la dignità è il valore intrinseco,indelebile, dell’esistenza umana, non dunque un elemento accessorio o eventuale che può accompagnare o meno l’esistenza umana; lascia intuire una trascendenza dell’uomo rispetto al resto della natura, una grandezza che lo rende diverso da ogni altro essere vivente.

La seconda, che la dignità è la ragione dell’uguaglianza tra tutti gli esseri umani: essa è presente con la stessa forza e la stessa intensità in ogni vita umana, senza variazioni e graduazioni. Di qui alcuni importanti corollari che sono parte integrante della moderna idea dei diritti umani, inaugurata con la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (10 dicembre 1948):il diritto alla vita è la prima espressione della dignità umana;ogni essere umano è sempre persona, soggetto, fine e non è dato ipotizzare una entità intermedia tra l’uomo e le cose, tra i soggetti e gli oggetti(altrimenti sarebbe infranto il principio di uguaglianza);il principio di solidarietà verso i più indifesi e quello di precauzione (nel dubbio si riconosce l’inerente e uguale dignità umana con i conseguenti diritti fondamentali).

Non a caso, a proposito della dottrina dei diritti umani si è parlato di “religione civile” fondata sul “principio di venerazione” per ogni singolo essere umano. C’è in questo una “scommessa laica” sul senso positivo di ogni vita umana che riguarda anche nelle forme più emblematicamente ultime del vivere umano, quale è quella dell’inizio della vita, ma anche quella della prossimità alla morte, della malattia e della disabilità.   

Eppure, a livello planetario, si sta consumando nel campo della generatività il più grande sovvertimento dei diritti dell’uomo, divenuti – nell’estrema “periferia” dell’inizio della vita umana – moltiplicatori della “cultura dello scarto” in nome dei pretesi “nuovi diritti
civili” che non sono altro che una minaccia frontale a tutta l’autentica cultura dei diritti umani. Perché? Perché si è smarrito il titolare dei diritti umani, il portatore dell’inerente e uguale dignità dell’esistenza umana: chi è, come si definisce l’uomo? Il porsi della generatività come riflessione sull’“esperienza limite” porta alla tentazione di dimenticare il “mistero dell’essere” non racchiudibile in quantità misurabili e rilevabili sperimentalmente.

Ma è anche una grande occasione per riscoprire e approfondire la portata e il significato più autentico dei diritti umani.Il tema della generatività dunque sottopone a radicale verifica l’autenticità della moderna dottrina dei diritti umani proprio nel suo fondamento, perché l’umanità che si incontra in questo campo è quella strutturalmente più fragile e complessivamente più povera.

Il giudizio di valore può apprezzare soltanto la “nuda umanità” e non altro. Perciò, affermando o negando che l’appena generato è “uno di noi”, si riconosce o si nega l’uomo tutto intero, in qualsiasi altro momento della sua esistenza, e si consolida o si sgretola la moderna idea dei diritti umani che, appunto, presuppongono l’“uomo” e si fondano sul riconoscimento dell’inerente e uguale dignità di ogni essere appartenente alla famiglia umana.Perciò, l’unico pensiero che salva l’uguaglianza e i diritti dell’uomo è quello che esige come unico presupposto della dignità la “nuda umanità”.

“Quel che è chiaro – ha scritto Adam Hasletts u Il Sole 24Ore del 20 giugno 2010– è che la nostra idea contemporanea di universalità in materia di diritti umani si è espansa a comprendere tutte le razze e le etnie ed entrambi i generi. La categoria di quanti riteniamo meritevoli di protezione coincide con l’intera specie. Non escludiamo le persone affette da handicap mentali per il loro difetto di capacità razionali o i rifugiati perché non hanno cittadinanza. Il requisito è diventato di natura essenzialmente biologica”.

L’affermazione per cui la biologia non basta a definire l’uomo è ad un tempo vera e falsa. È vera perché la biologia può solo descrivere i processi della generazione, ma non può darne un giudizio di valore, ma è falsa perché il pensiero umano, che fa riferimento al principio di eguaglianza, non può che appoggiarsi al dato biologico per riconoscere l’uomo.

E allora, perché il generato non dovrebbe essere coperto anch’egli dal principio di eguaglianza e considerato “uno di noi”? È evidente che lo sguardo della scienza è un primo passo. Occorre anche lo sguardo della mente e del cuore che sa riconoscere il capolavoro della creazione – l’essere umano, appunto – anche quando attraversando le fasi di massima povertà e di massima fragilità è un tutto concentrato e non ha nulla. Non è proprio questo sguardo che permette di riconoscere l’inerente e uguale dignità di ogni essere umano su cui si fonda la moderna cultura dei diritti dell’uomo?

In definitiva il pensiero giuridico moderno non può accettare, in base al principio di eguaglianza, altro criterio di umanità che quello risultante dalla biologia: ogni individuo vivente appartenente alla specie umana è uomo e dunque persona.

In tale contesto la questione della generatività appare tutt’altro che periferica e marginale.

Per questo, la riflessione sulla generatività umana contiene energie straordinarie per capire in base a che cosa possiamo definire l’uomo e dare un fondamento solido ai diritti umani. È proprio vero che di fronte al figlio generato nel calore grembo materno o nel gelo di una provetta l’idea dei diritti umani è chiamata ad accettare la sfida e a trovare la sua solida e definitiva base.

Riconoscendo “uno di noi” in ogni figlio, concepito che sia naturalmente o in provetta, si accumulano risorse intellettuali e morali per rinnovare l’intera società in una logica di solidarietà, di eguaglianza e di giustizia sociale. Insomma, l’accettazione della grandezza misteriosa di ogni uomo non può non riverberarsi sul riconoscimento della sua grandezza anche nel momento della sua origine. E lo stupore di chi riconosce l’uomo nell’apparentemente più insignificante degli uomini non può che aiutare a interpretare con occhi nuovi l’intera società e a operare con maggior lena per rendere il futuro più adeguato alla dignità umana di tutti e di ciascuno.

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ZENIT Staff

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