La Settimana Santa è il culmine della vita della Chiesa durante l’anno liturgico. Ogni fedele viene chiamato a rivivere gli eventi salvifici della passione, morte e risurrezione del nostro Signore Gesù Cristo. Questo ripercorrere gli avvenimenti della vita di Gesù acquista un significato nuovo se lo contempliamo con gli occhi di Dio e con uno sguardo di fede sulla nostra vita. Questo è il mistero nascosto della vita cristiana: meditare sulla passione del Signore e riconoscere in essa la passione di ogni uomo.
La passione di Gesù Cristo è un invito per ogni uomo a vivere la sua sofferenza con dignità, fiducia e speranza, perchè Gesù, figlio di Dio, è passato dallo porta stretta della croce indicandoci, con il suo esempio, la via da seguire per arrivare al regno dei cieli.
Una delle tentazioni più diffuse nei nostri tempi è quella di illudersi di poter nascondere, controllare o adirittura eliminare la sofferenza. La paura del dolore fisico e spirituale genera morte: aborti, divorzi, giudizi, condanne, scarto, emarginazione, superbia, orgoglio, maldicenza sono il frutto di questa paura della morte.
Il più grande male che affligge l’uomo dei nostri tempi rimane sempre la paura della morte, e questa paura scaturisce sempre dal peccato e dai sensi di colpa che esso produce. La Pasqua è davvero la medicina contro il panico e il terrore che suscita il pensiero della morte, perchè apre ad nuova speranza, fatta di perdono, accoglienza ed eternità.
Pensare a Gesù che si addossa tutte le colpe per la nostra redenzione, suscita il desiderio di non rispondere al male con il male, per giungere al vero compimento della missione cristiana: consentire ad altri di conoscere l’amore di Dio. In questo senso si realizza la frase dell’apostolo Paolo: “Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa.” (Col 1, 24).
Il nostro dolore è salvifico non perchè la passione di Cristo non è stata sufficente per ottenere la pienezza della nostra salvezza. Cristo sulla croce ha redento tutto l’uomo e tutti gli uomini. Cristo ha perdonato ogni peccato presente, passato e futuro.
La nostra sofferenza viene permessa da Dio per limitare le nostre opere malvagie e per riconoscere il male commesso, ed avere la forza e il coraggio spirituale di chiedere a Dio il perdono del nostro peccato e chiudere scusa al prossimo.
L’aspetto illuminate della passione è proprio l’accettare con fede viva e umile la sopportazione del male ricevuto, nutrendo la certezza che l’addossarsi misericordiosamente le colpe del prossimo è l’opera più fruttosa agli occhi di Dio. Questo non vuol dire trascurare le opere di misericordia con cui saremo giudicati alla fine dei tempi. Vivere con fede e speranza il dolore subito ingiustamente è una via di santificazione da riscoprire attraverso la contemplazione della passione di Gesù.
Se Cristo è stato la vittima innocente, l’agnello senza macchia, il sacrificio di espiazione per i nostri peccati, per ogni uomo non si può dire altrettanto, perchè ogni essere umano vive continuamente la schiavitù del peccato. Per ogni uomo la sofferenza non è solamente il frutto del male ricevuto, ma è anche conseguenza del male commesso. Il male inflitto da un uomo ad un altro uomo produce quel dolore esistenziale che la Chiesa chiama pena temporale. Questo è il messaggio che voleva trasmettere l’apostolo Paolo rivolgendosi alla comunità cristiana di Roma: “Io ritengo, infatti, che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi.” (Rm 8,18)
Il fuoco della malattia, della vecchiaia, dell’inguria, della calunnia e dell’emarginazione subita, plasma, modella e trasforma ogni uomo rendendolo ad immagine di Cristo sofferente. Avvenuta una prima trasformazione segue sempre un nuovo rinnovamento: sarà l’azione dello Spirito Santo a trasformare il nostro misero corpo ad immagine del corpo glorioso del Cristo Risorto.
Questa metamorfosi non riguarda solo la vita futura, ma coinvolge anche quella presente. Questo è il miracolo della Pasqua: essere protagonisti di un cambiamento interiore operato dallo Spirito di Dio, a condizione di avere manifestato il desiderio e la volontà di appartenere a Lui con le opere di mortificazione corporali (digiuno ed elemosina) e con il pentimento interiore (la preghiera e la confessione).
Allora i sensi di colpa per un peccato commesso nell’adolescenza, il giudizio verso i genitori, la freddezza delle relazioni verso un fratello, il desiderio del carrierismo, l’avidità di denaro, la trascuratezza nell’educazione verso i figli, l’incomunicabilità con la moglie, il dolore per una malattia, i litigi e le furberie con i colleghi di lavoro, sono tutti fatti che possono essere superati, perchè sono stati assunti dal Cristo sofferente e redenti dal Cristo Risorto.
Così sarà possibile sperimentare quel “Pace a voi” che è discepoli hanno ascoltato da Gesù, la sera di Pasqua, tra le mure del cenacolo di Gerusalemme, quando erano a porte chiuse per la paura dei Giudei (Gv 20 , 19). La pace di Cristo non è frutto di uno sforzo umano, la pace non nasce dal tacere verità scomode, la pace non è il risultato di instabili compromessi, la pace non si conquista con la forza e la violenza. La pace di Cristo non è assenza di fatica, di dolore, di incomprensioni e di delusioni. La pace di Cristo è un dono del Risorto. La Pace è avere la certezza nella misericordia di Dio, caparra della vita eterna, per continuare a vivere con giaia e speranza nel Risorto, anche se si è ancora immersi nei limiti e nelle debolezze della nostra natura umana E’ nello stesso tempo una pace presente ed escatologica, che confida oggi e sempre nella bontà e nell’onnipotenza di Dio, il quale manifesta la sua gloria salvando dalla morte ogni uomo che si rivolge a Lui e che crede nel Suo infinito amore.