Bruno de Finetti e la pubblica amministrazione, circa mezzo secolo fa

Una giornata in suo onore organizzata dall’Accademia dei Lincei

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Il convegno [2] è stato l’occasione per riprendere anche uno degli ambiti applicativi sui quali si è maggiormente concentrata l’opera di de Finetti, cioè quello del miglioramento dell’organizzazione della pubblica amministrazione.

Nella prima metà degli anni ’50, con una serie di undici articoli, dei quali il più noto è “Macchine che pensano (o che fanno pensare)”, presentato sulla rivista “Teoria e Organizzazione”, voluta da Adriano Olivetti, de Finetti, nato come uomo di impresa all’interno delle Assicurazioni Generali, descrive ed applica l’utilizzo delle macchine da calcolo.

Mette in relazione le teorie statistiche e probabilistiche, come quella dei giochi e delle decisioni, applicandole al campo della pubblica amministrazione, ponendo l’attenzione sulla revisione dei processi aziendali a seguito dell’automazione, sul principio di responsabilità nelle decisioni e sul ruolo degli esperti.

Riflessioni, quindi, non solo sulle macchine ma anche sul ruolo dell’algoritmo, utilizzato sia per la potenza di calcolo, ma ancor più per organizzare i processi di lavoro e di produzione, individuando gli input, gli output ed i livelli di approssimazione. L’organizzazione non può essere vista, senza considerare le opportunità delle macchine da calcolo che modificano l’opera di chi lavora in ufficio, la quale opera deve essere adattata per ridurre i costi e rendere più efficiente il lavoro, anche attraverso una rivisitazione di norme e regolamenti. 

de Finetti presenta anche un sistema di rete, all’interno del quale, la macchina da calcolo centrale è collegata con quelle presenti nei singoli uffici e la trasmissione dei dati è ipotizzata per applicazioni pratiche, come i compiti degli studenti o altri usi privati. Questa schematizzazione sarà propedeutica ad un’altra, descritta qualche anno dopo, nella quale, gli archivi anagrafici vengono messi tutti in relazione tra loro, al fine di potere ottimizzare l’analisi delle richieste dei singoli cittadini ed i tempi per soddisfarle, partendo da quel “numero anagrafico” antesignano del codice fiscale.

In questa interrelazione tra macchine e organizzazione della pubblica amministrazione, de Finetti sottolinea la necessità di una visione unitaria e non transitoria dei processi; pone l’attenzione sulle interdipendenze, sugli aspetti giuridici sino ad arrivare a quelli di natura psicologica, in maniera tale che vi sia una stretta relazione tra mezzi e fini. Ed affronta anche la questione dei rapporti tra scelte tecniche e scelte politiche, ponendo il tecnico come interprete e consigliere delle scelte politiche.

In questo scenario nel quale si intrecciano il ruolo dei tecnici, la revisione delle competenze delle persone e la scelta degli investimenti sulle macchine, de Finetti sottolinea la necessità di una elevata cultura e competenza dei decisori, affinché personale mediocre non imponga scelte inefficienti nel campo delle macchine meccanografiche.

Propone anche, la creazione di un grande archivio a supporto della pubblica amministrazione che abbia la capacità di mettere a fattor comune tutte le informazioni dei cittadini, anche in tema di consumi privati (come quelli elettrici, idrici, telefonici, del gas), dove la disponibilità di queste informazioni ed il loro ruolo per il miglioramento della vita pubblica possano far superare le restrizioni ed i vincoli di privacy, ipotizzando anche che il meccanismo abilitante, per la fruizione di questi dati, sia la rete telefonica.

Nel ’68, in un lavoro presentato nel centenario della Ragioneria Generale dello Stato, così sintetizza gli elementi chiave, frutto dell’opera svolta negli anni, nel campo della pubblica amministrazione e della costruzione di un centro elaborazione presso la Banca Centrale: l’ importanza di disegnare l’organizzazione e i metodi di lavoro tenendo conto dei processi di calcolo e di elaborazione dei dati; l’esigenza di progettare i presidi locali di automazione in uno schema di elaborazione globale che si estenda a tutta la banca e a tutti i livelli di responsabilità, in modo da far sfociare le informazioni in un unico centro integrato; il ruolo essenziale e preliminare del controllo dei dati; l’effetto automatico di correzione degli errori che possa essere accettato dal sistema.  

Tutto ciò per arrivare a dire che l’automazione accresce la flessibilità dell’impresa e favorisce la capacità di adattamento alle condizioni di mercato ed agli assetti istituzionali e che una vera riforma tecnica, implica una  “intelligente indipendenza”.

Non si può che chiudere con una immagine usata da de Finetti e che trae spunto ideale dal lavoro del padre nel mondo delle ferrovie: “Bisogna stare attenti, se si cambia mezzo di locomozione e si passa dal treno all’aereo, si deve scegliere per raggiungere la meta la rotta migliore che non consisterà quasi mai nel sorvolare la preesistente linea ferroviaria”.

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NOTE

[1] Bruno de Finetti nasce ad Innsbruck in Austria il 13 giugno del 1906 (lo stesso anno di Ettore Majorana). Si iscrive al Politecnico di Milano per seguire Ingegneria, che lascia qualche anno dopo per intraprendere gli studi di Matematica, laureandosi nel 1927. Inizia a lavorare a Roma all’ISTAT proseguendo nel contempo gli studi di Matematica Applicata. Nella Capitale conosce Renata Errico che diviene la compagna della sua vita. Nel 1931 ottiene la docenza all’università ed espone per la prima volta le sue vedute soggettiviste sul calcolo delle probabilità. Nello stesso anno si trasferisce a Trieste dove lavora presso le Assicurazioni Generali come addetto alla riforma dei sistemi organizzativi, amministrativi e contabili connessi all’introduzione delle macchine a schede perforate. Continua l’attività scientifica come professore incaricato di calcolo delle probabilità a Padova e Trieste che poi interrompe per qualche anno per dedicarsi completamente al lavoro in azienda. Nel 1950, durante un soggiorno americano durato tre mesi, visita anche i centri di calcolo di IBM e Univac. Nel 1954 inizia ad occuparsi dei problemi della pubblica amministrazione facendo anche parte di commissioni ministeriali. Per l’esperienza acquisita ottiene incarichi per studiare l’applicazione dell’elettronica nel campo scientifico ed assicurativo. Nel 1957 insieme all’architetto Luigi Moretti avvia gli studi per il miglioramento del traffico nella città di Roma e sulla architettura parametrica. Dal 1961 al 1976 insegna calcolo delle probabilità all’Università di Roma mentre nel contempo, dal 1965 al 1975 dirige i corsi sull’economia al Centro Internazionale Matematico Estivo. E’ stato tra i primi a porre attenzione ai problemi ecologici sostenendo l’associazione Italia Nostra nelle battaglie sulla tutela del patrimonio ambientale. Ha diretto la rivista Notizie Radicali. Nel 1982 ottiene la laurea honoris causa in Economia all’Università Luiss di Roma (Le informazioni sulla biografia sono tratte dal libro curato da Fulvia de Finetti e Luca Nicotra intitolato “Bruno de Finetti – un matematico scomodo” pubblicato da Belforte nel 2008).

[2] Organizzatori del convegno sono l’Unione Matematica Italiana, la Società Italiana di Statistica, l’Associazione per la Matematica Applicata alle Scienze Economiche e Sociali. Ha presieduto i lavori Giorgio Lunghini dell’Università di Pavia. Sono intervenuti i docenti Carla Rossi, Eugenio Regazzini, Flavio Pressacco e Massimo De Felice, i quali hanno trattato la figura di Bruno de Finetti dal punto di vista degli studi eseguiti in ambito del calcolo delle probabilità, della matematica, delle scienze economiche finanziarie e attuariali, dell’organizzazione della pubblica amministrazione. Quanto riportato in questo articolo prende spunto dall’intervento del Professor Massimo De Felice dell’Università la Sapienza di Roma.    

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Antonio D'Angiò

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