Benedetto XV lo riteneva profondamente “unito” alla Cattedra di Pietro. Paolo VI affermò che era “nostro…”, cioè “della fede cattolica”, evidenziando il senso “primariamente pratico e trasformante” della Divina Commedia; Giovanni Paolo II e Benedetto XVI lo citavano in discorsi e omelie. Da sempre Dante Alighieri gode della stima del Successore di Pietro, oltre che di quella di letterati, artisti e giovani di tutto il mondo.
Anche Papa Francesco si unisce a questo coro di lodi per il “Sommo Poeta”. Lo fa in un Messaggio inviato oggi al cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, in occasione della solenne celebrazione del 750° anniversario della nascita di Alighieri che si tiene, nel pomeriggio, presso il Senato della Repubblica Italiana, alla presenza del presidente Sergio Mattarella e del presidente del Senato Pietro Grasso.
Il Santo Padre disegna a parole un affascinante ritratto di questa figura che, da secoli, dona luce alla cultura italiana e internazionale. Lo definisce ”un artista di altissimo valore universale, che ha ancora tanto da dire e da donare, attraverso le sue opere immortali, a quanti sono desiderosi di percorrere la via della vera conoscenza, dell’autentica scoperta di sé, del mondo, del senso profondo e trascendente dell’esistenza”.
Cita poi, nella lettera, i canti del Paradiso e rimarca la stima che la Chiesa nutre per il Vate toscano ricordando come i suoi predecessori ne celebravano il genio riproponendone i versi in loro importanti documenti magisteriali, “proprio per l’attualità e per la grandezza non solo artistica ma anche teologica e culturale”.
Anche Bergoglio – come ammette egli stesso – nella sua prima Enciclica Lumen Fidei, scritta a quattro mani con il Papa emerito, ha voluto “attingere a quell’immenso patrimonio di immagini, di simboli, di valori costituito dall’opera dantesca”. A cominciare dal titolo: quella ‘Luce della Fede’ “da riscoprire e recuperare affinché illumini tutta l’esistenza umana”, che già per l’Alighieri era «favilla, / che si dilata in fiamma poi vivace / e come stella in cielo in me scintilla».
Come lui già Giacomo della Chiesa, il Papa Benedetto XV, il 30 aprile 1921, per il sesto centenario della morte del Sommo Poeta, gli dedicò l’Enciclica In praeclara summorum, ammirandone «la prodigiosa vastità ed acutezza del suo ingegno» e invitando a «riconoscere che ben poderoso slancio d’ispirazione egli trasse dalla fede divina».
Fu Montini, poi, ad avere particolarmente a cuore la figura e l’opera di Dante, a cui dedicò, a conclusione del Vaticano II, esattamente cinquant’anni fa, la “bellissima” Lettera Apostolica Altissimi cantus, in cui, “con grande sensibilità e profondità”, indicava le linee fondamentali e sempre vive dell’opera dantesca.
Per tutti Dante è dunque “profeta di speranza, annunciatore della possibilità del riscatto, della liberazione, del cambiamento profondo di ogni uomo e donna, di tutta l’umanità”, afferma Francesco. “Egli – prosegue – ci invita ancora una volta a ritrovare il senso perduto o offuscato del nostro percorso umano e a sperare di rivedere l’orizzonte luminoso in cui brilla in pienezza la dignità della persona umana”.
L’auspicio del Santo Padre è perciò che, alla vigilia del Giubileo Straordinario della Misericordia, le celebrazioni del 750° anniversario della nascita del Vate, come quelle in preparazione al VII centenario della sua morte nel 2021, possano far sì “che la figura dell’Alighieri e la sua opera siano nuovamente comprese e valorizzate, anche per accompagnarci nel nostro percorso personale e comunitario”.
Perché la Commedia – sottolinea il Papa – “può essere letta, infatti, come un grande itinerario, anzi come un vero pellegrinaggio, sia personale e interiore, sia comunitario, ecclesiale, sociale e storico”. Essa è “paradigma di ogni autentico viaggio in cui l’umanità è chiamata a lasciare quella che Dante definisce «l’aiuola che ci fa tanto feroci» per giungere a una nuova condizione, segnata dall’armonia, dalla pace, dalla felicità”.
“Onorando” quindi l’Alighieri – conclude Francesco – “noi potremo arricchirci della sua esperienza per attraversare le tante selve oscure ancora disseminate nella nostra terra e compiere felicemente il nostro pellegrinaggio nella storia”. La méta è quella “sognata e desiderata” da Dante, da ogni Papa e da ogni uomo: «L’amor che move il sole e l’altre stelle».