Parla di calcio e degli ultrà che sono per lo più “mercenari”, della voglia di mangiarsi una buona pizza, del suo sonno profondo e del suo “voto” di non guardare mai la tv; ma anche del rapporto con la gente che gli “fa bene”, delle lacrime versate davanti a certi drammi umani e di quel Conclave del 2005 che lo vide arrivare ‘secondo’ a Benedetto XVI.
In una nuova intervista al giornale argentino «La voz del pueblo», Bergoglio rivela nuove sfaccettature del suo mondo pubblico e interiore, rimarcando al contempo alcuni temi basici del suo pontificato, come la povertà che “è il cuore del Vangelo” o la condanna alla corruzione. Ribadisce poi che, se fosse stato per lui, il Papa non lo avrebbe mai fatto.
‘Secondo’ al Conclave del 2005: “Tutte voci…”
Proprio riguardo a quest’ultimo punto, il giornalista Juan Barreta stuzzica il Pontefice, esortandolo a ricordare quel Conclave dell’aprile 2005, dove – secondo diverse voci – sfiorò l’elezione insieme a Joseph Ratzinger. Francesco smentisce ogni congettura: “Sono cose che si dicono… – afferma – nella precedente elezione ero sui giornali, tra i papabili. In quella occasione, è stato chiaro che doveva essere eletto Benedetto e c’è stata quasi l’unanimità per lui e questo mi è piaciuto molto. Era chiara la sua candidatura. C’erano diversi ‘possibili’ ma nessuno forte».
E se molti davano quindi per scontata la sua elezione due anni fa, Bergoglio invece dice di non averci nemmeno pensato: “Nell’altro Conclave ero nella lista dei papabili… Ma questa volta, la seconda, per l’età, 76 anni, e perché c’era gente di certo più valida… così che nessuno mi nominava, nessuno…”.
Inoltre, “non ho mai sognato di fare il Papa, mai!”, rimarca il Pontefice, “tantomeno il presidente della Repubblica o il generale dell’esercito. Ci sono alcuni bambini che fanno di questi sogni, io non li facevo…”. D’altronde la sua ‘allergia’ ai posti di potere è risaputa: nell’intervista ricorda infatti che “dopo essere stato per 15 anni nei posti di comando dove mi avevano destinato” – svolgendo, cioè, l’incarico di provinciale dei gesuiti – “sono tornato a fare il confessore e il prete”.
“Vorrei uscire per strada e mangiarmi una pizza!”
Tuttavia, aggiunge Francesco, “la vita di un religioso, di un gesuita, cambia a seconda delle necessità…” . E se la necessità, adesso, è di guidare la Barca di Pietro, ben venga! Anche a costo di fare piccole rinunce, come ad esempio “uscire per strada”: “Questo sì lo desidero – confida il Papa – la tranquillità di camminare per strada, o andare in una pizzeria a mangiare una buona pizza…”. “Io sempre sono stato callejero”, un prete ‘di strada’, “da cardinale – prosegue – mi piaceva camminare per strada, prendere il bus o la metropolitana. La città mi incanta, sono cittadino nell’anima… In campagna non potrei vivere. Qui visito le parrocchie, ma non posso uscire. Si immagini che io esca per strada e ciò che succederebbe”.
Come quel giorno in cui – rammenta – “sono uscito in auto da solo con l’autista e mi sono dimenticato di chiudere il finestrino, che era aperto e non me n’ero reso conto. Ne è nata una confusione… Io stavo seduto nel sedile davanti, dovevano fare poca strada, però la gente non lasciava che l’auto avanzasse. È chiaro, c’era il Papa per strada…”.
“Il protocollo è troppo freddo… Voglio stare con la gente che ‘mi fa bene’!'”
In Vaticano lo considerano “indisciplinato”, perché – spiega Bergoglio – “non seguo molto il protocollo” che “è troppo freddo”. Tuttavia per il Pontefice è più forte il desiderio di stare con la gente: “La gente mi fa bene… – afferma – A me piacciono le udienze pubbliche, in un senso sia umano sia spirituale, le due cose insieme. E come se la mia vita si vada coinvolgendo con la gente”.
Per questo, da Papa, ha voluto andare a vivere nella Domus Santa Marta: “Io, psicologicamente, non posso vivere senza la gente, non sono un monaco, per questo sono rimasto a vivere qui in questa casa. Questa è una casa per ospiti, ci sono 120 stanze, viviamo in 40 persone che lavoriamo nella Santa Sede e gli altri sono ospiti: vescovi, preti, laici che passano e sono ospitati qui. Questo mi fa molto bene. Venire qui, mangiare nella sala da pranzo dove c’è tutta la gente, celebrare la Messa dove quattro volte alla settimana vengono persone da fuori, dalle parrocchie… Mi piace molto questo. Io mi sono fatto prete per stare con la gente. Rendo grazie a Dio per non aver perso questo desiderio”.
“A volte piango”
Restando in tema di emozioni, il Santo Padre confessa di essersi spesso commosso fino alle lacrime: “Piango quando vedo drammi umani”, ammette, come quello del popolo rohingya, “che vanno su questi barconi nelle acque thailandesi, e quando si avvicinano alla terra, gli danno un po’ da mangiare e da bere e li rimandano un’altra volta in mare”. Poi i bambini ammalati, affetti da quelle “malattie rare” che si sono prodotte “per la mancata cura dell’ambiente”. “Quando vedo questi bambini dico al Signore: ‘Perché a loro sì e a me no?’”, dice Francesco, dicendo di commuoversi anche in carcere. Tutte le volte che ha avuto un contato con i detenuti – nei tre Giovedì Santi a Roma, o nelle visite pastorali in Italia – ne è scaturito un forte dolore, e anche un pensiero: “Anche io potrei essere qui. Come dire che nessuno di noi è sicuro che mai commetterà un crimine, qualcosa che lo renda carcerato”.
Quello del Papa, tuttavia, è un pianto “interiore”: “Pubblicamente non piango”, spiega, “mi è capitato due volte di essere al limite – una aveva a che fare con la persecuzione dei cristiani in Iraq – ma mi sono potuto frenare per tempo. Ero troppo commosso, c’è stata qualche lacrima che è scappata, però poi mi sono passato la mano sul capo…”.
“Ho un sonno profondo…”
Il colloquio prosegue con degli spot sulla vita quotidiana del Pontefice. Ad esempio, parlando di “sonno”, il Papa spiega di avere “un sonno così profondo che mi metto a letto e mi addormento. Dormo sei ore. Normalmente alle 9 di sera mi metto a letto e leggo fino a quasi le 10 quando mi inizia a lacrimare un occhio, spengo la luce e dormo fino alle 4 di mattina, quando mi sveglio da solo, è l’orologio biologico”.
“Non ho paura di niente, tranne del dolore fisico”
Racconta poi di essere generalmente un tipo “temerario”, che non pensa molto alle conseguenze: “Questo – spiega – a volte mi provoca mal di testa, perché mi scappa qualche parola di troppo”. Sugli attentati, ribadisce di essere “nelle mani di Dio” e di aver chiesto al Signore di dargli la grazia “di non provare dolore”, perché “io sono un codardo di fronte al dolore fisico”: “Il dolore morale lo sopporto, ma quello fisico, no… Sono molto intollerante, suppongo che sia una conseguenza dell’operazione al polmone che mi fecero quando avevo 19 anni”.
“La tv? Non la guardo dal 1990!”
Tra le notizie inedite il “voto” di Francesco di non vedere la televisione da circa 25 anni: “È una promessa che ho fatto alla Vergine del Carmen la notte del 15 luglio 1990. Mi sono detto: non è per me”. In compenso il Papa dice di sfogliare ogni mattina La Repubblica e di informarsi delle partite di calcio del San Lorenzo, la sua squadra del cuore, da una guardia svizzera “che ogni settimana mi lascia i risultati e la classifica”.
Povertà, male del mondo. Gente che ama gli animali più degli uomini: è grave!
Sulla povertà, il Vescovo di Roma sottolinea
che non bisogna rinunciare all’utopia che questo male possa essere eliminato: “Ci sono tre cose che dobbiamo avere tutti nella vita: la memoria, la capacità di vedere il presente e dell’utopia per il futuro…”. Oltre alla povertà, annovera tra i mali del mondo la corruzione e la tratta delle persone.
Rivolge poi una dura critica a tutti coloro che amano gli animali più degli uomini. “È grave questo!”, dice il Papa, “la cura degli animali domestici e come l’amore un po’ programmato, cioè io posso programmare la risposta amorosa di un cane o di una gattina, e così non ho necessità di avere l’esperienza di un amore di reciprocità umana. Sto esagerando, non mi prenda alla lettera, però c’è di che preoccuparsi”.
Calcio: “Gli ultrà in maggioranza mercenari, non lottano per il club”
Forti anche le parole del Pontefice sul mondo del calcio, per commentare l’aggressione subita durante una partita da quattro giocatori del River Plate da parte di un tifoso del Boca Juniors. “Anche in Italia – afferma – ci sono stati problemi tra gli ultrà, che non necessariamente lottano per il club, la maggioranza sono mercenari”.
“Ho bisogno della preghiera del popolo”
A fine intervista, il Santo Padre rimarca di aver bisogno del sostegno della preghiera del popolo: “È una necessità interiore…”. Conclude dicendo che la sua unica “pretesa” per il futuro è che venga ricordato come “una brava persona che ha cercato di fare il bene”.