"Laudato si'"

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Virtù ecologiche e virtù estetiche

Riflessioni sull’enciclica Laudato si’

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Nella Enciclica Laudato si[1] appaiono numerose ricorrenze dei termini legati a etica e morale. Si tratta infatti di un testo dal profondo tenore morale. Per esempio, la parola “morale” (declinata) ricorre undici volte, la parola “etica” (declinata) diciannove volte. Il risvolto morale del relativismo conoscitivo appare impostato in modo molto efficace: «Se non ci sono verità oggettive né principi stabili, al di fuori della soddisfazione delle proprie aspirazioni e delle necessità immediate, che limiti possono avere la tratta degli esseri umani, la criminalità organizzata, il narcotraffico, il commercio di diamanti insanguinati e di pelli di animali in via di estinzione? Non è la stessa logica relativista quella che giustifica l’acquisto di organi dei poveri allo scopo di venderli o di utilizzarli per la sperimentazione, o lo scarto di bambini perché non rispondono al desiderio dei loro genitori? É la stessa logica “usa e getta” che produce tanti rifiuti solo per il desiderio disordinato di consumare più di quello di cui realmente si ha bisogno. E allora non possiamo pensare che i programmi politici o la forza della legge basteranno ad evitare i comportamenti che colpiscono l’ambiente, perché quando è la cultura che si corrompe e non si riconosce più alcuna verità oggettiva o principi universalmente validi, le leggi verranno intese solo come imposizioni arbitrarie e come ostacoli da evitare» (n. 123). Senza “verità oggettive” o “principi universalmente validi” non è possibile impostare alcun discorso etico. L’ecologia non può fondarsi sul relativismo teoretico, necessita invece di un fondamento morale solido.

In questo contesto di etica ecologica, si inserisce l’interessante fondazione delle “virtù ecologiche”[2] che Papa Francesco cita dal documento della Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile del 1992[3]: «I Vescovi del Brasile hanno messo in rilievo che tutta la natura, oltre a manifestare Dio, è luogo della sua presenza. In ogni creatura abita il suo Spirito vivificante che ci chiama a una relazione con Lui. La scoperta di questa presenza stimola in noi lo sviluppo delle “virtù ecologiche”» (n. 88). La fondazione di queste virtù è di ampio respiro metafisico e teologico: insieme alla presenza di Dio nella natura, papa Francesco ricorda «che esiste anche una distanza infinita, che le cose di questo mondo non possiedono la pienezza di Dio» (n. 88). Questo sfondo ontologico, intessuto di analogia e partecipazione,  motiva una corretta attenzione etica ecologica, in una straordinaria vitalità del pensiero.

L’importanza della educazione delle virtù viene proposta in altri luoghi dell’Enciclica: «Solamente partendo dal coltivare solide virtù è possibile la donazione di sé in un impegno ecologico (n. 211). Solo la coltivazione delle virtù rende possibile la donazione di sé nella quale è parte integrante l’impegno ecologico: «Vivere la vocazione di essere custodi dell’opera di Dio è parte essenziale di un’esistenza virtuosa, non costituisce qualcosa di opzionale e nemmeno un aspetto secondario dell’esperienza cristiana» (n. 217).

La coltivazione integrale della persona rende possibile una ecologia integrale. La crisi ecologica ha infatti radici umane (nn. 101-116). Lo sviluppo tecnologico ha aspetti positivi ma manca della coscienza del limite: «Ogni epoca tende a sviluppare una scarsa autocoscienza dei propri limiti» (n. 105). La libertà dell’uomo si ammala quando «si consegna alle forze cieche dell’inconscio, dei bisogni immediati, dell’egoismo, della violenza brutale» (n. 105), e ciò che manca è «un’etica adeguatamente solida, una cultura e una spiritualità che realmente gli diano un limite e lo contengano entro un lucido dominio di sé» (n. 105).

Dunque, la questione ecologica richiede la coltivazione delle virtù, il dominio di sé, la vita virtuosa: su questa base appare possibile delineare delle virtù peculiarmente ecologiche. Si tratta di virtù imperniate sul rispetto del bene comune (nn. 23, 93-95), strutturali per un amore civile e politico (nn. 228-232), che permettano la costruzione di un “altro stile di vita” (nn. 203-208). Al centro di questo gruppo speciale di virtù, ci sono sobrietà ed umiltà (n. 224)

In questa impostazione così solida e vigorosa, mi sembra sia veramente rilevante il ruolo attribuito  alla cultura, nell’insieme “etica, cultura e spiritualità” (cfr. n. 105); in questo contesto si comprende ancora meglio il valore edificante della bellezza: «Prestare attenzione alla bellezza e amarla ci aiuta ad uscire dal pragmatismo utilitaristico. Quando non si impara a fermarsi ad ammirare ed apprezzare il bello, non è strano che ogni cosa si trasformi in oggetto di uso e abuso senza scrupoli» (n. 215).

Inoltre, mi sembra sia possibile e fecondo istituire una sorta di analogia tra il rapporto ecologia-etica e quello estetica-etica.

Sia l’ecologia che l’estetica hanno una necessaria fondazione nella vita virtuosa, devono rispondere a un ordine scritto nelle cose e nel cuore delle persone. Dunque, come si delinea l’orizzonte delle “virtù ecologiche”, così si può delineare anche un orizzonte di “virtù estetiche”.

Questa analogia viene non affermata ma suggerita dall’Enciclica nel paragone tra la creatività umana e lo sviluppo scientifico e tecnologico: «Non è possibile frenare la creatività umana. Se non si può proibire a un artista di esprimere la sua capacità creativa, neppure si possono ostacolare coloro che possiedono doni speciali per lo sviluppo scientifico e tecnologico, le cui capacità sono state donate da Dio per il servizio degli altri. Nello stesso tempo, non si può fare a meno di riconsiderare gli obiettivi, gli effetti, il contesto e i limiti etici di tale attività umana che è una forma di potere con grandi rischi» (n. 131). Dunque, come lo sviluppo tecnologico deve godere della stessa libertà della creatività artistica, così la creatività artistica deve rispettare i limiti etici al pari del progresso tecnologico.

Sebbene le “virtù estetiche” non siano il tema dell’Enciclica, proprio in essa è possibile trovare elementi per lo sviluppo della tematica. Le virtù estetiche dovrebbero delinearsi innanzitutto nei termini di quella attenzione all’ordine naturale che è propria di ogni atteggiamento autenticamente etico: «riconoscere che Dio ha creato il mondo inscrivendo in esso un ordine e un dinamismo che l’essere umano non ha il diritto di ignorare» (n. 221).

Questo si declina in modo specifico nell’ambito artistico, e in modo speciale in ambito architettonico e urbanistico, nella relazione tra la bellezza del progetto e la bellezza dell’ordine, delle relazioni, dell’armonia oggettiva di persone e ambiente: «Data l’interrelazione tra gli spazi urbani e il comportamento umano, coloro che progettano edifici, quartieri, spazi pubblici e città, hanno bisogno del contributo di diverse discipline che permettano di comprendere i processi, il simbolismo e i comportamenti delle persone. Non basta la ricerca della bellezza nel progetto, perché ha ancora più valore servire un altro tipo di bellezza: la qualità della vita delle persone, la loro armonia con l’ambiente, l’incontro e l’aiuto reciproco. Anche per questo è tanto importante che il punto di vista degli abitanti del luogo contribuisca sempre all’analisi della pianificazione urbanistica» (n. 150).

La ricerca dell’armonia tra il progetto e l’ambiente, tra le esigenze della creatività e le esigenza della fruibilità, l’attenzione a una qualità propriamente umana, sono la grammatica fondamentale delle “virtù estetiche”: «In tal modo, nel desiderio di bellezza dell’artefice e in chi quella bellezza contempla si compie il salto verso una certa pienezza propriamente umana» (n. 103).

T
ra le virtù estetiche credo rientri a pieno titolo l’umiltà. L’artista deve essere umile, nella coscienza di non essere il Creatore, nella consapevolezza dei propri limiti, nel rispetto dell’armonia universale.

Credo che l’incisiva espressione usata da papa Francesco «Noi non siamo Dio. La terra ci precede e ci è stata data» (n. 67), potrebbe essere la prima presa di coscienza dell’artista. Da questa consapevolezza deriva il rispetto di un ordine oggettivo che deve proporsi come normativo anche per l’artista, secondo  quanto chiaramente espresso nel n. 6 della Inter Mirifica, citato dal n. 167 della Evangelii Gaudium.

Nella Laudato si’ si offre una prospettiva universale: «Questa responsabilità di fronte a una terra che è di Dio, implica che l’essere umano, dotato di intelligenza, rispetti le leggi della natura e i delicati equilibri tra gli esseri di questo mondo» (n. 68). Nessuno è escluso da questo rispetto, che è un dovere per l’uomo proprio in virtù della sua specifica intelligenza: «proprio per la sua dignità unica e per essere dotato di intelligenza, l’essere umano è chiamato a rispettare il creato con le sue leggi interne» (n. 69), tutti sono chiamati a «la riscoperta e il rispetto dei ritmi inscritti nella natura dalla mano del Creatore» (n. 71).

In questa prospettiva, sobrietà e umiltà si mostrano nella loro imprescindibilità: « La sobrietà e l’umiltà non hanno goduto nell’ultimo secolo di una positiva considerazione. Quando però si indebolisce in modo generalizzato l’esercizio di qualche virtù nella vita personale e sociale, ciò finisce col provocare molteplici squilibri, anche ambientali. Per questo non basta più parlare solo dell’integrità degli ecosistemi. Bisogna avere il coraggio di parlare dell’integrità della vita umana, della necessità di promuovere e di coniugare tutti i grandi valori. La scomparsa dell’umiltà, in un essere umano eccessivamente entusiasmato dalla possibilità di dominare tutto senza alcun limite, può solo finire col nuocere alla società e all’ambiente. Non è facile maturare questa sana umiltà e una felice sobrietà se diventiamo autonomi, se escludiamo dalla nostra vita Dio e il nostro io ne occupa il posto, se crediamo che sia la nostra soggettività a determinare ciò che è bene e ciò che è male» (n. 224).

Molte teorie estetiche contemporanee, a partire dalle Avanguardie novecentesche, si fondano invece su una concezione superomistica e atea, secondo la quale l’uomo in virtù della sua creatività artistica può considerarsi creatore in senso assoluto, arbitro del bello e del brutto, del bene e del male. L’io al posto di Dio è inaccettabile anche nelle teorie estetiche e artistiche; in tali teorie gli effetti immediati sono la perdita del contatto con il passato e con la tradizione, e una distanza oppositiva nei confronti della natura, deformata, ripudiata, rifatta.

La soggettività dell’artista dovrebbe invece porsi umilmente e sobriamente al servizio dell’armonia universale e di un bene pienamente umano.

Rodolfo Papa è presidente dell’Accademia Urbana delle Arti

Sito internet: www.rodolfopapa.it

Blog: http://rodolfopapa.blogspot.com

E-mail: rodolfo_papa@infinito.it

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NOTE

[1] Cfr. R. Papa, Papa Francesco e la missione dell’arte, prefazione del card. Sarah e introduzione del card. Canizares Cantagalli, Siena 2015 (in corso di pubblicazione).

[2] Medard Kehl  delinea le “virtù ecologiche” nei termini di gratitudine, responsabilità, tranquillità; cfr.  M. Kehl, «Fede nella creazione ed etica ecologica», in Id., «E Dio vide che era cosa buona». Una teologia della creazione, Queriniana, Brescia 2009.

[3] Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile, A Igreja e a questão ecológica, 1992, n. 61.

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Rodolfo Papa

Rodolfo Papa è presidente dell'Accademia Urbana delle Arti / Sito internet: www.rodolfopapa.it ; Blog:http://rodolfopapa.blogspot.com ; e.mail: rodolfo_papa@infinito.it .

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