Ricevendo stamattina in udienza in Aula Paolo VI, i partecipanti all’incontro nazionale della Fondazione Banco Alimentare, papa Francesco ha riconosciuto in questa istituzione un prezioso alleato nella sua battaglia contro la povertà e contro la cultura dello scarto.
Nei suoi 25 anni di attività, il Banco Alimentare si è contraddistinto come una significativa “rete della carità”, impegnata in particolare nel “contrastare lo spreco di cibo”, recuperandolo e distribuendolo “alle famiglie in difficoltà e alle persone indigenti”.
Incoraggiando i presenti a proseguire nella loro opera, il Santo Padre ha dichiarato: “La fame oggi ha assunto le dimensioni di un vero ‘scandalo’ che minaccia la vita e la dignità di tante persone, uomini, donne, bambini e anziani”.
Si tratta di una “ingiustizia” ormai quotidiana, che persiste nonostante gli “enormi progressi tecnologici” degli ultimi anni. “Troppi sono coloro che non hanno il necessario per sopravvivere – ha denunciato il Pontefice – e questo non solo nei Paesi poveri, ma sempre più anche nelle società ricche e sviluppate”, mentre la situazione è “aggravata dall’aumento dei flussi migratori”, comprensivi di “migliaia di profughi”.
Davanti a un “problema così smisurato”, ha proseguito il Papa, “risuonano le parole di Gesù: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare» (Mt25,35)”.
Dinnanzi alle vaste folle che gli chiedono di essere sfamate, Cristo “non ignora il problema, e neppure fa un bel discorso sulla lotta alla povertà, ma compie un gesto che lascia tutti stupiti: prende quel poco che i discepoli hanno portato con sé, lo benedice e moltiplica i pani e i pesci”.
Nessuno di noi può compiere un miracolo come quello di Gesù, “tuttavia possiamo fare qualcosa, di fronte all’emergenza della fame, qualcosa di umile, e che ha anche la forza di un miracolo”, innanzitutto riconoscendo “l’umanità presente in ogni persona, bisognosa di tutto”.
Bergoglio ha poi rievocato le circostanze della fondazione del Banco Alimentare, quando l’imprenditore Danilo Fossati confidò a don Giussani il proprio “disagio di fronte alla distruzione di prodotti ancora commestibili vedendo quanti in Italia soffrivano la fame”.
E don Giussani, quando il Banco era ormai una realtà, commentò: “Poche volte mi era capitato di incontrare un potente che scegliesse di dare senza chiedere nulla in cambio e mai avevo conosciuto un uomo che desse senza voler apparire. […] Il Banco è stata la sua opera. Mai pubblicamente, sempre in punta di piedi, l’ha seguita dal suo nascere”.
Sia Fossati che don Giussani, dunque, non rimasero “indifferenti al grido dei poveri” e compresero che “qualcosa doveva cambiare nella mentalità delle persone, che i muri dell’individualismo e dell’egoismo dovevano essere abbattuti”.
La venticinquennale opera del Banco Alimentare è quindi un esempio concreto di “cultura dell’incontro e della condivisione”, il cui contributo “può sembrare una goccia nel mare del bisogno, ma in realtà è prezioso” ed “ingrossa il fiume che alimenta la speranza di milioni di persone”, ha sottolineato il Papa.
“Dare da mangiare agli affamati”, ha ricordato è “una delle opere di misericordia corporale” e consiste nel “condividere ciò che abbiamo con coloro che non hanno i mezzi per soddisfare un bisogno così primario”, educandoci “a quella carità che è un dono traboccante di passione per la vita dei poveri che il Signore ci fa incontrare”.
Francesco ha quindi rammentato che i bisognosi beneficiati dal Banco Alimentare “sono persone e non numeri, ciascuno con il suo fardello di dolore che a volte sembra impossibile da portare”. In essi è possibile scorgere “la carne di Cristo” e vanno aiutati a “riconquistare la loro dignità e a rimettersi in piedi”.
In conclusione, il Santo Padre ha incoraggiato gli operatori del Banco Alimentare a “essere per i poveri dei fratelli e degli amici; a far sentire loro che sono importanti agli occhi di Dio”, invitandoli a non scoraggiarsi di fronte alle difficoltà e sostenersi “sempre più gli uni gli altri, gareggiando nella carità operosa”.
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