Per la classe politica si tratta di una “svolta storica”; per i cattolici, in particolare i vescovi che si sono battuti fino all’ultimo giorno, una dolorosa sconfitta per la famiglia e, di conseguenza, per la società. I recenti risultati del referendum iniziato ieri mostrano infatti un’Irlanda nettamente favorevole alle nozze gay, registrando percentuali superiori al 60% di irlandesi che hanno votato per il “si”. Lo riferisce il sito dell’Irish Times e lo hanno annunciato anche gli esponenti di entrambi gli schieramenti.
Ancora non si è proceduto al conteggio ufficiale, tuttavia il vantaggio dei “sì” per i matrimoni tra persone dello stesso sesso appare particolarmente forte a Dublino e nelle altre città, con punte oltre il 70%. Meno, invece, nelle zone rurali del Paese, considerate più conservatrici.
Secondo le stime, il referendum ha registrato un’affluenza di circa il 60% a livello nazionale. Moltissimi irlandesi, in gran parte giovani emigrati all’estero negli anni della crisi, sono infatti rientrati in patria per poter votare. E proprio tale afflusso avrebbe favorito l’ampio fronte che chiede l’introduzione delle nozze gay, comprendente partiti, media, sindacati e mondo dello spettacolo.
Mentre i leader della campagna per il “no” affermano che l’unica questione aperta è il margine della vittoria dei “sì”, sembrano vani i tentativi dell’episcopato che, nei mesi scorsi, aveva tentato di risvegliare le coscienze della popolazione, inviando lettere pastorali in ogni diocesi in cui si chiedeva ai cittadini di riflettere bene prima di recarsi alle urne.
I presuli evidenziavano infatti rischi e pericoli di una eventuale decisione circa la validità del matrimonio omosessuale, che potrebbe avere “un profondo impatto sulla vita pubblica e la vita personale dei cittadini” del Paese, in particolare per quanto riguarda l’ambito della famiglia.
Proprio ieri, poi, ai microfoni di Radio Vaticana, l’arcivescovo di Dublino monsignor Dairmuid Martin, lanciava un ultimo appello ricordando che il matrimonio “non è solamente una cosa personale” ma “appartiene alla società, alla stabilità della società, alla intergenerazionalità della società”. Ribadendo che “i bambini hanno diritto ad una mamma e ad un papà”, il presule rimarcava inoltre che “sarebbe possibile rispondere alle esigenze, e anche ai diritti delle persone omosessuali, senza cambiare la definizione del matrimonio”.
Esortava quindi i fedeli a “pregare per il futuro del matrimonio come istituzione naturale, non solamente come sacramento”, anche perché – notava l’arcivescovo – “il cambiamento è sostenuto da tutti i partiti politici”, nell’ambito dei quali non vi sono “voci discordanti”.
Lo dimostrano le reazioni dei politici ai recenti risultati da cui emerge sempre più chiara una vittoria del blocco favorevole alle nozze gay. “Sono ottimista per la vittoria del sì”, ha detto il premier irlandese Enda Kenny, aggiungendo: “Con questo referendum il popolo irlandese sta mandando un messaggio pionieristico”. Anche il ministro per le Pari opportunità Aodhan O’Riordain – che già aveva previsto “una nettissima vittoria” per il via libera al matrimonio omosessuale – su Twitter ieri ha postato: “Oggi sono molto orgoglioso di essere irlandese”.
Ricordiamo che l’Irlanda è stato il primo Paese al mondo a chiedere ai cittadini di decidere in un referendum se le coppie omosessuali abbiano diritto a sposarsi.