Quarto giorno di briefing in Sala Stampa vaticana in vista delle Canonizzazioni dei Papi, domenica mattina. Oggi due i testimoni d’eccezione: Joaquin Navarro Valls, storico portavoce vaticano durante il pontificato di Giovanni Paolo II, e Georges Weigel, suo biografo.
Proprio lo scrittore ha preso per primo la parola tratteggiando la figura del Papa polacco, definito “un grande maestro del nostro tempo”. Weigel ha commentato la decisione di Papa Francesco di canonizzare insieme i due Papi: una scelta saggia e lungimirante alla luce del Concilio Vaticano II che Roncalli volle aprire e che Wojtyła realizzò autorevolmente durante i suoi anni sul soglio di Pietro.
Inoltre – ha sottolineato Georges Weigel – Giovanni Paolo II ha lasciato al mondo un magistero rivoluzionario e ricco di spunti; innanzitutto sul tema dell’amore umano, espresso in “una chiara teologia del corpo”. Poi sul tema del lavoro: “In un mondo dove si etichettava la vita, se valeva o non valeva – ha detto il biografo – Giovanni Paolo II ci ha insegnato che tutti i fratelli avevano dignità e questa dignità si esprimeva attraverso il lavoro”.
Infine, “in un mondo che è tanto spaccato e che soffre, in un mondo pieno di morte”, Wojtyła “ha insegnato che Gesù ci mostra la Sua divina misericordia, e ci ha insegnato che la sofferenza dell’essere umano è stata disposta per la salvezza dell’umanità”. In tutto questo, il Papa “ci ha lanciato una sfida e, al tempo stesso, ci ha manifestato una profonda compassione”, ha affermato lo scrittore. Lui “ci ha insegnato che c’è un cammino migliore per l’umanità, che mostrò in tutta la sua vita”. Una vita che “è stata un rifiuto del nichilismo, che esiste e che rappresenta una sfida per il futuro dell’umanità”.
Anche Joaquin Navarro-Valls ha sintetizzato in tre punti la santità del Pontefice polacco, a cui restò vicino per 22 anni: pregare, lavorare e sorridere. Pregare era per il Papa “un bisogno dell’anima”: “Come per noi è respirare, per lui era pregare: da una parte una naturalezza, dall’altra una intensità e una costanza enorme”, ha affermato l’ex portavoce vaticano.
Ma oltre all’aspetto mistico, la santità di Giovanni Paolo II si esplicava anche nel suo lavoro. “Giovanni Paolo II non sapeva perdere un minuto e insieme non aveva mai fretta”, ha raccontato Navarro-Valls. Il Santo Padre cercava di risolvere i problemi mettendoli a confronto con “le grandi verità”, e soprattutto “tenendo fisicamente nella sua mente la persona o le persone a cui la soluzione di quel problema sarebbe arrivata”.
Il Beato “non risolveva i problemi con la tecnicità – ha aggiunto – ma si immaginava la persona o le persone che dovevano vivere la decisione che lui avrebbe preso in quel momento”. E non importava se queste persone si trovassero in Vaticano o “in Papa-Nuova Guinea, a Buenos Aires o a Toronto”.
Infine “il sorriso” è stato un segno eloquente della sua identità di Santo. Non si spiegherebbe altrimenti come Wojtyła riuscisse ad essere “allegro” e a mantenere il “buon umore” anche davanti alla malattia o a situazioni gravi da gestire. Su tutte, la scoperta dello scandalo degli abusi sessuali nella Chiesa che provocò un profondo dolore nell’animo del Papa. La risposta del Pontefice ad avviare un processo di chiarimento su questa brutta piaga nella Chiesa fu “immediata”. Una sfida che poi proseguì Benedetto XVI con grande coraggio.
In ogni caso, Navarro-Valls dopo anni al fianco del Pontefice riuscì a capire da cosa scaturiva questa costante gioia interiore del Papa Santo: “Questa allegria non è fisiologica! – ha detto – Non parte da uno stato dell’animo! È piuttosto la decisione, convinta e ragionata, di una persona che veramente crede”.