Di cosa avresti bisogno per non abortire? Entrando nella più grande clinica per aborti di Madrid, Michelle si trova inaspettatamente accolta con questa domanda da un gruppo di Rescatadores Juan Pablo II, in italiano “Soccorritori”. Soccorritori speciali, perché corrono in assistenza delle donne che si accingono ad entrare nella famosa clinica, e perché prendono il nome proprio dal pontefice proclamato Santo un giorno fa, lui che tanto ha amato la vita difendendone la dignità in tutti i suoi momenti.
Incontri tanto imprevisti e salvifici da poter rovesciare la vita di tante ragazze, anche quella di Michelle, appena diciannovenne.
Michelle racconta che l’aborto per lei non era semplicemente un’ipotesi remota da considerare, ma l’unica soluzione da attuare dopo aver già superato le varie procedure burocratiche, dal proprio medico alla previdenza sociale; le rimaneva solo l’ultimo passo drammatico di tutto l’iter e per questo si trovava lì.
“Ero certa di quello che stava per avvenire, era tutto pronto” ricorda, “la mia migliore amica mi aveva detto che mi avrebbe accompagnato alla clinica. Tutta la mia famiglia mi aveva consigliato di abortire, mi incoraggiavano a farlo, mi dicevano che altrimenti avrei ipotecato la mia vita”. L’appuntamento era stato fissato per il 20 settembre 2013 alle tre del pomeriggio al Dator, il più grande centro di Madrid, che detiene alle spalle ben trent’anni di pratiche di interruzioni di gravidanza.
Michelle ringrazia ancora con il cuore per quel giorno in cui le si è avvicinata Marta, una volontaria del gruppo dei Rescatadores: “Era proprio la salvezza che attendevo. Quella donna ha guardato me e la mia amica, ci ha fermato e mi ha chiesto di cosa avessi bisogno per non abortire: sono rimasta sorpresa da quel suo modo di essere così diretta. Mi sono arresa e mi sono messa a piangere. Ho cominciato ad ascoltarla, non mi sono neppure accorta del tempo che passava. Quelli della clinica ci guardavano. Ho deciso di non entrare”.
Quella stessa settimana a Michelle viene presentata Mas Futuro, l’associazione cresciuta con l’obiettivo di salvare vite innocenti e di sostenere mamme in difficoltà: dal 2013 sono già trecentodieci i bambini nati grazie all’aiuto materiale, psicologico e spirituale alle madri con gravidanze difficili.
“Non avrei mai voluto abortire, ma con tante pressioni attorno… Tutto ti spinge verso quella scelta”, racconta la ragazza, e aggiunge: “Oggi posso parlare del futuro della mia bambina stando accanto a lei: è diverso. Ho mia figlia, ma continuerò a studiare per lei, per entrambe”.