L'abbraccio del Papa ai "trentatrè": i minatori cileni rimasti 70 giorni sotto terra

La vicenda dei lavoratori è ora la trama di un film “The 33”. In piazza San Pietro anche 40 rifugiati siriani e iracheni

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“Saluto in modo speciale i 33 minatori cileni che erano rimasti intrappolati nelle viscere della terra per 70 giorni, io credo che qualcuno di loro potrebbe venire qui e dirci cosa significa la speranza. Grazie per la speranza in Dio”. Con queste parole Papa Francesco, oggi, al termine dell’Udienza generale, ha accolto i minatori sopravvissuti, il 5 agosto 2010, al crollo della galleria di San José dove stavano lavorando per estrarre oro e rame, a settecento metri di profondità.

“L’incontro con il Papa è il culmine del nostro pellegrinaggio per ringraziare il Dio della vita e testimoniare la forza della speranza”, dicono gli stessi lavoratori – ormai noti in Cile come “i trentatrè” – a L’Osservatore Romano. La loro vicenda, che tenne il mondo con il fiato sospeso fino al 13 ottobre, giorno in cui riuscirono “a tornare alla vita, grazie a una complessa e audace operazione di recupero”, è ora divenuta la trama di un film, dal titolo appunto The 33.

Ad accompagnarli in questo “pellegrinaggio di riscatto” c’erano il vescovo di Copiacó, monsignor Celestino Aós Braco, con l’emerito Gaspar Quintana Jorquera. Tra i doni al Papa non sono mancati i due simboli spirituali dei sopravvissuti: le immagini della Madonna de la Candelaria e di san Lorenzo, patroni dei minatori. Inoltre per presentare al Papa una vicenda che, dicono, “ci sta togliendo la dignità”, hanno preso parte all’udienza i rappresentati dei comitati che raccolgono i lavoratori esodati. 

Nei prossimi giorni – informa poi il quotidiano vaticano – sulle tavole delle mense per i poveri di Roma, e non solo, ci saranno pasta e patate a volontà: a donare al Papa questi alimenti sono stati l’associazione italiane delle industrie dei dolci e della pasta, nell’ambito delle iniziative dell’Expo con tanto di laboratorio da aprire nel carcere minorile di Casal di Marmo, e il consorzio cooperativo ortofrutticolo Alto Viterbese.

“Gli agricoltori di Grotte di Castro, San Lorenzo Nuovo, Onano, Latera, Acquapendente e Gradoli hanno voluto donare al Papa venti quintali di patate proprio come segno di vicinanza ai più poveri”, spiega don Tancredi Muccioli, parroco di Grotte di Castro. Accanto a loro, anche ottanta volontari dell’Opera Sant’Antonio Mensa dei poveri di Rimini.

In piazza San Pietro erano presenti pure 40 rifugiati siriani e iracheni che ora vivono in Belgio e in Germania, accompagnati dal missionario redentorista italo-libanese padre Fadi Sotgiu Rahi. Monsignor György Benyik, parroco di Szeged, in Ungheria, poi, ha consegnato al Pontefice la copia della Bibbia scritta a mano da oltre 5mila magiari. Il progetto, avviato a gennaio, ha avuto una connotazione ecumenica e ha visto la partecipazione di uomini di cultura, sportivi, insegnanti, studenti ma anche detenuti e rappresentanti delle forze dell’ordine.

Tra i presenti in piazza San Pietro anche il francescano vietnamita padre Francis Ly, parroco di San Francesco d’Assisi a Maida Vale, nell’arcidiocesi di Perth, che al Papa ha raccontato la sua storia: nel 1982 giunse in Australia come profugo, un vero e proprio boat people. Dall’Argentina, poi, un dono particolare per Francesco: la tessera di «miembro honorífico y matriculado vitalicio» del Consejo profesional de química della provincia di Buenos Aires, “in ragione dei suoi studi giovanili”, come spiega il presidente Eduardo Abel Jaruf. In una targa, inoltre, è stato ripercorso l’iter scolastico di Jorge Mario Bergoglio nella Escuela tecnica n. 27 Hipolito Yrigoyen de Monte Castro, a Buenos Aires, concluso con il conseguimento del titolo di “técnico químico”.

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ZENIT Staff

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