Il maschio d’oggi alla ricerca della virilità perduta

Claudio Risé e padre Maurizio Botta intervengono in un dibattito all’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum

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Le tematiche legate alla donna e alla condizione femminile sono all’ordine del giorno da decenni. Molto meno quelle maschili, salvo una certa letteratura piuttosto recente che ha fatto luce sulla crisi della virilità ed in particolare della figura paterna.

Cosa connota, dunque, la differenza maschile? Se n’è parlato stamattina a una tavola rotonda presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, a cura dell’Istituto Superiore di Studi sulla Donna. Come ha spiegato Marta Rodriguez, direttrice dell’Istituto, “non si può parlare della donna, se non si parla dell’uomo. L’uomo e la donna naufragano e si riscattano sempre insieme”.

Partendo dal tema sviluppato nel suo saggio Il maschio selvatico (la cui ultima edizione riveduta e corretta è stata recentemente edita dalla San Paolo), lo psichiatra Claudio Risé ha spiegato come il “maschio selvatico” sia “un archetipo sempre presente nell’inconscio collettivo”, sviluppato in modo particolare da Carl Gustav Jung. Tale archetipo non è affatto avulso dagli altri ma ci vive in contatto in maniera assolutamente complementare.

Uno dei più diffusi disturbi della personalità al giorno d’oggi è, tuttavia, il “narcisismo”, laddove l’altro è vissuto soltanto come un riscontro alla “conferma del proprio valore” e come oggetto della rivendicazione di un presunto “diritto” ad essere amati.

Nel corso del dibattito, moderato dall’avvocato Ignazia Satta, membro del gruppo di ricerca dell’Istituto di Studi Superiori sulla Donna, è emerso l’altra faccia della medaglia della crisi maschile che è l’annullamento della femminilità, a partire dal ruolo materno: ne sono la prova le legislazioni favorevoli all’aborto o alla fecondazione artificiale, in tutte le declinazioni possibili.

A favorire queste legislazioni e la deriva antropologica, che ne è nel contempo causa e conseguenza, è stato anche il complesso di colpa maschile nei confronti della donna, il dover “chiedere scusa” a prescindere, con l’annessa enfatizzazione della violenza sessista. La conseguenza è che non viene più affrontato il tema della differenza sessuale e si evita qualsiasi forma di autocoscienza.

Il punto di vista cristiano è stato sviluppato da padre Maurizio Botta, sacerdote della Congregazione dell’Oratorio, fondata da San Filippo Neri. Il Vangelo, ha spiegato padre Botta, presenta in Gesù Cristo il più alto esempio di “virilità” e di forza, secondo un archetipo molto lontano da qualunque forma di “politicamente corretto”.

Il Cristo “virile” e “selvaggio”, dunque, compie gesti “sgradevoli” e “inaccettabili” agli occhi dei più: non ha paura di rimanere da solo a procedere controcorrente e ha il coraggio di chiedere ai discepoli: “Volete andarvene anche voi?” (cfr. Gv 6,60-69). Anche il gesto del rovesciamento dei tavoli dei mercanti del Tempio (cfr. Mt 21,12), non è una “reazione isterica” ma un atto “profetico”.

È proprio questa “virilità” che rende Cristo ammirato dalle donne (sono loro a seguirlo fin sul Golgota), mentre gli uomini desiderano imitarlo.

Non è da trascurare nemmeno il punto di vista dei bambini, i quali nutrono una “incredibile nostalgia del maschile” e sono le prime vittime della crisi della virilità. In altre parole i più piccoli hanno bisogno di due braccia che li lancino in aria e poi li raccolgano (come fanno per gioco molti padri), a simboleggiare l’incontro con la vita e con l’autonomia, pur sotto lo sguardo attento del padre.

Al tempo stesso, ha proseguito padre Botta, nel matrimonio va evitata la trappola secondo la quale, per la donna, “i figli diventano più importanti del marito”: l’uomo può, infatti, provare un’iniziale estraneità nei confronti dei figli ma va anche aiutato a non indulgere nella pigrizia quando si tratta di portare avanti la famiglia.

Perché si riscatti la complementarità maschile-femminile, è dunque indispensabile riscoprire la “via della creazione” e la “via della redenzione”, dove nella prima si individua l’alleanza uomo-donna finalizzata all’alleanza con Dio.

Senza il sacrificio in Croce di Gesù Cristo, però, l’alleanza nata con la creazione “rischia di portarci in un mondo utopico”. Non può esistere, quindi, un amore uomo-donna che non implichi la donazione totale della propria vita, fino all’ultima goccia di sangue

In particolare per l’uomo è richiesta una virilità che sia nemica di ogni narcisismo e di una forza assimilabile non tanto all’aggressività, quanto alla resistenza di una quercia: proprio come Cristo resiste sulla Croce.

La mascolinità è complementare alla femminilità, nella misura in cui sa ricevere ed assorbire la tenerezza e l’accoglienza femminili, come dimostra Cristo, circondandosi di donne – anche peccatrici – senza tenere conto del pregiudizio altrui.

L’uomo virile, tuttavia, non è effeminato (nel senso di sensibile ai piaceri carnali) ma rispetta la donna, trattenendone la dolcezza di cui questa è capace: è per questo che anche i sacerdoti o i religiosi – sull’esempio di Cristo – possono vivere la loro complementarità maschile-femminile.

Dovendo descrivere la condizione del maschio di oggi, padre Botta ha infine tracciato un idealtipo omerico a cavallo tra Telemaco, alla ricerca del padre perduto, e i Proci, totalmente incapaci di gesti nobilmente virili, immersi come sono nella “comunella” e nel gozzoviglio dei piaceri sensuali.

 

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Luca Marcolivio

Roma, Italia Laurea in Scienze Politiche. Diploma di Specializzazione in Giornalismo. La Provincia Pavese. Radiocor - Il Sole 24 Ore. Il Giornale di Ostia. Ostia Oggi. Ostia Città (direttore). Eur Oggi. Messa e Meditazione. Sacerdos. Destra Italiana. Corrispondenza Romana. Radici Cristiane. Agenzia Sanitaria Italiana. L'Ottimista (direttore). Santini da Collezione (Hachette). I Santini della Madonna di Lourdes (McKay). Contro Garibaldi. Quello che a scuola non vi hanno raccontato (Vallecchi).

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