Joyful youth

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Il “Vademecum dei giovani” di mons. Lorenzo Leuzzi

Pubblicate in un libro le lettere episcopali del delegato per la Pastorale Universitaria

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“Se pensi, potrai essere credente; se non pensi, non sarai mai credente”. Con queste parole di mons. Lorenzo Leuzzi si è concluso l’evento di presentazione del libro Perché credo (sottotitolo: Vademecum dei giovani per l’Anno della Misericordia), che lo stesso Leuzzi, vescovo ausiliare della diocesi di Roma, ha dedicato ai giovani studenti come viatico per il cammino giubilare.

Potrà sembrare strano descrivere un evento partendo dall’atto finale, ma ci sembra che queste parole di mons. Leuzzi riassumano bene il senso dell’incontro, svoltosi il 15 ottobre a Roma nella suggestiva cornice della Biblioteca Angelica: parole esplicative dell’identità del piccolo ma prezioso volume, edito dalla Libreria Editrice Vaticana, dove Leuzzi, nella sua qualità di delegato per la Pastorale Universitaria, si rivolge ai giovani in modo piano, diretto, comunicando il significato della misericordia non in astratto ma incardinato nel tessuto vivo dell’esistenza. Quell’esistenza alla quale i giovani devono affacciarsi con responsabilità e impegno, sostenuti dal dono della fede.

Il termine “identità” è stato quello più evidenziato dai relatori partecipanti all’evento: da Barbara Carfagna, giornalista del TG1, che ha posto l’accento sul “grande insegnamento identitario del libro” in un’epoca in cui l’uso dei media elettronici rischia di esaltare il ruolo dell’apparenza, alle giovani parlamentari Annagrazia Calabria e Anna Ascani, che hanno rispettivamente sottolineato “l’identità dell’uomo quale interlocutore privilegiato di Dio” e il “ruolo dei cattolici prestati al servizio della persona”.

Perché credo raccoglie una serie di lettere scritte da mons. Leuzzi nell’esercizio del suo ruolo pastorale: “Cari giovani – scrive nella prefazione – sono passati tre anni dalla mia ordinazione episcopale. Non molti. Tuttavia il Signore mi ha concesso un grande dono: quello di portare a compimento un impegno che avevo preso a Lourdes davanti ai giovani universitari partecipanti al pellegrinaggio, di rivolgere loro una mia lettera ogni mese. Nelle lettere c’è un solo filo conduttore: quello di comunicare il grande dono di essere cristiano cattolico”.

Un filo conduttore che è stato approfondito nel corso dell’incontro presso la Biblioteca Angelica, che ha avuto il merito di offrire, ad un pubblico numeroso ed attento, una serie di testimonianze diverse quanto a percorsi di vita, ma convergenti per la sensibile attenzione al messaggio cattolico. 

Dopo il saluto introduttivo di Pierangelo Fabiano, presidente di Agol (Associazione Giovani Opinion Leader), ha preso la parola Paolo Messa, componente del CdA Rai, che ha definito il libro una “grandissima testimonianza d’amore, valida non solo per il mondo cattolico, ma anche per il mondo laico”. Messa, nel suo ruolo di coordinatore dell’evento, ha poi dato la parola ai relatori presenti, tra i quali Giovanni Lo Storto, direttore generale dell’Università LUISS “Guido Carli”, che ha tracciato un’accurata disamina dei contenuti del libro individuando alcune interessanti “traiettorie”, illustrate con il supporto di citazioni tratte dal testo.

Scrive mons. Leuzzi nella prefazione: “Per Dio non è sufficiente essere buoni e benevoli. Dio ci vuole collaboratori! Ci ha creati così! Ci vuole così!”. Quello di Leuzzi è un modo molto piano di rapportarsi agli studenti, ha commentato il direttore della LUISS, rifacendosi anche alla sua personale esperienza: “Avere a che fare con i ragazzi comunica una ricchezza impagabile. Leuzzi offre agli studenti una serie di spunti affinché imparino a crearsi da soli: persone che prendono in mano il loro futuro e lo costruiscono giorno per giorno”. 

A proposito del ruolo attivo che occorre comunicare agli studenti, sia in senso esistenziale che religioso, Giovanni Lo Storto ha poi citato la lettera Muratori di Cristo per progettare la civiltà dell’amore (novembre 2012): “Non c’è opera più grande da compiere nella vita che quella di riparare! – scrive il vescovo ausiliare, ricordando San Francesco al quale il Crocifisso aveva chiesto di riparare la chiesa in rovina – Bisogna essere muratori! La gioia di essere muratori che riparano la propria esistenza, la propria casa, i luoghi della vita sociale. Nel mondo ci sono molti progettisti ma pochi muratori. Francesco, accogliendo l’invito del Crocifisso, ci ricorda che è meglio essere muratori che sanno progettare piuttosto che progettisti che non sanno costruire”.

In queste parole Giovanni Lo Storto individua un’altra “traiettoria” significativa del libro di Leuzzi: il richiamo all’umiltà quale fondamento di un percorso di vita costruttivo, in senso religioso, sociale ed umano. Un segnale che il direttore della LUISS rileva anche in un altro passaggio del libro: nella lettera del giugno 2015 intitolata Fidati di quel Dio che al fiume Giordano si è messo in coda.

“Tra gli episodi più belli che conservo nel cuore della vita di Gesù – scrive Leuzzi in questa lettera che chiude il volume – c’è il suo battesimo al fiume Giordano. Là dove Giovanni Battista battezzava, Gesù si accoda ai penitenti e riceve il Battesimo. (…) Sì, tante volte bisogna mettersi in coda, perché questo ci consente di comprendere la realtà e accogliere la presenza di Dio che, mettendosi in coda, vuole farci capire il senso della vita. Chi non sa mettersi in coda è fuori della storia!”.

Un richiamo all’umiltà – ha osservato Lo Storto, a conclusione del suo intervento – che si ritrova anche in una lettera del giugno 2014, intitolata Non far fare brutta figura a Gesù, dove Leuzzi cita le parole di Papa Francesco: “il cristiano è tale quando la sua vita è decentrata, ossia il centro della sua esistenza non è lui ma Gesù”.

Ha preso infine la parola mons. Lorenzo Leuzzi, che ha ringraziato i relatori ed il pubblico per l’attenzione dedicata al suo libro: “È un testo per gli amici, molto fraterno – ha detto ‘don Enzo’ (come il vescovo veniva affettuosamente chiamato da molti dei presenti) – che coincide, tra l’altro, con i miei sessant’anni di età. Oggi è giunto il momento di essere cristiani seri, questa è la grande sfida. Le cose non vanno bene. Il terreno ci sta sprofondando sotto i piedi. Servono persone che offrano un servizio disinteressato: i giovani devono imparare ad essere uomini e donne capaci di assumere responsabilità. Oggi c’è una scarsa attenzione verso il mondo intellettuale. Una società che rinuncia alla formazione intellettuale del popolo è una società destinata a morire. Il cristiano è l’unica persona che può avere il senso dello spazio e del tempo. In una società globalizzata, il cristianesimo è l’unica possibilità di essere se stessi…”.

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Massimo Nardi

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