Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II: santi per l'umanità del terzo millennio

Ieri a Milano, conferenza di mons. Delpini sul messaggio delle Encicliche dei due Papi che saranno canonizzati domenica

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All’interno di un gremito Cine-Teatro della parrocchia di San Protasio, a Milano, si è tenuta ieri, 23 aprile, in vista della canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, una conferenza dal titolo Due Papi Santi.

È intervenuto mons. Mario Delpini, Vicario generale della Diocesi di Milano, il quale ha tracciato un profilo dei due Pontefici approfondendo alcune loro Encicliche e spiegando il messaggio di speranza da esse divulgato all’umanità intera.

Il vescovo ha introdotto il suo intervento con l’Enciclica di Giovanni XXIII Pacem in terris, del 1963, definita “un appello urgente” e portatrice di “un’idea di pace che viene proposta come responsabilità da praticare”.

Mons. Delpini ha detto che la pace di cui scrive papa Roncalli non è “un equilibrio delle forze che garantisce che non ci sia la guerra e che quindi richiede una rincorsa agli armamenti per garantire tale equilibro”, bensì “un’armonia e ordine tra la gente e i popoli” che ha una dimensione spirituale in quanto “attuazione dell’ordine della Creazione di Dio”.

Armonia e ordine garantiti dalla consapevolezza che ogni essere umano è persona, “soggetto di diritti e di doveri”, che possono attuarsi soltanto attraverso una “mutua collaborazione, in atteggiamento di responsabilità; convivenza nella verità, nella giustizia, nell’amore, nella libertà; ordine morale che ha per fondamento oggettivo il vero Dio”.

“La convivenza fra gli esseri umani è quindi ordinata, feconda e rispondente alla loro dignità di persone, quando si fonda sulla verità”, ha proseguito il presule citando l’Enciclica. Convivenza “vivificata e integrata dall’amore”, quell’atteggiamento d’animo “che fa sentire come propri i bisogni e le esigenze altrui”.

Giovanni XXIII spiega dunque che “la convivenza umana deve essere considerata anzitutto come un fatto spirituale”, quale “comunicazione di conoscenze nella luce del vero”. Inoltre, va interpretata come “esercizio di diritti e adempimento di doveri; impulso e richiamo al bene morale; e come nobile comune godimento del bello in tutte le sue legittime espressioni; permanente disposizione ad effondere gli uni negli altri il meglio di se stessi; anelito ad una mutua e sempre più ricca assimilazione di valori spirituali”.

Mons. Delpini ha poi posto l’accento sull’invito contenuto in Pacem in terris di arrestare la corsa agli armamenti.“Non si deve permettere – scrive Giovanni XXIII citando il suo predecessore Pio XII – che la sciagura di una guerra mondiale con le sue rovine economiche e sociali e le sue aberrazioni e perturbamenti morali si rovesci per la terza volta sull’umanità”.

Ma la pace, per attuarsi, deve essere fondata su quell’ordine che, aggiunge papa Roncalli, “il presente documento ha tracciato con fiduciosa speranza: ordine fondato sulla verità, costruito secondo giustizia, vivificato e integrato dalla carità e posto in atto nella libertà”.

Il Vicario generale della Diocesi di Milano ha fatto notare come “le intuizioni della Pacem in terris” siano state riprese nel Concilio Vaticano II, nei documenti Gaudium et spes; Dignitatis Humanae, Gravissimum educationis.

Concilio Vaticano II che è stata, secondo mons. Dolpini, “occasione di arricchimento determinante” per la personalità di Karol Wojtyla. Nel dibattito conciliare, il suo contributo “si è segnalato particolarmente durante la redazione di Dignitatis Humanae e Gaudium et Spes. Un tema ricorrente nei suoi interventi è “la dignità della persona umana”.

Tema che ricorre pertanto lungo tutto il pontificato di Giovanni Paolo II. Nella sua prima Enciclica, Redemptor Hominis, del 1979, scrive il Papa: “La Chiesa non può abbandonare l’uomo, la cui ‘sorte’, cioè la scelta, la chiamata, la nascita e la morte, la salvezza o la perdizione, sono in modo così stretto ed indissolubile unite al Cristo”.

L’uomo, quindi, è “la prima e fondamentale via della Chiesa, via tracciata da Cristo stesso, via che immutabilmente passa attraverso il mistero dell’Incarnazione e della Redenzione”.

“È proprio all’interno dell’uomo – prosegue Giovanni Paolo II – che molti elementi si contrastano a vicenda. Da una parte, infatti, come creatura, egli sperimenta in mille modi i suoi limiti; d’altra parte, si accorge di essere senza confini nelle sue aspirazioni e chiamato ad una vita superiore”.

Il vescovo lombardo ha poi fatto notare come il Papa polacco si preoccupasse del fatto che “la genialità e l’iniziativa” dell’uomo possono però essere rivolti “in modo radicale contro lui stesso”.

“Questo progresso – si domandava infatti il Santo Padre -, il cui autore e fautore è l’uomo, rende la vita umana sulla terra, in ogni suo aspetto, ‘più umana’? La rende più ‘degna dell’uomo’?” Non ci può esser dubbio – proseguiva Giovanni Paolo II – che, sotto vari aspetti, la renda tale. Quest’interrogativo, però, ritorna ostinatamente per quanto riguarda ciò che è essenziale in sommo grado: se l’uomo, come uomo, nel contesto di questo progresso, diventi veramente migliore, cioè più maturo spiritualmente, più cosciente della dignità della sua umanità, più responsabile, più aperto agli altri, in particolare verso i più bisognosi e più deboli, più disponibile a dare e portare aiuto a tutti”.

Lo “sviluppo economico”, ha dunque concluso mons. Delpini parlando della Redemptor Hominis, può essere accolto soltanto una volta stabilito, accettato e approfondito “il senso della responsabilità morale, che l’uomo deve far suo”.

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Federico Cenci

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