Non si stanca il patriarca di Babilonia dei Caldei, Louis Raphael Sako I, di rinnovare il suo accorato appello ai governi internazionali ad attivarsi per trovare soluzioni efficaci che permettano alle famiglie sofferenti del Medio Oriente di poter tornare nelle proprie case e non essere inghiottite nella spirale di odio e violenza, né essere dimenticate dal mondo.
ZENIT ha incontrato l’arcivescovo di Baghdad a margine della conferenza promossa da Aiuto alla Chiesa che Soffre, dal titolo “Perseguitati e Dimenticati. Rapporto sui Cristiani oppressi in ragione della loro fede tra il 2013 e il 2015”, che si è svolta lo scorso martedì 13 ottobre presso la sede dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro. Il patriarca iracheno ci ha raccontato la situazione che vive la sua gente, specie le comunità cristiane costrette a fuggire dalle proprie terre, e di come l’Isis abbia devastato proprio queste terre dove il cristianesimo nacque. Di seguito l’intervista.
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Potrebbe raccontarci cosa vive oggi la popolazione in Iraq e di cosa ha bisogno?
L’aiuto che il popolo iracheno necessita oggi è molteplice: alloggi, scuole, cibo, ma anche attende che qualcuno liberi le loro case e che gli permetta di fare ritorno.
Cosa consiglia perché la sua gente possa mantenere alto lo spirito e il morale in un momento così difficile?
<p>Hanno bisogno di segni di speranza dai loro fratelli e sorelle in Occidente, per sentire che non sono isolati o dimenticati. Questo è davvero importante…
Lei sente questo tipo di ‘sensibilità’ da parte dei suoi fratelli in questi giorni di Sinodo?
Sì, assolutamente. Ho lanciato loro un appello, supplicandoli di fare qualcosa per queste persone e premere sui loro governi affinché trovino risoluzioni. In particolare, faccio appello per la liberazione dei villaggi. Questa è la priorità.
Quale speranza porta via dopo questa conferenza di ACS dedicata ai “perseguitati e dimenticati”?
Penso che la solidarietà sia davvero importante. Apparteniamo alla stessa umanità. Siamo tutti fratelli e sorelle. Ci sono differenze, ma quelle non sono importanti. Profondamente, noi apparteniamo alla stessa società, non importa chi siamo, da dove veniamo, siamo tutti parte della stessa umanità.
Cosa può dirci, invece, del Sinodo dei vescovi sulla famiglia in corso e, in particolare, quale pensa che sia la maggior sfida che le famiglie devono affrontare?
La Chiesa è una madre, e noi dobbiamo vivere la misericordia di Dio, nella via di Gesù Cristo. Stiamo cercando fuori le persone. Non dobbiamo eliminarle perché hanno fallito, ma ascoltarle e aiutarle verso la ricerca di soluzioni e capirle.