Mi riesce spontaneo scrivere passeggiando con Teresa lungo le aiuole della vita e goderne i fiori sbocciati.
“Io poi ne rimango stordita, tanto che le lodi mi sgorgano abbondanti. Senza di Voi, o mio Bene, io non posso far altro che sradicare di nuovo i fiori del mio giardino, e ricondurre questa mia terra miserabile allo stato di un letamaio come prima. Ma non permettetelo, o Signore.
Non permettete che vada perduta quest’anima che, redenta un giorno con tanti vostri dolori, avete poi riscattata tante altre volte e strappata di bocca al dragone infernale» (Vit. 14,10).
«Alle anime che battono questa strada giova molto un buon libro per raccogliersi presto. Per me bastava anche la vista dei campi, dell’acqua e dei fiori: cose che mi ricordavano il Creatore, mi scuotevano, mi raccoglievano, mi servivano da libro. Oltre a ciò mi giovava pure pensare alla mia ingratitudine e ai miei peccati» (Vit. 9, 5).
«Godevo spesso di considerare la mia anima sotto la figura di un giardino e immaginarmi il Signore che vi prendesse i suoi passeggi. Allora lo pregavo di voler aumentare il profumo dei piccoli fiori di virtù che sembravano li per sbocciare e rinforzarli per amore della sua gloria, giacché nulla io volevo per me.
Lo pregavo pure di tagliare quelli che voleva, sicura che sarebbero ricresciuti più belli (…). Bisogna far poco conto della nostra miseria, che è meno di nulla: allora l’anima progredirà in umiltà, e i fiori torneranno a sbocciare» (Vit. 14, 9).
Completerei così il pensiero di Teresa: proprio grazie al “letamaio” della mia vita, grazie all’humus della mia miseria, Dio sa rinvigorire i fiori sbocciati al sole della sua misericordia.
Ciao da p. Andrea
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