“Nel giorno in cui rievochiamo l’entrata dell’Italia in un conflitto devastante e straziante, il nostro sguardo ci aiuta a dar voce al silenzio, ai sentimenti più profondi e commossi del cuore”. Così, l’arcivescovo ordinario militare per l’Italia, Santo Marcianò, ha introdotto la sua invocazione per la pace, domenica 24 maggio, a Monte San Michele, in provincia di Gorizia, in occasione della cerimonia commemorativa del centenario dell’ingresso nel primo conflitto mondiale.
L’evento – riferisce L’Osservatore Romano – si è svolto proprio nel luogo che fu teatro di tante sanguinose battaglie della Grande guerra, e ha visto la partecipazione, tra gli altri, del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e del ministro della Difesa, Roberta Pinotti.
Era infatti la notte tra il 23 ed il 24 maggio di cento anni fa, quando l’Italia decise di entrare in guerra, prendendo parte a quella che Benedetto XV definì “una inutile strage” che ha lasciato sul campo 17 milioni di vittime, di cui oltre un milione e duecentomila italiani. Per mons. Marcianò la severa lezione della storia deve essere monito e guida anche per i nostri giorni, affinché “mai più vengano scritte pagine di guerra nel futuro della storia umana”, come recita la speciale preghiera pronunciata nell’occasione.
“Guardiamo alla storia — ha esortato il presule — al passato, tragedia da non dimenticare; al presente, memoria da purificare; al futuro, storia che si può ancora e sempre cambiare. Guardiamo a quei confini che la guerra, nella sua follia, cercava continuamente di riconquistare: e quasi vi scorgiamo i lineamenti del volto della nostra Italia, le tracce di un’identità nazionale forte, ricca di cultura, arte, grandi valori; così, osiamo sognare un mondo in cui i confini non siano più trincee da difendere con forza, ma braccia da aprire, con accogliente fraternità”.
L’ordinario militare ha quindi lanciato un chiaro appello a contrastare la tentazione della divisione e a costruire senza sosta il bene comune. “Guardiamo — ha proseguito — al nostro essere qui insieme e percepiamo il senso di Patria per il quale, insieme, hanno combattuto gli italiani: ci inchiniamo grati, dinanzi ai nostri padri, che ora riposano assieme ai caduti di tutti i Paesi; e raccogliamo il pressante invito all’unità, da essi pagata con tributo di sangue convinto e generoso, e oggi affidata alla nostra maturità responsabile di uomini e di cittadini”.
E, nel giorno in cui la Chiesa celebra la solennità della Pentecoste, “dono dello Spirito che fa nuove tutte le cose”, “guardiamo in Alto» – ha concluso il vescovo -, “invocando Dio con il Nome e il grido che ciascuno custodisce nel cuore», così che «la memoria si fa supplica, il dolore si fa speranza, l’impegno si fa preghiera”.