È evidente che Papa Bergoglio sa farsi capire molto bene, e di certo buona parte della sua popolarità può essere spiegata con il linguaggio che utilizza. A questo proposito lo scrittore Amedeo Benedetti ha pubblicato per la Erga edizioni di Genova il libro “Il linguaggio di Papa Francesco, al secolo Jorge Bergoglio”. Si tratta di un volume che intende far conoscere meglio l’attuale Pontefice, attraverso l’approfondita analisi del modo in cui si esprime. L’autore ha trovato, scandagliato e analizzato decine di migliaia di pagine dei testi scritti dal Papa al fine di comprendere gli stilemi adottati, i vocaboli preferenziali, le figure retoriche utilizzate, le citazioni riportate, e lo stesso andamento del periodo. L’autore ha praticato un metodo già utilizzato per ricerche in ambito criminologico, e per scrivere due volumi “Il linguaggio di Benedetto XVI, al secolo Joseph Ratzinger” (Genova, Erga, 2012),e “Da che pulpito. Manuale sul linguaggio clericale e la comunicazione religiosa” (2015). Attraverso l’analisi del linguaggio è possibile scoprire il retroterra culturale, l’ideologia, l’attività svolta, i modelli letterari, la capacità di analisi, quella di sintesi, il livello di profondità, quello di originalità, di Bergoglio. Per saperne di più ZENIT ha intervistato Amedeo Benedetti.
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Qual è il segreto che rende il linguaggio di Papa Francesco così popolare e di impatto?
Una vincente miscela di semplicità, chiarezza, umiltà, cultura…
Che differenza c’è con gli altri Papi che l’hanno preceduto?
Papa Ratzinger ad esempio era un efficace comunicatore, ma tutto “di testa”: si sentiva la grande preparazione teologica, la razionalità quasi “matematica” del procedere del discorso, la meditata profondità di ogni frase: ma si arriva prima e più profondamente parlando al cuore delle persone – come fa Francesco – che non alla testa. Diciamo che se Ratzinger scrive e parla da teologo, Bergoglio parla e scrive da gesuita, nel senso migliore del termine.
Papa Giovanni Paolo II era personalità di grande fascino, ma la gente comune ha avuto l’impressione che sui problemi che alla Chiesa pone la modernità, sia stato inaspettatamente conservatore, e non ne ha visto le pur notevoli aperture. Di Giovanni Paolo I, avendo governato la Chiesa solo per un mese, non si può esprimere alcun giudizio, se non di simpatia. Paolo VI, finissimo intellettuale, lo si ammirava spiritualmente (Andreotti, nei suoi Diari, diceva che al suo cospetto veniva spontaneo mettersi in ginocchio), ma il suo linguaggio era piuttosto lontano da quello degli uomini comuni. Trapelava principalmente la sua sofferenza interiore.
È solo un problema di tecnica o è diverso il modo in cui Francesco arriva al cuore della gente?
Francesco è amato dalla gente non tanto per come dice, ma perchè gli atti che compie, come si presenta, le azioni concrete che mette in atto sono coerenti con quello che dice. Specialmente noi italiani siamo poi abbastanza sensibilizzati al problema della coerenza per le disastrose prove al riguardo regalateci dalla nostra classe politica, per cui un personaggio che a fatti non si dimostra ipocrita e “fasullo” ottiene una straordinaria (e meritata) credibilità.
Può raccontarci il contenuto del suo libro?
Il libro analizza una decina di libri del Pontefice, scandagliandone gli stilemi impiegati, rivelatori – come è facilmente intuibile – della sua personalità. Vengono pertanto analizzate tutte le caratteristiche linguistiche bergogliane, i toni, il vocabolario, gli intercalari, le figure retoriche utilizzate. Per ogni stilema indicato sono riportate le ricorrenze dei testi del Pontefice, in modo che il lettore possa controllare la veridicità di quanto si va affermando. In coda, ovviamente, le conclusioni del lavoro.
Può esistere un Pontefice che non è clericale? È questo il segreto del pontefice argentino?
Sicuramente tale aspetto è ciò che garantisce all’attuale Papa il massimo della credibilità. Si tratta peraltro di adesione totale all’insegnamento di Cristo. E’ noto come l’accusa principale che viene fatta da sempre alla Chiesa sia quella di differire per opportunità terrene dall’originale messaggio cristiano. Naturalmente le posizioni del Papa su molte questioni causano e causeranno tensioni e seri conflitti all’interno della Chiesa, ma questo è un altro argomento…
Quali sono le ragioni che l’hanno spinta a scrivere questo libro?
Mancano i personaggi di spicco di cui valga la pena analizzare il linguaggio (occorre tener conto che la fatica di un libro come quello in questione, malgrado il risultato modesto, è improba: vengono studiate migliaia di pagine in anni di lavoro, ed è fatica che non si può dedicare a personalità non originali). Papa Francesco è tra i pochi caratteri d’eccezione del nostro tempo e quindi, spinto anche dalle esperienze precedenti (saggi sul linguaggio di Henry Kissinger, e su quello di Joseph Ratzinger) mi interessava approfondire la sua figura.
Alla fine, quali sono le risultanze del suo studio?
Non è facile dirlo in poche parole: la grande capacità di Bergoglio di utilizzare ildistinguo, cioè la precisazione, ciò che mostra indirettamente sia la sua levatura culturale, sia la sua costante ricerca di chiarezza; il procedere del discorso pacato ma sempre sicuro, privo cioè di indecisioni, contraddizioni, titubanze; la grande capacità definitoria (il Pontefice è ottimo creatore di aforismi e di slogans); il tono colloquiale e coinvolgente (i lettori o gli uditori sono spesso chiamati in causa); il sapiente uso di tutte le formule tipiche di richiamo dell’attenzione (Bergoglio è stato docente); la sottolineatura dell’evidenza di quanto si sta affermando (“È chiaro…”, “È ovvio”, “Senza dubbio”, ecc.); i molti rinforzi assertivi decisi (“a mio avviso”, “a mio giudizio”, “auspico”, “credo”, ecc.); la laconica incisività di molte frasi brevi; le interrogative poste ai lettori / uditori; l’elevata quantità di citazioni relative non solo a personaggi delle Sacre Scritture, ma a scrittori, specie sudamericani; l’impiego di parole semplici e comprensibili; il largo uso di proverbi, detti, motti popolari. Ma soprattutto rendono unico il linguaggio del Pontefice le proposizioni forti, incisive, inaspettate, lontane dal consueto cautissimo linguaggio religioso a cui siamo abituati. Credo veramente che Bergoglio sia il più grande comunicatore del nostro tempo.
Crede che il libro aiuti a comprendere una personalità sicuramente complessa come quella di Bergoglio?
Penso di sì… Uno dei modi che abbiamo di capire le persone, è infatti quello di analizzare il loro modo di scrivere. La scelta degli stilemi adottati, dei vocabili preferenziali, delle figure retoriche utilizzate, delle citazioni riportate, e lo stesso andamento del periodo, finiscono sempre col riverberare le caratteristiche personali del soggetto analizzato (il retroterra culturale, l’ideologia, l’attività professionale svolta, i modelli letterari, la capacità di analisi, quella di sintesi, il livello di profondità, quello di originalità, molti aspetti particolari del carattere). Siamo, come ho già avuto modo di sottolineare, quello che scriviamo.
Quale sarà la sua prossima opera?
Se la salute – ahimè assai cagionevole – mi assiste, vorrei studiare il linguaggio del giornalista Marco Travaglio, ma al solo pensare di ripetere le fatiche che un volume del genere richiede, mi vien voglia di lasciar perdere, e di dedicarmi ad un altro tipo di libro.