Il tema dell’immagine ci rimanda al racconto della creazione dell’uomo: “Dio disse: Facciamo l’uomo ‘secondo’ la nostra immagine, come la nostra somiglianza” (Gen 1,26). È bene evidenziare che la versione originale di questo brano (in ebraico: Bücalmëºnû) e la sua corrispondente versione greca (kat’eikona), attesta che l’uomo è “secondo l’immagine” e non ‘ad immagine’ di Dio. Questo per indicare l’aderenza dell’uomo (in senso metaforico egli ne è la copia) al suo modello (che è Dio). Pertanto, stando al testo, l’uomo è secondo l’immagine di Dio, mentre solo Gesù è l’immagine di Dio (eikón – Col 1,15).
Per approfondire ulteriormente questa idea è importante richiamare due brani biblici. Il primo è tratto dal vangelo: “Chi vede me vede il Padre” (Gv 12,45). ‘Dietro’ l’umanità di Gesù c’è la rivelazione del volto “misterioso” del Padre. Leggendo i Vangeli, ci si rende conto che l’intera vita di Gesù è la piena manifestazione del volto del Padre, cioè l’amore sconfinato di Dio per l’uomo: nelle sue azioni, nei suoi insegnamenti, nella fermezza della sua verità, in ogni suo aspetto, egli ha rivelato uno stile di vita, una santità cui ispirarsi, le ragioni di fede che spingono l’uomo a costruire la sua esistenza sulla roccia della sua Parola.
Il secondo brano è tratto della lettera ai Colossesi: “Egli è immagine del Dio invisibile, primogenito di tutta la creazione, perché in lui furono create tutte le cose nei cieli e sulla terra” (Col 1,15-16a). Anche queste parole rivelano che la vita di Gesù svela all’uomo la vera immagine di Dio. Poiché Dio non poteva rappresentare se stesso nella sua eterna infinità spirituale, ha voluto farsi contemplare nell’immagine del Figlio fatto uomo. In lui l’immagine diviene “rivelazione” del Padre perché “in lui abita corporalmente tutta la pienezza della divinità” (Col 2,9).
Questo ci porta a considerare una verità di somma importanza: Gesù è il Verbo eterno incarnato e l’immagine vera di Dio; egli dunque è il modello antropologico, la piena rivelazione di Dio, la verità unica e definitiva di ogni uomo, a qualunque cultura o religione egli appartenga. Gesù non è una verità generica, ma la Via, la Verità e la Vita e, solo in lui, ogni uomo realizza pienamente se stesso in quanto ‘uomo’. La cultura contemporanea, avvolta dalla nebbia del relativismo, si agita nel tentativo di deassolutizzare Cristo e la sua verità, collocando la sua divina persona sullo stesso piano dell’uomo. Questo modo diffuso di pensare, ha come sua conseguenza, la negazione di altre verità: su Dio, sulla Chiesa e inevitabilmente sull’uomo. La questione teologica diventa anche questione antropologica; il problema cristologico diviene problema ecclesiologico, perché si nega alla Chiesa il riconoscimento del suo mandato divino e il suo ruolo salvifico e universale. La Chiesa, nel rispetto della libertà, ha il compito di annunciare, a tutti gli uomini, Gesù Cristo pienezza della rivelazione, invitandoli all’accoglienza della sua verità, all’adesione alla fede della Chiesa, al Battesimo e agli altri sacramenti.
C’è ancora un aspetto importante che bisogna però chiarire. Con il sacramento del battesimo si diventa cristiani; ma diventare cristiani non è sinonimo di vivere da cristiani. Perciò, essere divenuti figli di Dio per sacramento, non significa che si sta realmente camminando da figli di Dio. Manifestare l’immagine di Cristo con la propria vita richiede degli impegni derivanti da un solido cammino di fede: la crescita in grazia, una grande carità, la costante preghiera, la conoscenza dottrinale, una vita sacramentale regolare, l’aiuto di una guida spirituale. È nel tempo che questa “fisionomia” di Cristo si delinea gradualmente e in modo completo.
Il cammino cristiano per essere autentico non può mai ritenere insignificante la formazione sulla Parola di Dio. La Chiesa ha sempre sollecitato tutti ad avere una conoscenza alta della Sacra Scrittura e lo ricorda ancora con le parole di san Girolamo: “L’ignoranza delle Scritture, infatti, è ignoranza di Cristo”. In particolare il vangelo deve essere quotidianamente letto, riflettuto, affinché la fede progredisca nella costante frequentazione e contemplazione di Gesù. Leggere il vangelo con fede diviene come un camminare con lui, pensare e vivere come lui. Se Gesù ha affermato: “Chi vede me vede il Padre”, il cristiano, oggi, dovrebbe similmente attestare: “Chi vede me vede Cristo”. Questa aspirazione deve accendere la speranza che solo il vangelo può ‘trasfigurare’ la nostra esistenza, spesso limitata e fragile, in “vangelo vivo”, rendendoci capaci di vivere gli stessi sentimenti di Cristo Gesù.
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Don Alessandro Carioti è sacerdote Responsabile per la pastorale vocazionale dell’arcidiocesi di Catanzaro Squillace, professore di teologia sistematica al Seminario regionale, parroco della chiesa “Maria Madre della Chiesa” di Catanzaro