Etica, corruzione, 8×1000, jobs act, famiglia: Bagnasco parla al termine dell'Assemblea generale CEI

Incontrando i giornalisti in conferenza stampa, il presidente dei vescovi italiani affronta diversi temi dell’ambito ecclesiale e politico

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Evidenzia subito il “buon clima di comunione, affetto e simpatia” tra i vescovi durante i quattro giorni della 68° Assemblea generale, il presidente della CEI Angelo Bagnasco. Poi, con pacatezza e lucidità, risponde a tutto campo alle domande dei giornalisti che lo hanno raggiunto stamane  in conferenza stampa, nell’atrio dell’Aula Paolo VI.

Il cardinale affronta temi diversi: dalla politica italiana, in particolare il jobs act che desta da una parte “fiducia”, dall’altra “preoccupazione”, o la riforma della scuola, da valutare “senza fretta”, al rapporto Chiesa-società. Da un ipotetico Sinodo dei vescovi italiani, alle difficoltà che mettono a repentaglio la vita della famiglia e, quindi, della società, fino all’8×1000 che quest’anno con 995 milioni 462mila euro registra una flessione di circa 60 milioni rispetto al miliardo 55 milioni e 310mila euro del 2014.  

“Un passo indietro” questo, osserva il cardinale. Ma le motivazioni ci sono: anzitutto il calo generale dell’introito Ire, per cui lo Stato ha trattenuto quello che per sbaglio ci ha dato in più”. Esattamente 17 milioni e 592mila euro. Poi un calo di firme di circa il -2% per la Chiesa cattolica.

Dentro a questo pacchetto, secondo l’arcivescovo di Genova, è interessante rilevare alcune voci della ripartizione, dove sono evidenti forti limature – ad esempio per esigenze di culto (meno 30 milioni), edilizia di culto (meno 20 milioni) e fondo catechesi (32 milioni anziché 42) – e incrementi invece verso attività di carità o per le diocesi “di frontiera” attive con parrocchie, mense, centri di ascolto.

40 milioni sono stati destinati poi ad esigenze di rilievo nazionale, chiarisce il cardinale, ricordando che i vescovi della Cei sono riusciti a donare subito 3 milioni per il Nepal devastato dal terremoto, aggiuntisi ai 22 della comunità internazionale. “Dobbiamo ringraziare il popolo dell’8×1000 perché la Chiesa può fare tutto questo”, dice.

Sollecitato dai cronisti, Bagnasco evidenzia poi la diminuzione di circa 50 milioni del sostegno alle retribuzioni del clero. Ed evidenzia che, da sette anni, gli stipendi dei sacerdoti sono bloccati. Il motivo è semplice: “è il quadro di difficoltà del Paese a dircelo… Nella crisi generale noi ci aumentiamo lo stipendio?”. Nessuno tra i sacerdoti “si lamenta”, assicura il numero 1 della CEI, anzi molti preti, soprattutto parroci, assediati quotidianamente da disoccupati, famiglie in crisi, immigrati, per aiutare questa gente spesso “ci mettono del proprio”.

Sempre dall’8×1000 si evince poi una crescita delle somme destinate ai tribunali ecclesiastici nazionali. “Da molti anni – spiega il presidente dei vescovi italiani – viene richiesto un contributo minimo di circa 500 euro alle persone che presentano cause di nullità matrimoniale”. Procedura che dovrebbe durare un anno, ma “ancora non ci siamo a questa velocità di tempo”, anche perché “se bisogna coinvolgere perizie, i tempi si allungano automaticamente”. E si sfora la cifra di 500 euro, per finanziare appunto la struttura. “Ecco quel di più è assicurato dalla Cei, anche se noi vorremmo scendere non aumentare”, precisa il cardinale.

Puntando l’occhio alla politica, rinnova il richiamo già espresso nella prolusione di martedì ad una “etica” non solo “istituzionale” ma anche “personale”, che coinvolga “qualunque persona di buona volontà”, specie chi opera in politica. “Senza etica pubblica non si fanno buone leggi. E se ci sono buone leggi non si osservano”, rimarca il porporato, e sottolinea che questa è “un’assoluta necessità, senza la quale non c’è organizzazione che tenga”.  

A proposito di leggi, l’arcivescovo di Genova si sofferma sul ddl per la scuola di Renzi, per cui – rivolgendosi implicitamente al Governo – afferma:  “Non ci si deve far prendere dalla fretta. Un tempo più disteso, senza acqua alla gola e dove c’è possibilità maggiore di riflettere e confrontarsi, è premessa per risultati migliori”. Inoltre, “se ci fossero all’interno dei provvedimenti urgenze particolari, nulla vieta che si possano scorporare”.

A proposito di un’altra riforma, quella del lavoro, il cardinale esprime una “duplice reazione”: “Da una parte fiducia, perché si dice che il mercato del lavoro in questo modo si metta in movimento. Dall’altra preoccupazione, perché è bene che il mondo del lavoro non sia ingessato, ma l’importante è che il prezzo non sia pagato con la disoccupazione e la precarietà che diventa poi instabilità”.

“Bisogna bilanciare le due cose”, raccomanda Bagnasco, “un mercato del lavoro più flessibile, e un lavoro che non sia precario nel senso ampio del termine, cioè insicuro, instabile”. “Se le persone non hanno sicurezza sul posto di lavoro – che comunque non vuol dire ‘un posto fisso a vita’ – come fanno a progettare la propria esistenza, a vivere serenamente?”. Il porporato si dice poi in linea con l’esortazione di Papa Francesco a “non essere timidi né irrilevanti nel denunciare la corruzione” e annuncia che i presuli sono pronti a riprendere ed eventualmente aggiornare il documento CEI del 1991 “Educare alla legalità”.

Sui risultati del questionario per il Sinodo di ottobre, il cardinale taglia corto: “Abbiamo seguito le direttive della Segreteria generale del Sinodo a mantenerli segreti”. Pure sulla preparazione del Giubileo risponde di essere in attesa delle indicazioni del Pontificio Consiglio per la nuova evangelizzazione.

Ampio spazio lo dedica invece a commentare la crisi della famiglia di oggi, traendo spunto da una domanda sul referendum in Irlanda di domani che potrebbe portare alla istituzione delle nozze gay e dunque ad una ridefinizione del matrimonio. “La famiglia è basata sul matrimonio che è fondamento e principio originario della società e dello Stato. Prima c’è la famiglia, poi lo Stato, e quest’ultimo la deve riconoscere, custodire e promuovere”, chiosa il presidente CEI.

Quindi, ribadisce che “qualsiasi assimilazione di nuclei umani alla realtà familiare non fa bene né alla famiglia né alla società”. E anche i figli – aggiunge – “non sono prodotti da fabbricare ma doni”, che quindi “si accolgono, non si producono”. Pertanto una ridefinizione del matrimonio, in Irlanda come in Italia o in tutto il mondo, minerebbe alle basi stesse della società. “Non sono infatti le buone leggi a determinare una buona società – rimarca Bagnasco -, ma la famiglia che è palestra fondamentale in cui persone adulte e giovani si allenano continuamente a dialogare, a capirsi, conoscersi e aspettare i tempi altrui”.  

 

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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