Una moltitudine di giovani, da ogni parte del mondo, si stanno recando in questi giorni a Torino per contemplare il Volto, segnato dalla sofferenza dell’Uomo della Sindone. Il mondo giovanile, segnato oggi da un notevole vuoto esistenziale e da una grande incertezza per il futuro, contemplando quell’Immagine, potrà ritrovare la speranza.
ZENIT ne ha parlato con don Luca Peyron, responsabile della Pastorale universitaria di Torino, Piemonte e Valle d’Aosta.
Don Luca, qual è il motivo che spinge tanti ragazzi in pellegrinaggio e quali sono le iniziative della Pastorale universitaria della Città per accogliere questi giovani?
Abbiamo cercato di mettere il Telo e l’Uomo della Sindone al centro di una serie di iniziative che potevano essere utili per creare momenti di amicizia, di dialogo, riflessione e preghiera. Abbiamo quindi convogliato fisicamente attorno alla Sindone una varietà di eventi.
Abbiamo accolto degli studenti cinesi e celebrato una sorta di gemellaggio, ad esempio, con gli universitari di Roma di monsignor Leuzzi e altri studenti fuori sede. Il 19 maggio ci sarà un momento di preghiera davanti alla Sindone, intervallato da canti, sulle orme di Pietro e Giovanni, che si avvicinano al Sepolcro vuoto.
Si è pensato, insieme al Politecnico e al Collegio Einaudi, di realizzare dei percorsi per studenti universitari anglofoni e l’11 maggio, per loro, ci sarà un incontro sul significato della Sindone.
Durante il ponte del primo maggio ha avuto luogo il Campo nazionale degli Scout universitari e sono venuti a Torino tutti i gruppi italiani: un centinaio di ragazzi che provenivano da dieci città, ma che rappresentavano tutto il Paese. Significativa è stata l’immagine dei fazzoletti di tutti i colori davanti alla Sindone.
Che cosa cercano, secondo Lei, i ragazzi che si recano da varie parti del mondo davanti alla Sindone? Perché raggiungono Torino?
Credo che più che cercare qualcosa aspettino di essere cercati. L’Uomo della Sindone racconta un dolore profondo dell’umano: i giovani d’oggi, per tanti aspetti, sono nella fatica e nel dolore. Gli universitari guardano al loro futuro con incertezza. In questo Telo non è soltanto rappresentato il dolore fisico ma anche il dolore interiore e la fatica di ognuno a crescere.
Ma l’Uomo della Sindone soffre per Amore, è “l’Amore più grande”. Può parlare con gli universitari e suggerire loro che le fatiche di oggi sono un po’ simili ai dolori del parto: se vissute con amore, sono capaci di generare futuro.
Anche le persone non credenti si lasciano interrogare dall’evento e da chi, di fronte alla Sindone, si commuove e piange, ripercorrendo la propria vita. Questo è l’elemento più bello: l’incontro e il dialogo. Certe volte il dialogo non è fatto di parole, ma di sguardi, silenzi e atteggiamenti che generano interesse ed amicizia.
Il motto L’Amore più grande nasce grazie ai giovani…
Questa frase è il frutto del cuore di tanti giovani. Non soltanto il motto, ma anche il logo è stato disegnato grazie al contributo di studenti dell’Accademia Albertina e di ragazzi che hanno un’appartenenza ecclesiale. Questo ci suggerisce anche l’orizzonte verso cui questa Ostensione è proiettata: sollecitare la gioventù ad essere la prima ambasciatrice dell’“Amore più grande” di Cristo. Se ti sei sentito amato da Cristo, il tuo cuore non può che bruciare d’amore e incendiare, come avrebbe detto Giovanni Paolo II, tutto il mondo.
La Sacra Sindone ci ricorda che non bisogna accontentarsi di amori superficiali. Come è possibile far passare questo messaggio tra i ragazzi di oggi?
L’amore umano, che noi tutti cerchiamo, gli affetti di coloro che ci circondano, possono essere vissuti in pienezza nella misura in cui una persona si sente per prima amata. Sperimentare nel profondo l’Amore di Dio permette di cercare e di riprodurre questo amore con cui sei stato amato nella tua esistenza concreta. Trasmettere questo messaggio è facile se capiamo che la formazione di un universitario non è soltanto un metodo per crearsi un futuro e quindi cercare un lavoro. Lo studio è una via per entrare in pienezza nella realtà che ci circonda. Entrare e studiare la realtà sono gli atti umani più alti, esattamente come l’Amore. In fondo, decidere di studiare, con la fatica che comporta, ci umanizza ed essendo più umani, siamo più capaci di amare, di accogliere l’amore e condividerlo. E scopriamo così l’Amore di Dio, che è anche la conoscenza: Dio conosce per Amore.
Qual è il messaggio da inviare allora ai giovani pellegrini?
Non abbiate paura di arrivare con gli occhi chiusi davanti alla Sindone! La bellezza di questo telo consiste nell’aprire gli occhi di fronte all’Uomo della Sindone, di contemplarlo, magari con lo sguardo rigato di lacrime, e guardare poi il mondo con quel tipo di atteggiamento. Uno sguardo capace di andare oltre a cosa si vede e accostarsi alle persone per ciò ch realmente sono. Tutto ciò che è autenticamente umano è autenticamente divino. Il Cottolengo, uno dei santi del nostro Piemonte, diceva che siamo poveri di umanità perché siamo poveri di Dio.