L’associazione Scienza & Vita compie dieci anni. Un decennio di attività iniziato nel segno dello storico referendum sulla Legge 40, in cui il mondo pro-life vinse, avendo dalla sua parte la Chiesa Cattolica, ed in particolare la Conferenza Episcopale Italiana.
Il convegno tenuto oggi da Scienza & Vita per celebrare il suo decennale, è stato l’occasione per ribadire questa alleanza, come ha testimoniato la lunga prolusione pronunciata per l’occasione dal cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei.
Oggi, sui temi della vita, ben più dei referendum e delle leggi, conta “l’impegno di sensibilizzazione culturale e di formazione delle coscienze – ha detto il porporato -. A ben poco serve una legge – lo vediamo ogni giorno – se non esprime una consapevolezza pubblica e condivisa sul valore della vita e la dignità di ogni persona”.
Bagnasco si è poi soffermato sull’insegnamento biblico sulla vita, a partire dalla Genesi (11,24-25) e dal compiacimento di Dio sulle sue creature, dalla sua “benevolenza verso tutte le cose”, che in teologia viene definita “creatio continuata”.
Tale aspetto emerge anche nel Nuovo Testamento: “Se Dio cresce e rende belli i fiori del campo, insegna Gesù, quanto più custodirà gli uomini, che di Dio sono l’immagine!”, ha osservato il cardinale.
Scendendo nella prassi della “vita come bene umano fondamentale”, il discorso etico si fa irto di insidie, a partire dall’idea che “anche la produzione di embrioni e le pratiche legate alla fecondazione artificiale siano da considerarsi buone”.
In tal modo, si cade, però, in una “logica proporzionalista, cioè basata sul calcolo dell’utile: il perseguimento di un bene non può distruggerne un altro, altrimenti nega la realizzazione integrale dell’uomo”, ha precisato Bagnasco.
Se apparentemente “la creazione di embrioni favorisce il sorgere della vita e il bene della prole; si oppone però in modo grave al bene stesso della vita, oltre a quelli della relazionalità e della sponsalità, per le ragioni che ben conosciamo”.
È errato, quindi, considerare “moralmente buona ogni azione che va a vantaggio dell’uomo in quanto soddisfa il suo desiderio”. In un’“ottica utilitaristica”, infatti, il bene “non dipende anzitutto da ciò che concretamente si fa, cioè dall’oggetto dell’atto umano, ma dalle conseguenze finali, dall’effetto prodotto”.
L’aborto, ad esempio, viene giustificato in nome di principi in sé giusti: un “impegno eccessivo e indesiderato” per i genitori, il risparmio delle “sofferenze a un bambino malato”. Ciò, però, non può avvenire se “va a scapito di una vita”.
La difesa della vita in ogni sua forma assume dimensioni sovrannaturali: è una vera e propria guerra contro Satana, in cui però il Signore non manda il suo popolo “come pecore in mezzo ai lupi” ma, al contrario, li “equipaggia” di molte difese, a partire dalla preghiera.
La convivenza extramatrimoniale, la genitorialità svincolata dall’amore e dalla fedeltà tra uomo e donna; la sessualità non concepita come il “vertice della mutua donazione”, ma ridotta a “strumento di soddisfazione”, sono tutti elementi che compromettono “la vocazione integrale della persona umana”, facendo passare “un messaggio che condiziona fortemente le persone e soprattutto le nuove generazioni”.
Anche la teoria del gender, con la sua pretesa di legittimare l’autodeterminazione del sesso, indipendentemente dalle caratteristiche biologiche native, conduce alla “pericolosa idea di una libertà che per essere tale deve essere assoluta, assolutamente autocentrata, separando così la cultura dalla natura e lo spirito dal corpo”.
Il presidente della Cei ha poi stigmatizzato anche le proposte di abolizione della festa della mamma e del papà, con la scusa di non discriminare i figli delle coppie omogenitoriali: “Un vero paradosso, a nostro modo di intendere, con incalcolabili conseguenze psicologiche e relazionali”, ha commentato Bagnasco, citando anche la paradossale situazione di una celebre coppia, appena separatasi, in cui lei desiderava distruggere gli ovuli fecondati artificialmente insieme all’ex marito, mentre quest’ultimo intendeva conservarli.
Ribadendo che “la tecnologia non è in se stessa buona o cattiva, ma è buona o cattiva a seconda del modo in cui viene impiegata”, il porporato ha riaffermato la posizione della Chiesa sul progresso scientifico: un atteggiamento favorevole – a dispetto delle leggende nere di stampo scientista-illuminista – ma sempre mediato e temperato da una serie di interrogativi sulla natura umana: “Chi è l’uomo? Dove è diretto? Cosa comporta la sua natura spirituale? Come va favorita la sua fioritura integrale? Come assicurarla a tutti gli individui e non solo ad alcuni? E di conseguenza: quale uso dobbiamo fare degli strumenti che abbiamo fra le mani, al fine di raggiungere questi obiettivi? Fin dove deve spingersi la ricerca? Quali limiti porre al desiderio di gestire e manipolare l’esistenza umana?”.
Si tratta, ha sottolineato il presidente della Cei, di questioni che prescindono dal proprio “credo religioso”, alle quali si deve dare “una riposta comune, perché toccano al cuore il senso stesso della convivenza umana”.
Di seguito, richiamandosi alla Relatio dell’ultimo Sinodo dei Vescovi, il cardinale ha richiamato la “centralità” della famiglia “per il soggetto e per il vivere sociale”, facendo appello “ai responsabili politici del nostro Paese, affinché pongano la famiglia al centro delle loro iniziative”.
In conclusione, il cardinale ha ricordato il “mandato” affidato ai cristiani e, nello specifico, ad associazioni come Scienza & Vita: “testimoniare la carità, opponendosi non solo con la teoria ma anche con la condivisione e il sostegno dei più deboli, a quanto deturpa la vita umana e ne oscura la bellezza”. Si tratta, ha aggiunto, della “via da sempre percorsa dai credenti e dalla Chiesa, ma indicata con maggior forza ancora da papa Francesco, che ci esorta, appunto con le parole e la testimonianza, a difendere e sostenere soprattutto i più piccoli”.