Era la prima volta che all’arena mi gustavo l’Aida. Un indimenticabile spettacolo per la lirica, ma non meno per la grandiosa manifestazione di spettatori che a loro insaputa, con la loro presenza attenta, variopinta, internazionale e gioiosamente sonora, danno alla serata una coinvolgente partecipazione tutta da godere e da vivere.
Negli intervalli, giovani incaricati, passano da un settore all’altro, gridando il nome delle bevande e dei bocconcini che portano a tracolla. Un gelatino da loro ce lo siamo gustato anche Italo ed io. Il gran caldo ce lo imponeva.
A uno di questi giovani domandiamo: “Sai cosa porti scritto sulla schiena?” – “Vivenda” –risponde. – “Ma…che significa?” – “Così si chiama la ditta da cui provengono le bibite, i gelati…che vendiamo”.
“Vivenda; sai cosa significa la parola “vivenda”? – “Presumo sia una parola latina…ma io …per il latino ero poco portato”.
-“La parola “vivenda” – ribadisco alla sua ravvivata attenzione – significa “cose da vivere”; stai proprio vendendo “cose da vivere”.
Dopo un attimo di riflessione, con un sorriso di sorpresa: “Grazie…è proprio vero: lavoro per vivere e per dar da vivere agli altri.”
Ma anche tu Andrea – mi sono detto – nell’anfiteatro della terra sei incaricato dalla chiesa a donare il vangelo con la predicazione, il pane eucaristico con la messa, la misericordia di Dio con la confessione…Cosa “vendi”?
“Vivenda”, realtà umano-divine che sono vita per te e che danno la vita al mondo”.
Ciao da p. Andrea
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